Penso sia opportuno proprio oggi, nel giorno della Liberazione, parlare di una live che ho seguito qualche giorno fa (la differita la trovate qui sotto), durante la quale si sono riuniti in convivio Immanuel Casto, Yasmina Pani e i due culo-e-camicia di Wesa Channel, praticamente il gotha dei multi-K follower di YouTube. Al centro del loro simposio c’era un tema chiave: la difficoltà di proporre tematiche contro-corrente. Difficoltà che spesso diventa impossibilità, ovvero censura. Mentre i Wesa, grazie al loro conformismo un po’ paraculo, non hanno mai sperimentato niente del genere, Casto e Pani sono reduci da esclusioni e bavagli di cui sono riusciti a far parlare tutto il web manco si trattasse dell’accordo di pace tra Israele e Palestina. Il primo pare sia stato espulso da un consesso LGBTQ+, la seconda, ormai lo sanno anche le pietre visto che ci ha fatto sopra più storie Instagram di quante Valentina Nappi ne faccia sui suoi nuovi completini, ha avuto una disavventura con la Fondazione Feltrinelli. Obiettivo della diretta, dunque: capire perché queste esclusioni e queste censure accadono, specie se si parla di sessismo, femminismo, gender o dintorni.
Alla fine il risultato della live è sintetizzabile in una parola sola, quella che è risuonata di più: sinistra (tanto che poi è finita anche nel titolo della live stessa). Il problema centrale per i quattro, che se glielo chiedete si dichiareranno tutti de sinistra, sebbene con vari distinguo e shades of grey, infatti non è tanto perché di certi argomenti non si possa parlare o perché certi contenuti siano talmente tabù da far guadagnare ostracismo e persecuzione a chi li veicola, bensì il motivo per cui tutto ciò accade limitatamente ad ambienti di sinistra. La sinistra, ça va sans dire (anzi nella live lo dicono esplicitamente), è sempre stata intellettualmente superiore, dunque è assurdo che accada! Se da ciò che è apparso in live si potesse insomma togliere il velo di Maya delle disamine intellettualoidi travestite da approfondimento, si sarebbero visti quattro soggetti battersi il petto a capo chino e occhio sinistro lacrimante a trenodiare: «perché? Perché a sinistra non ci fanno parlare? Anche noi siamo da sempre di sinistra! Perché? Perché?».
Il meme della sinistra.
È una pantomima che si è già vista: il 15 marzo scorso, ad esempio, si è tenuto a Roma un convegno, a cui ha partecipato anche la Pani, che si proponeva di dare una lettura alternativa della “questione di genere”. Chi l’ha seguito riporta che, con l’eccezione dei nostri Fabio Nestola e Rino Della Vecchia, è stato più un momento di onanismo marxista collettivo che non un approfondimento sulle questioni di genere, ridotte a mero corollario e pretesto per disquisire tra “compagni”. E ora, dopo aver subito bastonate da sinistra, Casto e Pani si lanciano alla ricerca di un punto di aggregazione, con la campagna “Verso un dialogo costruttivo: costruire uno spazio per il confronto sui temi sociali”, con tanto di form online per proporsi a collaborare. Do per certo che finirà nel nulla, come altre iniziative precedenti improntate alla super-esclusività. E do per certo anche che iscriversi senza presentare una patente certificata di qualità, ossia senza una provenienza de sinistra e un bel numero di follower o contenuti da vampirizzare, comporterà di sicuro l’essere ignorati dai due guru dell’antisessismo en rouge, che applicheranno gli stessi parametri e filtri ideologici di esclusione di cui sono stati vittime da parte di quella che ancora si ostinano a chiamare sinistra. Termine che però è ormai un’eco che risuona nel nulla.
Influencer come Wesa, Pani, Casto e tanti altri, sono infatti ancora prigionieri di un paradigma che si radica sul piano psico-sociale e culturale su due livelli. Il primo è quello più “memetico” (oltre che emetico) della sinistra baluardo a difesa degli ultimi, degli oppressi e dei deboli, quell’idea liceale di sinistra fatta di slogan, pugno alzato, “attento fascio che nuncemmetto gnente” e okkupazioni, una sorta di patologia che normalmente passa mano a mano che si matura, anche se si trovano allo stato brado moltissimi soggetti malcresciuti che a cinquant’anni ancora circolano con la maglietta del Che o le borse di lana cotta. Il secondo è quello un pelo più cosciente, fatto di persone che la sinistra l’hanno studiata con un po’ di profondità e hanno ritenuto di poterne trarre principi-guida per se stessi e per l’interpretazione della realtà. Persone come Wesa, Casto, Pani e altri hanno assorbito entrambi i livelli, sono cresciuti a pane, falce, martello e senso di superiorità intellettuale e morale, dunque per loro privarsi di quella prospettiva significa mettere in discussione la propria identità. Ecco allora che finiscono per parlarsi addosso in una crisi da piagnisteo incontinente. Strillano e frignano a fontanella al centro di uno spazio polveroso circondato da macerie e non sono disponibili ad accettare che quella devastazione è ormai lo scenario della sinistra.

La dissonanza ideologica.
Non perché la tradizione ideale di sinistra non valga più e abbia prevalso quella di destra, ben intesi. L’una e l’altra, molto semplicemente, non ci sono più, non sono più strumenti idonei alla lettura della realtà. Nessuno tra i pensatori classici della sinistra o della destra, nemmeno quelli più lisergici alla Engels o alla Evola, sarebbe mai riuscito a prevedere un presente come quello attuale. Gli unici ad azzeccarci un minimo sono stati romanzieri estrosi alla Wells, Zamjiatin, Orwell, Huxley, Burgess. I nostri influencer sanno, ma fingono di non sapere, che negli Stati Uniti ci sono due persone che, grazie a un chip impiantato nel cervello, possono comandare un computer con la forza del pensiero (con la forza del pensiero!!!) e che il promotore del tutto, tale Elon Musk, sta cercando volontari per implementare ulteriormente questa realtà. Il tutto mentre in Cina stanno lavorando all’impianto di una connessione elettronica sulla spina dorsale di un soggetto rimasto paralizzato per una frattura alla colonna vertebrale, in modo da permettergli di tornare a camminare. Parliamo di umani “chippati”, pionieri di futuri umanoidi. Uno scenario che rende degne di considerazione le previsioni apparentemente visionarie di taluni analisti secondo cui in futuro ci sarà una classe sociale dominante costituita da umani plus integrati con le macchine e una classe subordinata costituita da tutti gli altri. A fronte di tutto questo i cari vecchi Marx, Proudhon, Pareto, Croce, eccetera, che strumenti e chiavi di lettura utili danno? Nessuno.
La prova? In linea teorica la sinistra dovrebbe appoggiare il progresso e la destra proteggere e conservare la tradizione. Dovremmo attenderci dunque di vedere la Pani, Casto, Wesa e quelli come loro convintamente schierati per questi esperimenti-Frankenstein transumani in corso e la destra nettamente contraria. In effetti un po’ è così, ma anche un po’ no. Oggi Musk è lo spauracchio di quelli de sinistra e un eroe per quelli di destra. Ma soprattutto risulta vero anche il contrario: una persona sinceramente di sinistra, prevedendo le terrificanti prospettive di una nuova lotta tra due nuove classi sociali (i borghesi “chippati” contro i proletari “non chippati”), dovrebbe opporsi all’ingegneria umanoide, che invece dovrebbe piacere alla destra amante dell’ordine e del controllo. Insomma, applicando le categorie ideologiche classiche al presente e al futuro si ottiene un guazzabuglio dove sinistra e destra non si riconoscono più e dove i piagnucolosi Wesa, Pani, Casto si perdono a tal punto da far venire in mente non tanto un Nanni Moretti che supplica Massimo D’Alema («di’ qualcosa di sinistra!»), che sarebbe fin troppo nobilitante, ma un gruppo di grigi esperti in stenografia tristi e instupiditi di fronte a Siri o Alexa. O ancora intellettuali che in piena rivoluzione industriale si interrogassero su dove diavolo siano finiti i guelfi e i ghibellini e perché non ci si possa più confrontare con loro.

Identità e business.
Cosa ha a che fare tutto questo con l’antisessismo, l’antifemminismo e l’anti-gender e dunque anche con gli influencer multi-K follower di YouTube che se ne vorrebbero occupare? Ha molto a che fare. Smarrendosi nei labirinti del parlarsi addosso, prigionieri dello schema sinistra/destra per loro troppo identitario per poter essere abbandonato, costoro finiscono per auto-castrarsi e rendere ogni iniziativa fallimentare. Casto che propone temi critici agli LGBTQ+ è commovente nella sua ingenuità, così come la Pani che si turba perché le danno della destrorsa dopo aver scritto fiduciosa di antifemminismo sulla rivista della casa editrice fondata da un bombarolo maldestro appartenente alla sinistra al caviale degli anni ’70. Troppo fuori dal tempo e dal mondo, troppo imprigionati in memi superati dalla storia per capire che trattare tematiche pre-politiche come il sessismo e le relazioni tra generi facendo selezione preliminare a partire da paradigmi politici superati come quelli di sinistra/destra, oltre ad essere un errore, porta fatalmente a fallimenti e a effetti boomerang (quando non fa la funzione di arma di distrazione di massa…). Ma porta soprattutto all’incapacità di distinguere gli amici dai nemici: chi li ha censurati non ha infatti nulla a che fare con la sinistra loro amica e tutto ha a che fare con il percorso transumano a favore del quale femminismo e gender lottano ogni giorno con grande efficacia. Non l’hanno capito e ci sbattono di muso. E continueranno a farlo probabilmente perché capirlo significa mettere in dubbio elementi identitari troppo radicati ma soprattutto quei tanti K di follower con la maglia del Che e la borsa di lana cotta che non gli perdonerebbero mai se al centro della riflessione iniziassero a mettere Musk al posto di Marx, con la conseguente Liberazione dall’occupazione memetica settantottina e un rientro alla realtà vera del 2025.