Rosa Bortolotti settimana scorsa ha pubblicato un succoso articolo sullo sfrenato vittimismo che imperversa ovunque. Voglio utilizzarlo come aggancio per l’ultimo anello di una lunga catena che conferma il delirio vittimista femministicamente corretto al quale tutti, donne e uomini, sembrano genuflettersi con morboso entusiasmo. FASE UNO – Dopo la tornata elettorale del 3 e 4 ottobre partono le lamentele per l’assenza di donne tra i sindaci eletti, perse inoltre le prestigiose poltrone “rosa” a Torino e Roma. L’Espresso (e non solo) la butta sul sessismo, il maschio/bianco/etero che come sempre rappresenta il Male Assoluto, ha tarpato le ali alle donne e risulta come unico vincitore.
FASE DUE – La Ministra Elena Bonetti in un’intervista a Radio Capital dichiara: «Nelle 20 grandi città al voto sono stati eletti solo sindaci uomini perché c’era una minore presenza di candidate donne e non sempre le donne si sono dimostrate all’altezza del ruolo che dovevano svolgere, penso al caso di Roma». Mi costa parecchio riconoscerlo poiché della Bonetti contesto il 99% di ciò che fa, ma stavolta devo ammettere che dice due verità: 1) si presentavano poche candidate donne 2) quelle che già indossavano fasce tricolori non hanno meritato la conferma. Fatti, non opinioni. FASE TRE – Le dichiarazioni della Bonetti scatenano un vespaio, da più parti viene accusata di sessismo. Il piagnisteo sul sessismo è una piaga ormai in suppurazione, una litania quotidiana che coinvolge giornalisti e conduttrici tv, attori e commentatori sportivi, parlamentari e opinionisti tuttologi, perfino le statue ed i cartoni animati. Stavolta a essere accusata di sessismo è la Ministra per le Pari Opportunità. Potrebbe sembrare un ossimoro ma è accaduto davvero.
L’emblematico sfogo di Elvira Lucia Evangelista.
Giuseppe Conte ha smesso i panni di avvocato degli italiani e ha indossato quelli di avvocato d’ufficio della pentastellata Virginia Raggi, accusata neanche tanto velatamente dalla Bonetti di non essere stata una buona SindacA (Virgy alla desinenza femminile ci tiene). Tuona allora Giuseppi: «Dalla ministra pregiudizi contro le donne (…) Pur di condurre un attacco strumentale contro Virginia Raggi la ministra Bonetti ha dimostrato che non basta un incarico istituzionale per rimuovere atteggiamenti pregiudiziali contro le donne (…) non può sfuggire come questa frase riveli la tipica concezione maschilista per cui le donne, quando si cimentano in compiti di responsabilità, stentano, arrancano, spesso non si rivelano performanti». Ecco, oh! Non riesco a capire se Giuseppi si sia inalberato perché hanno osato mettere in dubbio le qualità politiche/amministrative di una sua collega di partito, o perché sia convinto che di una donna non si può dire che è incapace nemmeno quando è l’evidenza dei fatti a dimostrare che lo sia. Eppure l’inefficienza di Virgy-Sindaca è evidente: gliel’hanno sbattuta in faccia gli elettori romani, mica la Bonetti. La Raggi e è arrivata dietro i candidati di centrodestra e centrosinistra ma anche dietro Calenda con la sua neonata lista civica. Uno smacco per la Sindaca perché lo scenario peggiore ipotizzato dal suo cerchio magico era quello del terzo posto.
Scrive “Roma Today”: «L’impressionante perdita di voti di Virginia Raggi e del Movimento cinque stelle. I numeri valgono più delle parole. Al primo turno, nel 2016, Virginia Raggi conquistò 461.190 voti. Cinque anni dopo la sindaca raccoglie in totale 211.816 voti, ovvero 249.374 voti in meno. La lista del M5s ha subito letteralmente un tracollo raccogliendo appena 111.624 voti, ovvero 208.619 in meno del 2016. Ma a perdere, a sorpresa, è stato anche l’appeal della sindaca Raggi, il cui valore aggiunto – rispetto alle liste – nel 2016 pesava 40.755 voti, nel 2021 pesa 32.312 voti». Un mantra della lamentela femminista recita che alle donne, a causa dell’onnipresente oppressione patriarcale, vengono precluse le poltrone che contano. Quindi non hanno occasioni di dimostrare il proprio valore a causa dei complotti intessuti dal maschio/bianco/etero, ma se le avessero… ah, se le avessero! Farebbero faville, strapperebbero applausi a scena aperta, dimostrerebbero con i fatti di essere migliori degli uomini. Virgy ha avuto l’occasione per dimostrare la presunta supremazia femminile da più fonti sbandierata al grido di “il mondo sarebbe migliore se fosse guidato dalle donne”, ma non l’ha saputa sfruttare. Incapace? Sfortunata? Vittima di trame oscure? Non si può sapere, resta il fatto che non l’ha saputa sfruttare. Ecco quindi che Giuseppi tenta di spostare l’attenzione dall’inefficienza al sessismo (a Roma dicono “la butta in caciara”), sfoderando il turbovittimismo femministicamente corretto: «atteggiamenti pregiudiziali contro le donne». Ma c’è chi ha saputo fare di peggio. Elvira Lucia Evangelista, portavoce al Senato del Movimento 5 Stelle, posta su Facebook uno sfogo sulle cause che, secondo lei, non permettono di arginare né la violenza domestica né i femminicidi.
L’importante è riuscire a infilarci il “femminicidio”.
Spazia dal gossip al giornalismo fino alla politica per trovare esempi funzionali alla sua bizzarra tesi:
- la coppia Angiolini – Allegri si sfascia ed Ambra riceve il tapiro di Striscia la Notizia;
- Feltri prova a fare il simpatico su Genovese: se ciò di cui è accusato fosse vero, l’anziano direttore gli riconosce prestazioni per lui inarrivabili;
- infine l’indignazione per le parole della Bonetti poiché «definisce fallimentare la politica del Sindaco di Roma, non in quanto Sindaco, ma in quanto Donna»(notare la D maiuscola).
La portavoce M5S lamenta quindi discriminazione e stereotipi nei confronti “delle donne”, al plurale. No, Evangelista (come mi pesa dare ragione alla Bonetti), non si tratta di stereotipi o discriminazioni ideologiche “delle donne”, la Ministra ha preso atto di una realtà incontestabile: «non sempre le donne si sono dimostrate all’altezza del ruolo che dovevano svolgere, penso al caso di Roma». Quello che dà fastidio ai vertici M5S è “penso al caso di Roma”, quindi pur di non ammettere la débâcle della Raggi è opportuno sfoderare il vittimismo d’ordinanza, estendendolo a tutte le donne. Si sorvola sul dato oggettivo per cui alla Sindaca delle periferie hanno voltato le spalle proprio le periferie, Virgy non ha perso a causa della discriminazione di genere, ha perso perché ha clamorosamente deluso le aspettative dei suoi stessi elettori. Però sembra che una donna debba rimanere inattaccabile inquantodonna, chi dice il contrario è sessista. La chiosa è fenomenale: «Come si può pensare di fermare la violenza domestica o i femminicidi se questi sono gli esempi dati dalle Istituzioni, dai politici e dai giornalisti ai cittadini?». Staffelli che fai, mi incrementi i femminicidi? Partire dal tapiro di Striscia per arrivare al femminicidio è un’acrobazia paradossale da olimpiade, Woody Allen non avrebbe saputo fare di meglio. Nella messa in opera del turbovittimismo qualunquista stile “signora mia, con tutto quello che si sente in giro…”, ormai è normale fare riferimento al femminicidio per mirare alla pancia delle persone, anche quando Allegri mette le corna alla compagna, quando l’attempato Feltri straparla twittando e quando la povera Virgy perde le elezioni.