La Fionda

Come si intrattengono le femministe pro-aborto: “spara al feto”

I meno giovani ricorderanno il leggendario videogioco “Doom”. Un first-person shooter game ambientato in un futuro orribile popolato da mostri in mezzo a cui farsi strada per arrivare al boss finale. Armi a disposizione del protagonista, innumerevoli: dalle mani nude al fucile a pompa, e lungo la strada fiumi di sangue delle creature mostruose incontrate lungo il cammino. In tanti si sono cimentati in quel videogioco, che poi è stato ricreato successivamente, con grafiche migliori, ma senza il successo precedente. A tentare il rilancio è un gruppo di femministe abortiste argentine, che ha creato un mod del gioco, cioè una variazione. L’hanno chiamato “DOOM Fetito”, ovvero il “doom” del piccolo feto, un videogioco pro-aborto. Grafica, scenario, percorsi restano gli stessi del famoso “Doom” originario, cambiano solo le tipologie dei nemici: niente più mostri di vario genere. L’obiettivo è far saltare la testa a donne pro-life, preti cattolici e poliziotti che si aggirano per bloccare il percorso del giocatore (o della giocatrice). Un percorso al termine del quale c’è il “boss” finale, il mostro dei mostri, rappresentato da un gigantesco feto, da bersagliare di fucilate fino alla sua distruzione.

L’idea pare sia venuta al gruppo femminista a seguito di una marcia pro-life tenutasi a Buenos Aires nel marzo scorso. I partecipanti, subito additati dalle femministe come “cattolici” (va letto con tono spregiativo) e “neonazisti”, avevano portato in giro per la città un gigantesco feto di cartapesta. Proprio quel feto è stato preso a rappresentazione del nemico finale da abbattere nel videogioco. Che è stato presentato con una giustificazione circostanziata: “al momento l’aborto sta in un’area grigia in Argentina. Gli aborti si possono fare solo se la gravidanza può danneggiare la salute della donna o in caso di stupro. Se sei incinta in Argentina e vuoi abortire, rischi la prigione in ogni momento. Se la procedura non è condotta in modo corretto rischi di rimanere ferita o di morire. Tonnellate di donne muoiono ogni giorno in Argentina perché l’aborto non è consentito in ogni caso. Dato che questa cosa fa schifo, il femminismo ha spinto per avere l’aborto legale in qualunque caso e per sempre, ma è stato ignorato finora”. Ecco allora che, senza presentare prove di queste moltissime donne morte per impossibilità di abortire (le femministe sono allergiche ai dati comprovanti…), per riuscire a uscire dal buio le femministe inventano questa che ora si vorrebbe spacciare per una mera provocazione.

Un’anteprima di “Doom Fetito”

Sull’aborto il dibattito langue anche per questo.

Fare il mod di un videogioco non è cosa né semplice né gratuita. Servono esperti programmatori, che in genere vogliono essere pagati, e non poco. Difficile che le fondamentaliste argentine abbiano pagato per fare una semplice provocazione. Più facile che pensassero al videogioco come a una forma di propaganda, per fare proselitismo tra giovani e gamers appassionati. Ora, davanti alle critiche, le femministe argentine tirano i remi in barca, nascondendosi pavidamente dietro l’alibi della “provocazione”. Perché sanno molto bene che la loro iniziativa incarna perfettamente lo spirito abortista del femminismo. Qualcosa che non ha nulla a che fare con la tutela dei diritti della donna e tutto ha che fare con il potere e la visibilità a cui aspira il femminismo di tutto il mondo. Visibilità e denaro, ben intesi: quello degli aborti è un business che in alcuni paesi, Stati Uniti in testa, muove milioni di dollari, con vere e proprie aziende capaci di macinare utili sulle interruzioni di gravidanza e sull’utilizzo commerciale dei resti dei feti (l’americana “Planned Parenthood” è famosa per questo). È soprattutto per sorreggere tutto questo impianto che dilaga la retorica dell’intoccabilità dell’aborto come diritto, una foglia di fico argomentativa atta a coprire le brutture di un sistema di soldi e potere, già di per sé, come ben dimostra il videogioco, votato alla violenza e alla morte.

Sull’aborto il dibattito langue anche per questo. Il femminismo ispanico è quello che detta la linea nella parte meridionale dell’occidente (la parte nord è coperta dal femminismo anglo-statunitense) e il livello della proposta la dice lunga sulla degenerazione in cui rischia di cadere il confronto di idee sull’interruzione di gravidanza. Tema ormai indiscusso e indiscutibile proprio per la polarizzazione delle posizioni: da un lato i pro-life, dall’altro la follia di questo femminismo dell’orrore e fuori controllo. Nel mezzo sta chi vorrebbe affrontare la questione con raziocinio e pacatezza, per parlare non solo di “aborto” ma dei più ampi “diritti riproduttivi” di uomini e donne. Si tratterebbe di ampliare la questione su un tema più oggettivo e soprattutto paritario, che permetta anche agli uomini, com’è già permesso alle donne, di respingere e rifiutare la genitorialità senza pagarne conseguenze, o di poterla esercitare anche in caso di contrarietà femminile. Discorsi profondi, importanti e complessi, che non si faranno mai fin tanto che a far rumore e fronteggiarsi ci sarà chi porta a spasso per le strade, come un vessillo, un feto gigante, e chi celebra la morte e distruzione di tutti, a partire dai feti.



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