Santiago Gascó ha centrato il suo sempre atteso e benvenuto intervento domenicale su un fatto avvenuto a pochi chilometri da casa e perciò ben noto in famiglia, cui forse avevo fatto cenno – en passant – in qualche vecchio commento: «Lei si suicida, lui viene incriminato», e ora condannato. Male certo, ma è un male inevitabile e necessario. «Se tu avessi tentato di parlare a quello là, descrivendogli quel che sta accadendo, elencandogli la somma dei mali che colpiscono gli uomini, dei pericoli che incombono su tutti e di ciò che poteva accadere a lui stesso, ti avrebbe ascoltato? Non diciamo scemenze: si sarebbe messo a ridere! Ti avrebbe dato dello sfigato e del paranoico. Se gli avessi regalato il tuo libro, lo avrebbe almeno sfogliato? Neanche aperto, figuriamoci! Questo avrebbe fatto! E allora perché vi dannate l’anima per questa massa di imbecilli destinati alla rovina? Perché?». Questo mi ha chiesto mia moglie, provocatoriamente ma non senza fondamento.
Il caso dà infatti la stura a diverse considerazioni. Già Santiago ha prontamente osservato che non c’è memoria di donna condannata (e neanche inquisita) per istigazione al suicidio di un uomo. Come sappiamo se ne suicidano in Italia (di uomini, dico) circa 3.000 all’anno e suppergiù 200 tra i separati (e i separandi). Nessuna imputata. Anzi, l’idea stessa che una femmina, e men che mai una ex, possa essere inquisita, è un’ipotesi inconcepibile. Veramente ciò valeva anche per un uomo, fino a un paio di decenni fa, ma, come si sa, c’è “progresso” nel mondo. Due condizioni socio-esistenziali diametralmente opposte, dunque. Noi ce n’eravamo accorti, la massa ancora no. Forze che indaghiamo da anni impediscono agli uomini di riconoscere la condizione aberrante in cui si trovano.
Ogni caduto è un “déjà-vu”.
Scrive ancora Santiago: «…Da allora il governo spagnolo ha smesso di pubblicare i dati delle vittime di suicidio divise per stato civile…». Anche da noi si smise, qualche anno dopo, di pubblicare dati analoghi, scovati con fiuto dal creatore di questo portale (senza peraltro che alcuno abbia mai pubblicizzato i precedenti, né prima né dopo). Così la mente corre veloce alla DDR dove, ad un certo punto, si smise di fornire i dati dei suicidi (e non c’è bisogno di spiegare perché). Tuttavia i cittadini di quella fortunata repubblica sapevano bene di vivere in un regime-caserma, sia i non molti che l’appoggiavano come i moltissimi che la detestavano. Quanti uomini hanno invece lo stesso sospetto sulla loro condizione reale, qui e altrove?
La nebbia impedisce di vedere ma essa stessa è ben visibile. Qui invece una nebbia trasparente nasconde tutto, a cominciare da se stessa. Gli stessi colpiti non riconoscono la loro condizione, come se non volessero saperne: il rifiuto sembra ottuso, pervicace, ostinato, ma non tutto è perduto. Il numero di coloro che cadono sotto la scure del Bene che dilaga cresce ogni giorno e crescerà per molto tempo, ma con esso cresce anche quello degli spettatori che lentamente, pur con difficoltà, tra sconcerto e incertezze incominciano a sospettare l’esistenza di quella nebbia invisibile che deforma lo scenario. In fondo ogni caduto è un “déjà-vu” che smaschera la Matrix. Nel frattempo, gli attivisti del politicamente corretto (altro nome del femminismo) ne stanno combinando di tutti i colori e il disgusto cresce e si diffonde. Bene dunque. Ecco quindi perché, pur avendo già speso tanto, spinti da un ignoto élan vital, siamo ancora qui a “dannarci l’anima” insinuandoci nelle crepe di quel granito, ad impulsare, indurre, innescare la necessaria presa di coscienza e con essa l’inizio della metamorfosi.