Il problema (e il grande vantaggio per i padroni del vapore) è che l’opinione pubblica ha la memoria corta. Se così non fosse si ricorderebbe dell’ossessivo battage di qualche mese fa sulla più assoluta, totale, terrificante emergenza del nostro Paese: l’omofobia. Un fenomeno così dilagante, radicato e diffuso da richiedere l’approvazione d’urgenza di una legge fatta apposta per contrastare questo esecrabile viziaccio italiano di fare violenza in ogni forma a omosessuali, lesbiche, trans, eccetera. Ecco allora che per due anni ci hanno ammorbato con il DDL Zan. Quale porcata assoluta fosse l’abbiamo detto e argomentato più volte, non staremo a tornarci su. Ci preme però ricordare com’era finita la battaglia parlamentare prima delle ferie: il testo, tassativamente senza alcuna modifica, doveva andare al voto dell’aula, dopo un braccio di ferro personale tra il segretario del PD Enrico Letta e l’ampia fascia di oppositori alla legge “gender fluid”. Esimie esponenti dello stesso partito, come Monica Cirinnà, si dichiaravano pronte a giocarsi tutto, anche la cuccia del cane, per avere il DDL Zan in aula e combattere per esso. Complice uno scherzetto da prete di Italia Viva, poi non se ne fece nulla. Troppo alto il rischio che il testo, così com’era, venisse fulminato al Senato: avrebbe dovuto tornare alla Camera e non sarebbe arrivato indenne alla fine della legislatura. La decisione fu allora di quelle tipiche di quando c’è un’emergenza improcrastinabile: vabbè, ora andiamocene al mare, ne riparliamo a settembre.
Ed eccoci a settembre. Ripartono (con comodo) i lavori parlamentari e noi che seguiamo queste vicende eravamo curiosi di vedere se davvero avrebbero ricicciato il DDL Zan. A pelle avremmo detto di sì: a suggerirci questa sensazione è stata la spettegolata capricciosa con cui Zan ha svelato di aver visto a Mikonos un parlamentare della Lega mentre si baciava con un uomo. Una caduta di stile abbastanza misera, sia per l’immagine da gay livoroso e un pelo omofobo che Zan ha così ottenuto, sia per la logica bislacca per cui se si è gay si deve per forza essere d’accordo col suo DDL. Un modo di pensare tipicamente da omosessualista militante. In ogni caso la nostra sensazione si è rivelata errata: né il PD, né il M5S intendono riesumare un DDL con una piede nella fossa e l’altro su una buccia di banana. Il rischio di vederselo bocciare è oggi ancora più grave che prima delle ferie: le elezioni amministrative incombono e presentarsi con una sonora bocciatura su una legge resa così simbolica dal PD e alleati sarebbe un suicidio. Ecco allora che il DDL Zan sparisce nuovamente dal calendario del Senato, come ha raccontato di recente Libero. Così commenta La Russa di Fratelli d’Italia: «Nessuno della maggioranza ha proposto di proseguire nel programma originario, che prevedeva per questa settimana il ddl Zan. Vogliono parlarne dopo le elezioni. Eppure la sinistra aveva fatto portare il provvedimento in aula prima che fossero conclusi i lavori della commissione e senza relatore, per l’urgenza che avevano. Adesso se ne parla dopo le elezioni. Strane, queste urgenze a doppia velocità».
I pericolosi legami tra politica e stampa mainstream.
Così accade quando gli interessi politici e partitici risultano superiori a quelli delle persone da tutelare. O, come in questo caso, quando in realtà non esiste alcuna emergenza omofobia: il DDL Zan era ed è soltanto uno strumento di lotta ideologica, una bandierina da porre nell’ordinamento giuridico del Paese. Poco importava che destrutturasse il concetto di umanità, oltre all’ordinamento stesso: l’unica emergenza era poter presentarsi con le carte in regola di fronte a una lobby che, almeno sulla carta, porta voti. Però in questo scenario c’è un altro aspetto davvero rilevante: la totale scomparsa dai media mainstream di notizie relative ad attacchi omofobi. Anche se avete la memoria corta, lo avrete notato: prima, durante e dopo la discussione del DDL Zan, i giornali sfornavano continue notizie di casi di violenza omofoba. In buona parte esagerando i fatti o facendosi megafoni di eventi in realtà mai avvenuti o avvenuti con modalità estremamente diverse da come si raccontava. Emblematico il caso dei due gay di Padova che denunciarono una specie di linciaggio stradale ispirato ad omofobia: tutti i media strombazzarono titoloni in cui si parlava dell’aggressione, accompagnando il tutto con l’immancabile parola “ennesima”, salvo che poi le telecamere mostrarono che erano stati proprio i due a scatenare la rissa. Poi ci fu l’influencer gay che denunciò sul suo profilo di essere stato picchiato perché gay, salvo poi ammettere di essersi schiantato da solo un pesce surgelato in faccia per poter fare il pianto greco a reti unificate. Un vero e proprio stillicidio di mistificazioni, a cui noi, tra l’altro, abbiamo risposto riportando i dati ufficiali dell’OSCAD sulle aggressioni omofobe, mostrando come si attestassero su un numero annuale risibile. Insomma un’emergenza fittizia, come quella dei “femminicidi”, per intenderci.
La cosa prende un aspetto tragicomico proprio in questi giorni: i media si sono buttati a pesce sulla notizia di un 20enne gay che a Madrid ha subito un’aggressione dallo stesso denunciata come omofoba. Le prove in effetti erano inconfutabili: il ragazzo è stato malmenato, gli è stato tagliato un labbro e gli è stata incisa su una natica la scritta “maricon” (frocio). A seguito della denuncia sono partiti tutti in tromba, dall’improponibile premier spagnolo Sanchez a, addirittura, Santiago Abascal, leader del partito spagnolo antifemminista Vox, tutti a condannare l’accaduto, in un coro unico con le associazioni LGBT iberiche e di tutta Europa, Italia inclusa. Un bel viatico per ripensare alla decisione di giocarsi la carta DDL Zan, se non fosse che lo stesso protagonista della disavventura poco dopo (guarda caso) ha ritrattato: nessuna violenza. Non che ci avesse ripensato (d’altra parte era su tutti i giornali, aveva il suo momento di celebrità): semplicemente, come spesso accade, dai video delle telecamere di sorveglianza gli inquirenti stavano traendo un’impressione molto diversa dal suo resoconto. Per evitare lo sfondone allora ha cambiato versione in corsa: stava solo facendo il monellaccio con alcuni amici, si trattava di un simpatico gioco sessuale pienamente consenziente che, visti i segni che ha lasciato, si prestava bene alla strumentalizzazione per un po’ di visibilità personale e per “la causa” omosessualista. Sgamato in quattro secondi. Manco il tempo di iniziare a urlare, per Zan e i suoi, che subito gli crolla addosso il solito castello di balle. Ma qui è rilevante un altro aspetto: il ruolo dei media, che appaiono asserviti alle esigenze politiche del momento, più che al dovere di dare notizie. La comparsa/scomparsa di notizie specifiche collegate alle leggi in discussione in Parlamento dice molto, anzi pressoché tutto, sui legami impropri tra politica e stampa e sul libero uso che la prima fa della seconda per plasmare le opinioni della maggioranza e renderla ben disposta verso leggi non necessarie o pericolose. Vale qui per la falsa emergenza omofobia come per le tante altre emergenze sbandierate dal femminismo. Poi dice che uno non si fida delle notizie ufficiali, diventa “complottista” e si informa su siti o blog indipendenti…