La Fionda

Coito coercitivo: i galli stuprano le galline

di Santiago Gascó Altaba* – Quest’estate si è viralizzato un video in youtube in spagnolo realizzato da due femministe vegane che è riuscito a conquistare le prime pagine della stampa e delle emittenti TV ispaniche. Tra le numerose polemiche perle di saggezza proclamate a favore del veganismo femminista e contro lo specismo si trova il titolo sopracitato: “i galli stuprano le galline”. Di conseguenza, a difesa delle galline nella loro piccola fattoria, le vegane hanno deciso di “castrare” il gallo di loro proprietà. Ora, per quanto strano possa sembrare, forse questa è una delle poche cose assennate asserite in quel video, anche se gli etologi preferiscono adoperare il termine “coito coercitivo” al posto di quello di “stupro”.

Premesso che noi non siamo né galli né galline, né sappiamo cosa sentono quando s’accoppiano, magari le galline sono bramose e non vedono l’ora, e invece per i galli ciò rappresenta una sofferenza tremenda, ma noi, esseri umani, giudichiamo quella scena da un punto di vista umano, e da questo punto di vista siamo di fronte a un’evidente sopraffazione maschile, un inequivocabile “stupro” (d’ora in poi definito coito coercitivo). Le galline presentano spesso un piumaggio molto sciupato sul dorso e anche ferite alla testa o sul collo, provocate dall’irruenza del gallo che appunto fa uso di becco e zampe per raggiungere il suo scopo. In alcuni casi non viene attuato dal gallo nemmeno ciò che gli etologi definiscono “corteggiamento” (che ai nostri occhi è stalking a tutti gli effetti): il gallo “aggredisce” direttamente senza preavviso, imponendo il coito.

Il Matriarcato non è mai esistito.

“I galli stuprano le galline” è sicuramente un’affermazione scomoda, politicamente scorretta, non solo all’interno del pollaio, ma soprattutto per le implicazioni che ne potrebbero derivare quando si tratta di analizzare la sessualità tra gli esseri umani. Circa un mese fa è nata una discussione su questo argomento in uno dei tanti forum sulla questione maschile. Lo spunto l’ha fornito un documentario su Youtube che affermava quanto segue (min. 4.31-4.47): “Le donne oggi sono sessualmente emancipate e questa libertà le porta ad avere una situazione simile a quella che avevano prima della nascita delle società patriarcali ovvero ai tempi delle tribali società matriarcali, ben descritte dall’opera ‘Il Matriarcato’ di Bachofen”.

Falso. Il Matriarcato non è mai esistito (è un desiderio, un mito femminista, gli storici non hanno mai trovato prove della sua esistenza) e ipotizzare che nella preistoria le donne siano mai state emancipate sessualmente è illusorio. “Sarebbe bello se il mondo fosse diverso da come è. Invece è come è” (Altrosenso): una frase politicamente scorretta, questa. E un’asserzione politicamente scorretta è una asserzione… essenzialmente corretta, ma assolutamente sgradita, tanto da non dover essere nemmeno proclamata, e di conseguenza, tanto meno spiegata o analizzata per comprenderne le cause. Esempio per antonomasia del politicamente scorretto è l’enunciato che sostiene il maggior tasso percentuale di criminalità degli immigrati rispetto agli autoctoni, ciò che è vero attualmente in ogni paese occidentale.

Le donne contribuirono in maggior misura degli uomini alla vittoria del Partito Nazista.

Anche il femminismo e la questione maschile sono colme di asserzioni politicamente scorrette. Valga come semplice esempio l’arrivo del Partito Nazista al potere in Germania. Più o meno tutti siamo a conoscenza, nostro malgrado, che il Partito Nazista arrivò al potere democraticamente nella Repubblica tedesca di Weimar a seguito delle elezioni. Quello che però facciamo fatica a trovare nei libri storici e, ancor meno, nei libri scolastici, è che il sostegno femminile ai nazisti tanto in percentuale come in numeri assoluti di voti fu più numeroso. Le donne contribuirono in maggior misura degli uomini alla vittoria del Partito Nazista. Verità politicamente scorretta, ma pur sempre verità.

Tornando all’argomento che ci riguarda, la sessualità, elencherò in seguito alcune osservazioni in maniera molto sintetica tratte dal mio libro “La grande menzogna del femminismo” (pp. 519-543), senza approfondirle né analizzarle (rimando alla lettura del libro per chi è ulteriormente interessato) e senza trarre delle conclusioni, compito che cedo volentieri al lettore. Mi rendo conto che alcune delle osservazioni, o forse tutte, trattando di un tema delicato come il coito coercitivo, possono sembrare a molti e a molte profondamente sgradite, talvolta offensive, politicamente scorrette, ma si ritorna al concetto di prima: “aarebbe bello se il mondo fosse diverso da come è. Invece è come è” (Altrosenso).

In natura il coito coercitivo è un modus operandi molto comune.

PRIMO: In natura il coito coercitivo è un modus operandi molto comune per ottenere dei rapporti sessuali con una femmina nella maggior parte delle specie, anche tra i primati. Il femminismo sbaglia (o mente) clamorosamente quando sostiene che lo stupro è una cosa che esiste solo tra gli esseri umani (Susan Brownmiller, Contro la nostra volontà).

SECONDO: In linea di massima in Natura il maschio è dotato di un apparato sessuale indipendente dalla volontà della femmina, inoltre ha la forza fisica necessaria per sopraffare l’opposizione femminile, in modo da garantire la continuità della specie nel caso in cui la femmina si rifiuti di svolgere il proprio ruolo generatore. L’automatismo dell’ovulazione autorizza il disinteresse del maschio nei confronti del godimento della femmina. Le problematiche sessuali legate alla mancanza di piacere o al dolore colpiscono in maniera preponderante le femmine.

Nella natura il maschio è “vincente”, la femmina “perdente”; nella cultura l’uomo è “perdente”, la donna “vincente”.

TERZO: Non esiste nessuna ragione obiettiva per credere che questo non fosse il modus operandi per ottenere dei rapporti sessuali anche tra gli esseri umani prima dell’arrivo della cultura e della civilizzazione. Anzi, l’esistenza di un anello circolare alla base del glande che permette di ritirare sperma altrui dopo aver eiaculato rafforza quest’ipotesi.

QUARTO: Lévi-Strauss ha sostenuto che “la nascita della cultura coincide con la proibizione dell’incesto”. Io credo che sia più appropriato sostenere che la nascita della cultura coincide con la proibizione del coito coercitivo. A un certo punto dell’evoluzione il libero soddisfacimento dell’appetito sessuale maschile è stato moralizzato: il maschio non doveva più prendere la femmina senza consenso e la femmina non doveva più lasciarsi prendere. Nella natura il maschio è “vincente”, la femmina “perdente”; nella cultura l’uomo è “perdente”, la donna “vincente”.

QUINTO: La donna ha capovolto i ruoli predisposti dalla natura senza possedere la conformazione fisica che le permettesse di farlo, servendosi di due strumenti: la moralizzazione del sesso (la repressione sessuale, l’esclusività del rapporto) e la sacralizzazione dell’amore (vincolo del sesso all’amore).

Simone De Beauvoir

“Stupratori si diventa, non si nasce”.

SESTO: Il femminismo ha sostenuto che tutte le nostre strutture mentali e sociali (lingua, famiglia, matrimonio,…) sono costruzioni culturali, il risultato di una cultura patriarcale, compresi i rapporti eterosessuali e le sue modalità più violente: “stupratori si diventa, non si nasce” (Bourke, Stupro). In realtà la nota espressione “la cultura dello stupro” ha l’unico scopo di colpevolizzare e manipolare la realtà, l’unica cultura esistente è “la cultura dell’antistupro”. L’uomo è culturalmente formato a non imporre coiti coercitivi.

SETTIMO: Parimenti il femminismo ha profusamente denunciato la costruzione delle strutture mentali femminili da parte del patriarcato (vedasi Il secondo sesso di Simone de Beauvoir, circa 800 pagine di denuncia del noto eterno femminino) senza indagare sulle implicazioni che questa teoria comporta nella costruzione “culturale” del rifiuto femminile ai coiti coercitivi: quanto c’è di naturale e quanto di artificiale nella ritrosia femminile ad accontentare l’appetito sessuale del maschio? La donna è culturalmente formata a non lasciarsi imporre coiti coercitivi.

La cultura ha conferito alla sessualità femminile un valore immenso.

OTTAVO: Il rifiuto femminile di accettare un rapporto sessuale che non è basato sulla ricerca del proprio piacere, e il danno psicologico prodotto da questo rifiuto, è prodotto culturalmente. Le civiltà che praticavano il sesso libero, alcune istituzioni o tradizioni (riti iniziatici, orge sacre, prostituzione sacra, ospitalità sessuale, prostituzione apotropaica…) assieme alle centinaia di migliaia di prostitute che hanno esercitato lungo la storia ed esercitano ancora oggi volontariamente senza riportare alcun trauma ne sono la prova.

NONO: La cultura ha conferito alla sessualità femminile un valore immenso, superiore in qualsiasi caso alla vita maschile. “Nessuna civiltà ha osato mai istituire il coito obbligatorio” (de Beauvoir). Tutte le civiltà (in maniere diverse) hanno però istituito il reclutamento maschile obbligatorio, ineludibile in tempo di guerra. Le società hanno punito e puniscono il coito coercitivo pesantemente, non di rado con la pena di morte. Le stesse società hanno incoraggiato e incoraggiano il reclutamento maschile, anche dei minori, per essere destinati a eventi che recano immani sofferenze, lesioni gravissime o morte. Oggigiorno negli stessi scenari bellici l’ONU riferisce la violenza sessuale sulle donne come l’unico crimine di guerra esplicito da escludere dalle disposizioni di amnistia (Risoluzione 1325), mentre la coscrizione obbligatoria maschile continua a essere un dovere civile. La cultura ci ha “costruiti” in maniera di concepire tollerabile la sofferenza provocata da ferimenti, mutilazioni, torture e prigionie che in molti casi conducevano alla morte a seguito di un reclutamento maschile obbligatorio, e intollerabile un rapporto coercitivo su una donna della durata di qualche minuto che non compromette l’integrità fisica se non c’è opposizione violenta.

Il sesso giova alla salute maschile.

DECIMO: Le leggi e le norme sessuali si spacciano per neutre ma non lo sono. Tutelano preponderantemente il sesso femminile e reprimono e puniscono preponderantemente il sesso maschile. Il numero delle vittime e degli autori di violenze di atti sessuali (molestie, toccamenti, atti osceni, stupri,…) divisi per sesso sono preponderantemente sbilanciati.

UNDICESIMO: Il sesso giova alla salute maschile, aiuta gli uomini a vivere più lungo. La moralizzazione del sesso rappresenta un costo principalmente per la salute maschile. I divieti che riguardano la sfera sessuale (prostituzione, pornografia, restrizioni dei rapporti,…) non sono neutri né innocui, colpiscono la salute psicofisica degli uomini. In certi paesi (ad esempio Svezia) un uomo può essere condannato all’asessualità perché non ottiene il consenso di nessuna (rischiando la prigione, se maldestro nel tentativo, per molestie), né può comprarlo (l’utenza della prostituzione è punita con il carcere). “I governi riconoscono la specificità biologica e i bisogni delle donne, ad esempio nelle politiche abortiste o nel diritto di maternità, ma nessun governo ha riconosciuto la specificità biologica e i bisogni degli uomini, prevedendo ad esempio un servizio gratuito di appagamento sessuale.” (La grande menzogna del femminismo, pp. 529-530)

Michel Foucault

Michel Foucault si chiese il motivo della “problematicizzazione” del sesso.

DODICESIMO: In linea di massima la moralizzazione del sesso (monogamia, fedeltà sessuale, contenimento e astinenza, pratica del coitus interruptus, pratiche di corteggiamento e di cavalleria, biasimo del coito coercitivo, ricerca dell’orgasmo della compagna sessuale,…) non ha rappresentato per la salute psicofisica dell’uomo alcun vantaggio, al contrario. Riproduco infine un paragrafo del libro che cerca di dare una risposta alla nota domanda sulla “problematicizzazione del sesso” posta dal filosofo progressista Michel Foucault. Quando questi si chiese il motivo della “problematicizzazione” del sesso, “perché il comportamento sessuale, le attività e i piaceri che ne dipendono costituiscono l’oggetto di una preoccupazione morale?”, la domanda in realtà non era rivolta alle donne, ma a se stesso e a tutti gli uomini.

Tutti sappiamo, compreso Foucault, perché il sesso ha costituito per le donne, fino a pochi anni fa, l’oggetto di una loro preoccupazione morale, e i motivi erano principalmente due: le gravidanze, e tutto quello che comportavano (parto, bambini…), e le maggiori difficoltà delle donne a sopravvivere senza il contributo maschile. Il sesso era lo strumento con il quale costruivano i legami affettivi con uno o più maschi necessari per ottenere delle risorse (protezione, mantenimento…). La sessualità femminile è problematica, la sessualità maschile no. Il fatto che il sesso, fonte unicamente di piacere per il maschio, sia diventato invece un “problema” etico per l’uomo, dovrebbe risultare, non solo per Foucault ma per qualsiasi uomo, un bell’enigma. (La grande menzogna del femminismo, p. 529)

In altre parole, dopo che le due femministe vegane hanno moralizzato il sesso tra galli e galline, qual è il vantaggio che ha ottenuto il gallo dalla sua castrazione?



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