Nuovo anno, tempo di conti e di somme da tirare. Ne teniamo parecchi di conteggi, chi frequenta queste pagine, e soprattutto dà un’occhiata periodica alla homepage, lo sa. Ci riferiamo qui ai casi di false accuse, ovvero tutti quei procedimenti a carico di uomini per denunce di violenza di vario genere presentate da donne, che si concludono con l’assoluzione con formula piena per l’accusato. Ci riferiamo anche ai casi in cui è una donna a commettere atti di violenza di vario tipo verso un uomo. Ci riferiamo infine ai casi di violenze inflitte da donne a soggetti deboli quali anziani e bambini. Le nostre fonti sono le uniche possibili, non avendo accesso a dati ufficiali e istituzionali, che per altro in molti casi non vengono nemmeno raccolti. Per tutte queste tipologie raccogliamo i dati dalle notizie di cronaca, usualmente pubblicate su piccole testate locali. Prima chiave di lettura, dunque: i nostri sono dati parzialissimi, la punta di un iceberg, vanno tutti letti con un almeno fisso davanti ai numeri. Dunque ecco quanto è risultato, nel corso del 2020, rispetto alle tre categorie monitorate.
Casi di false accuse femminili contro uomini: almeno 269, pari a quasi una al giorno. A farla da padrone sono incontestabilmente le false denunce per violenza sessuale e per atti persecutori (stalking), seguite a distanza dai maltrattamenti in famiglia, lesioni e percosse. Non ha particolare rilevanza elaborare statistiche sull’area geografica cui tali casi attengono: avendo come fonte i media, ci restituirebbe soltanto l’informazione su dove siano le redazioni più attente a queste casistiche o, più nel dettaglio, dove siano più avvocati “ammanigliati” con quelle redazioni. Sono infatti spesso i difensori che hanno ottenuto l’assoluzione a passare la notizia ai media locali, che poi la riportano facendo indirettamente al legale un po’ di (legittima) pubblicità. Oltre a ciò, va sottolineato come queste assoluzioni siano l’esito di denunce presentate spesso diversi anni fa, in un periodo dove, con ogni probabilità, la propaganda femminista gridava indignata alla “violenza dilagante” facendo riferimento proprio al numero di denunce. Un dato che da solo, senza riscontrare l’esito delle querele, non ha alcun significato. Resta solo da immaginare quale sia il profluvio di false denunce finite in assoluzione che non ha raggiunto i media. Com’è noto, la stima, sulla base dei pregressi dati del Ministero della Giustizia, si attesta attorno a una media del 90% di denunce prive di fondamento.
Il fenomeno delle false accuse è esploso.
Casi di violenza femminile contro uomini: almeno 311, molto vicino al rateo di una al giorno. La suddivisione delle casistiche è visibile nel grafico qui sopra. Si osserva come lo stalking attuato dalle donne sia tutt’altro che un’eccezione, come tendono a rappresentarlo i media, che danno notizia di ben 82 casi. Seguiti dai maltrattamenti e percosse e, fenomeno già più volte registrato su queste pagine, dall’uso frequente delle armi da taglio da parte di donne che vogliono ferire (28 casi di lesioni), tentare di uccidere (16 casi) o uccidere (29 casi) un uomo. Tra i reati commessi spiccano alcuni crimini solitamente considerati “non femminili” come il revenge porn (3 casi) o gli abusi sessuali su minori (2 casi), e altri invece tipicamente femminili come l’estorsione (5 casi) o l’avvelenamento (2 casi, sicuramente un dato sottostimato). Anche in questo caso, per lo stesso motivo delle false accuse, non è significativo rilevare la distribuzione geografica. Di più lo è riscontrare come taluni crimini sovente siano associati: spesso lo stalking si accompagna ai danneggiamenti e alle minacce, alle aggressioni o alle lesioni.
Casi di violenza femminile contro bambini e anziani: almeno 137 casi, di cui 80 verso minorenni e 56 verso anziani. Qui il panorama delle violenze è variegato ed eterogeneo. Va detto che il dato è fortemente in calo rispetto agli anni precedenti: nel 2019 avevamo contato 288 casi, che nel 2018 erano stati 274. La grande differenza non sta in una diminuzione degli impulsi violenti da parte delle donne verso le categorie più deboli, bensì nell’impedimento a esercitarla in luoghi come case di cura e asili, gli uni quest’anno impegnati nella lotta al coronavirus, gli altri nella quasi totalità dei casi rimasti chiusi per le restrizioni anti-covid. Sono insomma mancate le occasioni per raggiungere i vertici degli anni precedenti, cosicché gran parte delle violenze registrate sono avvenute in ambito domestico. Questa in ogni caso non è l’unica serie storica: ci è possibile infatti fare un raffronto anche per il fenomeno delle false accuse, che quest’anno risulta esploso rispetto a quanto rilevato nel 2019 (148 casi contro i 269 di quest’anno). Evidentemente il lockdown non ha disincentivato il fenomeno falso accusatorio, anzi gli ha dato una propulsione cui, ne siamo certi, la propaganda martellante per il 1522 e l’istigazione costante alla denuncia hanno dato una spinta notevole. Non abbiamo serie storiche sulle violenze femminili verso gli uomini essendo il 2020 il primo anno in cui le rileviamo.
Viviamo immersi in una grande bugia.
Va sottolineato ancora una volta che i numeri qui presentati hanno come fonte l’uscita casuale di articoli di stampa, non di rado a carattere meramente locale, captati grazie all’utile meccanismo del “Google Alert”. Non è tuttavia escluso che tale meccanismo si lasci sfuggire altre notizie di cronaca, dunque sfuggite anche al nostro monitoraggio, e soprattutto dev’essere chiaro che ci si trova davanti a numeri che sono solo sintomatici di un fenomeno per logica assai più ampio. Parte del quale, le false accuse, viene registrato (anche se in modo indiretto) dalle statistiche del Ministero della Giustizia; altra parte, la violenza femminile su uomini, anziani e bambini, non viene proprio registrata. La prima, in particolare, è legittimo supporre che sia molto più ampia di quanto i numeri suggeriscano: esiste un più che significativo sommerso, fatto di uomini che subiscono violenze ma non le denunciano per imbarazzo, per sottovalutazione o per una percezione distorta e sminuente degli atti che subiscono. La cronaca natalizia ce ne ha restituito un esempio, con il grosso pugile maltrattato e aggredito dalla moglie, che solo dopo molto tempo e un’infinità di violenze si è deciso (chissà quanto a malincuore) di sporgere denuncia.
Le conclusioni sono piuttosto semplici e scontate: la violenza non ha genere. Quella degli uomini contro le donne non è né più “speciale”, né più “specifica”, né più frequente di quella delle donne contro gli uomini. Se poi volessimo conteggiare le false denunce per quello che sono, ovvero una forma particolare di violenza, questo risulterebbe ancora più vero. Non esiste dunque peculiarità nella violenza, se non che è messa in atto e subita da persone, trasversalmente ai sessi, agli orientamenti (grandi assenti per altro sono i dati sulle violenze nelle coppie omosessuali), alla provenienza geografica, alla condizione sociale. Sono le circostanze e tante premesse particolari che la ingenerano, non c’è alcuna esclusività legata alla “maschilità tossica”, che palesemente non esiste. Non è nemmeno vero che l’uomo fa più violenza perché fisicamente più forte: basta guardare i numeri e la tipologia delle violenze perpetrate dalle donne per rendersene conto. Viviamo insomma immersi in una grande bugia, proposta all’opinione pubblica tramite una retorica propagandistica ossessiva mirante a tagliare fuori dal discorso pubblico l’esistenza di tanti altri tipi di devianze. Questo è il motivo per cui teniamo i nostri conteggi: non per istituire una sciocca “gara dell’orrore”, ma per fare, con i pochi mezzi a disposizione, ciò che le istituzioni non fanno, e per smentire le colossali bugie che gruppi di interesse ben individuabili, grazie anche al servilismo dei media di massa, impongono a tutti.