La canzone di Simone Cristicchi è bella, bellissima. Impossibile ascoltarla e non sentire una pressione dentro che non di rado sfocia nella commozione. Sempre che non si sia degli alieni o degli alienati. E se ne sono manifestati molti sulla stampa e sui social network, gente che con una scusa o con l’altra ha massacrato il cantautore e la sua canzone: melensa, furbetta, acchiappa-applausi. Qualcuno, cercando di passare per profondo e ragionevole, l’ha messa sul sanitario, sostenendo che il pezzo di Cristicchi banalizza un decorso terribile, quello dell’Alzheimer, pesantemente stressante per chi accudisce. Ma perché tanto livore per una canzone molto pura e poetica che, come ha detto Cristicchi stesso, vuole rappresentare un flusso affettivo e non è una cartella clinica?
Le ragioni sono diverse, una più abietta dell’altra. Tra chi l’attacca c’è chi ha motivazioni politiche: il cantautore infatti si è dichiarato in passato contro l’utero in affitto, ha cantato in luoghi di culto, ha scritto un musical sulle foibe, insomma non è allineato con il dettato fascio-woke che ha spadroneggiato finora, dunque qualunque cosa faccia, anche se si tratta di una tenera poesia per la madre malata, deve essere massacrato. Ma c’è anche chi ha il marcio dentro per sua stessa natura, e come tale sguazza nei social, che sono il regno dell’odio, come un pesce nell’acqua. Gente che ha avuto la madre con l’Alzheimer e il meglio che è riuscita a provare è fastidio, insofferenza e, appunto, odio. La canzone di Cristicchi per questi ultimi è come aglio per i vampiri: troppa la dissonanza con la propria oscurità interiore.
Quell’intollerabile umanità.
In linea generale, i più feroci detrattori di Cristicchi e della sua canzone possono essere tutti inseriti nella categoria dei “transumanisti”, soggetti che, per interesse o per convinzione, pensano, parlano e agiscono in direzione ostinata e contraria a tutto ciò che è intrinsecamente e genuinamente umano. La prova? La prova sta nel fatto che sono quattro gatti che provano a cantare fuori da un coro gigantesco, quello di tutti gli italiani e delle italiane che hanno tributato a Cristicchi un applauso sincero e una partecipazione commossa alla sua poetica. Ma non è tanto la proporzione del consenso che conta, bensì il motivo per cui la canzone lo ha raccolto. E il motivo è che le sue parole vanno a toccare punti sensibili specifici dell’essere umano, che stanno lì, tra le pieghe del DNA, dopo essersi formati in centinaia di migliaia di anni. Cristicchi, con la sua canzone, si rivolge direttamente ai capisaldi dello statuto dell’umano. E non è retorica, è scienza.
Non si contano gli studi e gli esperimenti ricadenti nel campo delle scienze evoluzionistiche che dimostrano come (e spiegano perché) il legame tra consanguinei rappresenti una delle colonne portanti dell’evoluzione umana. Un legame che si concretizza in comportamenti e impulsi protettivi e di accudimento, di unione, dedizione e solidarietà prioritaria, di attrazioni e repulsioni istintive e dominanti. Un legame che, tradotto in termini sociologici, può essere chiamato “famiglia” e che quando riguarda una relazione profondissima come quella tra madre e figlio (ma anche tra padre e figlio) diventano ancora più forti. È quella profondità che Cristicchi, con le sue parole, arriva a toccare, tanto da ricevere un consenso istintivo e strabordante da parte di tutti, anche di chi non lo conosceva o non lo apprezzava per altre canzoni. Chiaro che chi odia gli esseri umani in quanto tali, l’umanità in sé, con tutto il bello e tutto il brutto che il suo statuto intrinseco comporta, non può che detestare una canzone come quella di Cristicchi.
Grazie Simone.
Una prova, in rappresentanza delle tante altre reperibili su giornaletti, giornalacci e profili social, è il tweet di Tiziana Ferrario che riportiamo qua sopra. Si riferisce, con tangibile fastidio, agli spostamenti del Vice-Presidente americano J.D. Vance, che viaggia insieme alla sua famiglia, mano nella mano con la moglie, tenendo in braccio i figli piccoli. Lo si è detto: cose come la famiglia, e in particolare la donna-madre, sono come aglio per i vampiri transumani o alieni, spregiatori di ciò che appartiene alla più profonda natura umana. «Non ce l’ha una baby sitter?» è una frase-manifesto, una reazione di pancia, spontanea, autentica e spregevole, di fronte alla rappresentazione di una delle poche cose che, per natura ed evoluzione, danno senso all’esistenza: l’amore dei genitori per la prole, per il o la partner, per i consanguinei. Che a pronunciarla sia l’autrice del libro “Uomini è ora di giocare senza falli” ovviamente non sorprende, ma anzi conferma che la tramontante epoca del transumanesimo (anzi disumanesimo) è uno spettacolo tutto da godere. Se lo goda anche Simone Cristicchi, accompagnato dalla gratitudine di tutta la soverchiante maggioranza di persone, compresi noi, che sono rimaste e intendono rimanere umane, senza compromessi.