Lo scorso 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un articolo pubblicato su trapani24.it riferiva di una donna condannata dal Tribunale di Trapani per una lunga serie di reati: lesioni aggravate, violenza assistita, mancata esecuzione dolosa del dispositivo giuridico, sottrazione di minore, violazione degli obblighi di assistenza. In sostanza, la signora dopo la separazione si opponeva con ogni mezzo a che padre e figlio si frequentassero secondo le modalità previste dal provvedimento del tribunale. Sei mesi di reclusione. Il cumulo di sanzioni previste per i reati ascritti avrebbe consentito una pena 10/12 volte superiore ed è lecito chiedersi se siamo in presenza della ricorrente altalena, già vista in troppi casi, tra pugno di ferro e guanto di velluto in base al genere del reo. È inutile sollevare polemiche, poco importa l’entità della pena comminata, ma è fondamentale che almeno sia stata riconosciuta la colpevolezza per le dinamiche ostative – violente in alcuni casi ed omissive in altri – messe in atto per ostacolare i rapporti padre-figlio.
L’uomo è assistito dallo studio penale Pellegrino-Ferreri del Foro di Marsala, ma è particolarmente interessante la dichiarazione finale dell’avvocato civilista Laura Errera: “Si registra un sempre crescente aumento della cosiddetta alienazione genitoriale, ossia il comportamento del collocatario che vieta ogni contatto con l’altro genitore con comportamenti omissivi e commissivi”. Ah però! Un approfondimento è d’obbligo, dunque contattiamo l’avvocato Errera per avere ulteriori particolari. Dal lungo colloquio emergono considerazioni rilevanti, sia sul caso specifico, sia di più ampio respiro. Nel caso specifico si è arrivati alla condanna grazie a consigli oculati e soprattutto lungimiranti: all’innalzarsi delle violenze agite dalla signora il legale ha consigliato il proprio assistito di documentare quanto più possibile ogni incontro con la ex moglie, anche installando una telecamera nell’auto. Suggerimento dettato dalla necessità di essere creduto, compito non facile quando a dichiararsi vittima di violenze è un uomo.
I negazionisti rifiutano che un figlio possa subire pressioni da parte di un genitore ai danni dell’altro.
Più volte su questo portale abbiamo rilevato come sia indispensabile dimostrare, dimostrare, dimostrare… innumerevoli testimonianze riferiscono un atteggiamento di generale scetticismo, a partire da commissariati e caserme ove si prova a sporgere denuncia. È angosciante vivere col cellulare in mano sempre impostato sulla modalità video, tuttavia qualche cautela è necessaria per proteggersi dai falsi positivi e dai falsi negativi, quindi per documentare i reati che si vuole denunciare di aver subito, ma anche per difendersi dalle false accuse, filone in preoccupante espansione. Tornando alla vicenda di Trapani, l’avvocato Errera racconta l’escalation di violenze contro l’ex marito culminata con lesioni aggravate e l’aggressione a bastonate che ha distrutto il lunotto dell’auto nella quale era il bambino. Va detto che nell’accanimento per rivendicare il possesso esclusivo del figlio è presente anche la recidiva, in quanto la signora era già stata condannata per essersi opposta alle frequentazioni tra nonni paterni e nipote. Tralasciando altri particolari sugli aspetti penali della vicenda, è interessante raccogliere le impressioni dell’avvocato sulle dinamiche ostative finalizzate ad allontanare il figlio da un genitore.
È un fenomeno sporadico o diffuso? Ha già avuto casi simili? Che clima si respira nei tribunali? Laura Errera parla di strategie ostative sempre più presenti ma al contempo sempre meno dimostrabili. È cosciente di un’aspra controversia in atto sul riconoscimento o meno dell’alienazione, la polemica su scala nazionale sollevata dal fronte di negazionisti che contestano l’alienazione genitoriale definendola scienza-spazzatura (anche con l’appoggio di diverse parlamentari, n.d.A.). Argomento approfondito più volte anche da queste pagine, è ormai assodato che non si tratti di una sindrome: la comunità scientifica nazionale e internazionale lo ha chiarito ormai da anni, quindi è assolutamente irrilevante che non compaia nelle ultime versioni del DSM in quanto la soluzione è giuridica, non certo farmacologica, clinica, terapeutica. Tuttavia rimane una curiosa contraddizione di fondo: gli unici rimasti a contestarla come sindrome sono coloro che sbraitano perché la PAS non è una sindrome, anche se sindrome ormai non la definisce più nessuno. Poi i negazionisti hanno corretto il tiro, non va bene sindrome di alienazione genitoriale ma non va bene nemmeno alienazione genitoriale, nemmeno alienazione e basta, nemmeno manipolazione, nemmeno condizionamento, nemmeno plagio. I negazionisti rifiutano di riconoscere la possibilità che un figlio possa subire pressioni da parte di un genitore ai danni dell’altro. L’eventuale rifiuto di un minore è sempre genuino e libero da condizionamenti, quindi il genitore rifiutato deve obbligatoriamente essere violento e/o maltrattante e/o sessualmente abusante.
La scarsa formazione di alcuni operatori.
L’avvocato Errera invece riconosce che i comportamenti ostativi esistano a prescindere dalla consapevolezza di chi li mette in atto: un genitore può condizionare in malafede i figli a rifiutare l’altro tramite una strategia pianificata a tavolino, ma può farlo anche in buonafede nella malsana convinzione di essere nel giusto. Le sue esperienze professionali lo testimoniano: oltre al caso citato nell’articolo, ha già riscontrato diverse alienazioni tentate o consolidate, quasi esclusivamente da parte di madri collocatarie, ma sottolinea di avere incontrato anche il caso di un padre alienante. Un capitolo a parte l’avvocato Errera desidera aprirlo in merito al concetto di conflittualità. Non viene riconosciuta la conflittualità unilaterale, le parti vengono sempre definite reciprocamente conflittuali. Un genitore che si difende viene valutato conflittuale sullo stesso piano di chi lo aggredisce, e questo vale per qualsiasi tipo di difesa. La difesa da aggressioni fisiche tramite la denuncia, la difesa dall’impedimento di incontrare i figli tramite la denuncia, la difesa dal danneggiamento di beni personali tramite la denuncia, la difesa da ingiurie e violenze psicologiche tramite la denuncia. La mole di denunce però è generalmente malvista, viene letta come indice di conflittualità. Quindi è ben chiaro cosa non debba fare una persona che viene aggredita, ma non è chiaro quale sia l’azione consentita.
Un genitore aggredito dall’ex non può e non deve vendicarsi con una violenza uguale e contraria, un genitore a cui viene negato l’accesso ai figli non può e non deve far valere le proprie ragioni con la forza, un genitore vittima di false accuse non può e non deve aggredire fisicamente o verbalmente chi lo calunnia. Giustissimo. Il nostro ordinamento non consente la vendetta rusticana, solo la legge offre degli strumenti idonei alla sanzione del reo, però chi reagisce utilizzando gli strumenti previsti dalla legge diventa conflittuale. È chiaro cosa non sia consentito, ma non è chiaro quale sia il comportamento virtuoso. La rassegnazione e l’inerzia non possono essere le uniche alternative offerte al genitore vittima delle strategie ostative dell’altro, anche perché rassegnazione ed inerzia comportano l’allontanamento definitivo dalla prole. L’avvocato Errera ipotizza la scarsa formazione di alcuni operatori, poco preparati a conoscere e quindi saper riconoscere la conflittualità unilaterale.
Abilità professionale, impegno sociale, imparzialità valutativa, onestà intellettuale.
Un’ultima riflessione la dedica al ruolo dei Consulenti Tecnici dei tribunali, che spesso travalicano il proprio ruolo valutativo per sconfinare nel campo metaterapeutico, effettuando o provando ad effettuare percorsi riparativi sulla coppia. Non è chiaro dove sia il confine tra la volontà dei singoli consulenti e la necessità di rispondere a quesiti che investono il CTU di compiti che il competerebbero al Giudice, come stabilire le modalità di frequentazione. Il sistema giudiziario non sempre si rivela tempestivo ed efficace, in particolare nel Diritto di Famiglia dove i tempi dei minori sono incompatibili con i tempi della giustizia. L’esperienza insegna che gli attriti nella coppia genitoriale sembrano crescere esponenzialmente all’insegna del non decidere: attivazione reiterata di percorsi e progetti, si dispongono affidamenti ai Servizi Sociali con compiti indefiniti, si dispongono incontri protetti, si fissano verifiche, monitoraggi e relazioni, si prescrivono trattamenti ma nulla cambia, un genitore ostativo continua a fare ciò che vuole, le sanzioni a tutela dei diritti dei minori non vengono quasi mai applicate. E quando vengono applicate, è giusto scriverne.
Ultima nota finale, perché l’avvocato Laura Errera ci ha riservato una sorpresa. Da mera intervista sul singolo caso, il colloquio si è evoluto attraverso tanti, ma veramente tanti punti di vista in comune. Argomenti che difficilmente vengono trattati sui media mainstream e ai quali, di contro, diamo ampio spazio su questa piattaforma: il proliferare delle false accuse, l’alienazione genitoriale, la difficoltà di riconoscere le vittime maschili di violenza, il pretesto della conflittualità e molto altro ancora. Una frase per tutte: “sollecitiamo le donne a denunciare ogni minimo accenno di violenza, perché lo stesso principio non vale quando a denunciare è un uomo?”. Chapeau. La sorpresa finale è questa: Laura Errera lavora in un centro antiviolenza. Doppio chapeau. Abilità professionale, impegno sociale, imparzialità valutativa, onestà intellettuale. Che cocktail, ragazzi!!! Triplo chapeau.