di Fabio Nestola. Ancora non si è spenta l’indignazione (rigorosamente online) per la morte di Rosario Almiento a Brindisi, ignorato dai media nazionali, che non hanno dedicato alla prima vittima deceduta in seguito ad aggressione con l’acido nemmeno una riga sui quotidiani o 30 secondi nei tg. Rosario è morto dopo 34 giorni di atroci sofferenze, eppure nessuno tra giornalisti, opinionisti, conduttori tv né tanto meno tra i parlamentari ha alzato un sopracciglio.
Ancora non si è spenta l’eco di quell’ingiustizia mediatica ed istituzionale ed ecco che arriva prepotente una nuova ingiustizia, un insulto, una vera ondata di maleshaming da parte della magistratura. Milano: una donna attende il ragazzo col quale ha avuto una breve relazione, ha pianificato di punirlo, vuole sfregiarlo per lavare l’onta di essere stata lasciata, e lavarla con l’acido. In piazza Gae Aulenti mette in atto il suo proposito criminale, sfregia la vittima e poi si dà alla fuga, ma non riesce a far perdere le proprie tracce, viene arrestata a Ventimiglia il giorno successivo.
Maleshaming sistematico, sia giudiziario che mediatico.
Oggi arriva la sentenza: vittima sfregiata con l’acido, agguato premeditato, riconosciuta la pericolosità sociale, lesioni gravissime come capo d’imputazione, mai un cenno di pentimento, anche dal carcere ha continuato a perseguitare la vittima inviandogli lettere… Condanna esemplare? No. Due anni (che non sconterà in carcere), più due anni (dei quali, forse, ne sconterà la metà) in una residenza protetta. Ha ottenuto la riduzione di un terzo della pena prevista per il rito abbreviato, altrimenti avrebbe avuto una condanna a tre anni. Ricordiamo che Luca Varani per aver commissionato l’aggressione a Lucia Annibali è stato condannato a 20 anni. Vent’anni quando la vittima è una donna, due quando la vittima è un uomo.
Sicuramente chi ha emesso la sentenza sarà in grado di giustificarla con astute acrobazie dialettiche, nelle motivazioni della sentenza nessuno scriverà “perché le donne devono sempre essere giusitificate”, resta il fatto che nella casistica le vittime maschili sono sempre degne di una tutela minore rispetto a quelle femminili. Pugno di ferro o guanto di velluto, a seconda di chi faccia cosa. Notare che gli articoli, proprio come accaduto per l’aggressione con l’acido a Brindisi, nemmeno citano le generalità della vittima. Nome e cognome di Rosario sono stati resi noti dopo la morte, in 34 giorni di agonia nessuno li ha citati. La vittima di Milano è “il barista”, per qualcuno “il 28enne”, per qualcun altro “il giovane ex”, niente di più. Nell’opinione pubblica non bisogna creare empatia per la vittima maschile, mentre invece a ruoli invertiti la vittima è sempre “la povera Lucia, Anna, Filomena, Gessica”. Maleshaming sistematico, sia giudiziario che mediatico.