Alcune ministre, durante la conferenza stampa di presentazione del DdL incostituzionale sul “femminicidio”, non hanno avuto remore a usare espressioni truci. Cose come: «servirà per fermare la mattanza», oppure «sarà utile per bloccare la strage». Frasi in libertà, correnti d’aria alla bocca, con un utilizzo psichedelico di tutti i memi giornalistici più spropositati, probabilmente per trovare una giustificazione, verso se stesse prima ancora che verso i cittadini, rispetto alla mostruosità che avevano partorito. Sì perché, lo ripetiamo a costo di essere noiosi, le parole esistono per denotare fatti o cose esistenti. Se si parla di mattanza o strage, deve accadere o esistere qualcosa che corrisponda. La persona curiosa, dunque non l’italiano medio, sentendo questi termini verrebbe subito indotta a cercare dati, aspettandosi di trovare numeri alla messicana. Cerca cerca, però, non troverebbe nulla. In nessun report di carattere istituzionale, elaborato dall’ISTAT, da qualche ministero, da altri organi dello Stato come la Polizia o i Carabinieri, si trova un dato esplicitamente e precisamente riferito ai “femminicidi” in Italia.
Come mai? Perché, come abbiamo detto di recente, non esiste una definizione che permetta di classificare i casi in modo preciso. E così chiunque provi a raccogliere dati, a livello istituzionale, deve premettere un disclaimer: “per noi il femminicidio è…”, e a seguire i dati. Che non collimano mai: per l’ISTAT sono x, per il Ministero dell’Interno sono y, per il Dipartimento Pari Opportunità sono z. Gli fanno eco i mass-media che però, per fare più scalpore e avere più vendite o views, fanno i loro elenchi inzeppandoli di casi spuri: donne che uccidono donne, casi irrisolti, anziani malati terminali che decidono di morire assieme (e chiedono di essere seppelliti assieme) e così via. Casistiche che con il “femminicidio” non hanno nulla a che vedere. Un guazzabuglio dove tutto fa brodo, pur di poter arrivare al fatidico numero che permetta di dire “in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni”, altro meme intramontabile. Dunque di fatto non c’è modo di avere una prova provata che i casi di femminicidio siano tanti da poter parlare di mattanza o strage. A meno di non assumere un atteggiamento politico, quindi furbesco e ascientifico, allora le cose cambiano.

Le leggi di pancia del Governo Meloni.
In quel caso si prende tutto il calderone, lo si urla forte, beneficiando del megafono mediatico, ed ecco che i femminicidi risultano essere sempre centinaia, da proiettare sulla facciata di Palazzo Chigi (una pagliacciata fatta sul serio, conteggiando la bellezza di 101 casi…). Scorrete le notizie degli anni scorsi e vedrete cifre da capogiro. Che però nel corso del tempo si sono ridimensionate. Un po’ perché una truffa come quella del femminicidio la si può sostenere per un po’, poi cade spontaneamente per inerzia, un po’ perché c’è chi, ufficialmente e ufficiosamente, decide di scoprire le carte altrui e di parlare. Si ricorda, tra chi si è espresso ufficialmente, l’ex Prefetto Francesco Messina, che specificò a chiare lettere quanto il femminicidio, inteso nell’unico modo possibile, ossia come il vecchio “delitto passionale”, faccia tra le venti e le trenta vittime all’anno. Una esternazione che, guarda caso, è costata al Prefetto una serie di trasferimenti che hanno finito per tappargli la bocca. Un’esternazione comunque tardiva. Altri soggetti, più informali, ad esempio noi de LaFionda.com, fin dal 2019 andiamo a verificare caso per caso cosa possa rientrare nella casistica del femminicidio e cosa no. Il risultato lo vedete nel nostro Osservatorio Statistico: negli ultimi sei anni si ha una media di 33 casi.
Sì ma 33 casi sono una mattanza? Sono una strage? Decisamente sì se il totale delle donne è 35 o 40. Se non che in Italia le donne sono 26 milioni. E, solo per prendere un esempio a caso, ogni anno più di 4.000 di loro vanno all’altro mondo come conseguenza di un incidente domestico. Cioè per una donna in Italia è più facile morire mentre pulisce il pavimento che per mano di un marito, ex marito, eccetera. Ma se anche limitiamo il totale considerato alle sole donne uccise da chiunque e per qualsivoglia motivo, i casi di femminicidio rappresentano una minoranza dei casi: il 36% nel 2019, il 28% nel 2020, il 35% nel 2021, il 31% nel 2022, il 31% nel 2023 e il 24% nel 2024. Cioè le donne in Italia vengono uccise più per altri motivi che non per ragioni “passionali” e comunque in misura statisticamente, criminologicamente e sociologicamente minimale. Sarà per questo che i dati europei ci mettono in fondo alla classifica per i casi di donne uccise (e finalmente si può essere orgogliosi di essere ultimi…)? Sì, è per questo. Di fatto il Governo ha deciso di stracciare con violenza la Carta Costituzionale, i diritti di tutti e le libertà di tutti per un fenomeno che si manifesta 30 volte all’anno. Ben intesi: anche solo una donna uccisa… anzi: anche solo una persona uccisa è già troppo. Ma questo è un ragionamento di pancia e le leggi non si possono e non si devono fare con la pancia. A meno che non si tratti del Governo Meloni, naturalmente.