Bologna, 19 marzo, giorno della Festa del Papà. Compaiono dei manifesti che denunciano la violenza della quale possono essere vittime gli uomini in generale ed i padri in particolare. I manifesti non parlano di uomini assassinati, accoltellati, avvelenati, strangolati o sfregiati con l’acido, che pure esistono a centinaia nonostante lo si voglia disconoscere o squalificare a episodi “irrisori” (cit. MinistrA Eugenia Roccella). Niente di macabro, i manifesti di Bologna parlano esclusivamente di violenza verbale e psicologica, quella che viene da sempre riconosciuta come prerogativa prevalentemente femminile. «La violenza esiste ma bisogna distinguere: quella maschile è fisica, quella femminile è psicologica», è una citazione usata ed abusata ovunque negli ultimi 30 anni. E no, diamine! A Bologna non è tollerabile nemmeno la benevola concessione di riconoscere la violenza psicologica femminile, chi lo dice solleva un vespaio istituzionale.
Quanta nostalgia… Il pensiero corre malinconico ai bei tempi del ventennio, quando il MinCulPop poteva decidere cosa fosse concesso dire, pensare, scrivere, pubblicare. Oggi, ahimè, tale privilegio istituzionale è andato perso quindi, obtorto collo, la politica deve sopportare l’affronto di lasciare spazio anche a opinioni diverse da quelle che ama imporre. Ogni riferimento alle indignate proteste per i manifesti affissi a Bologna è puramente casuale. O forse no? Beh, nelle parole della vicesindacA Emily Clancy c’è un evidente rammarico: «peccato non poterli vietare», ha dichiarato, senza denunciare nemmeno un’oncia di imbarazzo. Già, peccato davvero, qualcuno forse si strugge anche per non poter rispolverare manganello e olio di ricino.

Il rammarico di non poter censurare.
Da cosa deriva tale accanimento contro quattro fogli di carta? Contengono immagini sconce? Insulti alle autorità? Turpiloquio o altre volgarità gratuite? Niente di tutto questo. Solo alcune frasi tipo: “SE TI DICE SEI UN FALLITO È VIOLENZA”, “SE TI DICE TI TOLGO I FIGLI E TI ROVINO È VIOLENZA”, “SE TI DICE SEI IMPOTENTE È VIOLENZA”. Allora dov’è il problema? La feroce indignazione nasce dal fatto che una precedente campagna antiviolenza rivolta alle donne (l’unica lecita) finanziata dalla Regione Emilia Romagna utilizzava manifesti più o meno analoghi per sollecitare le donne a riconoscere come violenza anche una singola frase, invitandole a rivolgersi ai centri antiviolenza. Quindi un messaggio simile è Lesa Maestà, visto che non riguarda le donne vittime in-quanto-donne. Peggio: parlare della violenza psicologica subita dagli uomini squalifica la violenza subita dalle donne, «rappresenta un inganno, è un tentativo di mettere sullo stesso piano i due argomenti, quasi a voler alleggerire il problema gigantesco del femminicidio e della violenza di genere», così ha dichiarato, con la stessa assenza di imbarazzo della Clancy, Gessica Allegni, AssessorA regionale alle Pari Opportunità. Mi sembra giusto, Pari Opportunità significa puntare i riflettori su un solo aspetto del problema, oscurando l’altro. Questa è la vera parità. Ah, MinCulPop, quanto ci manchi…
Sembra esserci una cronica difficoltà da parte di certa politica ad accettare anche la sola idea che esistano persone con visioni differenti dal pensiero dominante. Ancora Clancy: «il mio rammarico è che non possa tradursi in un diniego all’affissione» poiché c’è «il tentativo di mettere insieme cose completamente diverse», come la violenza sulle donne e le sentenze di separazione penalizzanti per la figura paterna. Non ha capito la vicesindacA, o finge di non capire. Forse ha bisogno di essere aiutata e noi, nel nostro innato altruismo, vogliamo aiutare le persone svantaggiate, quelle meno capaci, meno dotate di intuito. Attenzione Emily, puoi farcela persino tu: i manifesti non sono rivolti esclusivamente ai padri separati, il discorso è più ampio. Ad esempio il messaggio umiliante “SEI UN FALLITO” può avere come bersaglio giovani uomini senza figli come pure uomini 60enni con figli di ormai 30 anni e più, che quindi nessun tribunale deve affidare a mammà poiché vivono per conto proprio da anni e magari hanno a loro volta moglie e figli. Allo stesso modo il messaggio denigratorio “SEI IMPOTENTE” non è diretto a chi ha concepito dei figli, ma può essere rivolto a qualsiasi marito o ex marito, convivente o ex convivente, fidanzato o ex fidanzato. Si tratta di violenze psicologiche che non hanno nulla a che vedere con le cause di separazione e divorzio, chiaro adesso?

Manifesti buoni e manifesti cattivi.
Ancora la Clancy, stavolta sull’associazione promotrice dei manifesti: «conforta il fatto che non rappresenta affatto, come vorrebbe farci credere, la totalità dei padri separati». Che c’entra? NonUnaDiMeno non rappresenta affatto tutte le donne italiane, eppure spadroneggia periodicamente lanciando messaggi macabri e violenti, imbrattando tutto con vernice rossa a richiamare il sangue e slogan del tenore “bruciamo tutto”. Tutto a posto, sono azioni femministicamente corrette quindi nessuno e nessunA ha mai mostrato l’indignazione che compare invece per “SEI UN FALLITO”. Due pesi e due misure, la censura di regime decide cosa sia lecito e cosa no. Ah, MinCulPop, quanto ci manchi… A dare manforte alla vicesindacA arriva Giulia Bernagozzi, consiglierA PD: «sono d’accordo sul fatto che questa contrapposizione tra uomini e donne non aiuti affatto il contrasto alla violenza di genere». Non c’è alcuna contrapposizione nei manifesti, non c’è la negazione dei manifesti precedenti che Clancy & Co. vogliono leggerci a tutti i costi. Nessuno ha contestato i manifesti della Regione, la versione in blu vuole semplicemente dire “c’è anche altro”.
È una strategia rodata: chi osa dire “c’è anche altro” viene sistematicamente attaccato dalle benpensanti del vittimismo in rosa: è capitato all’assessore Antonella Baiocchi che a San Benedetto del Tronto ha osato inaugurare una panchina inclusiva contro ogni tipo di violenza (2021). Un vespaio di indignatissime barricadere ha stroncato l’iniziativa che ricordava donne, uomini, bambini e anziani vittime di violenza: devono esistere solo panchine rosse, la panchina inclusiva deve essere distrutta. È capitato all’avvocato Angelo Pisani che a Napoli ha osato diffondere adesivi e manifesti per pubblicizzare la mail 1533 per aiutare gli uomini vittime di violenza (2024). Il vespaio di indignatissime barricadere, parlamentari comprese, ha stroncato l’iniziativa poiché rischiava di togliere visibilità al 1522, unico numero pubblicizzabile a tappeto da anni. È capitato al pool di ricercatori che hanno pubblicato l’indagine conoscitiva sugli uomini vittime di violenza (2012). Il vespaio di indignatissime barricadere ha tentato di delegittimare l’iniziativa al grido di “con tutto quello che subiscono le donne non vi vergognate di parlare di vittime maschili?”. È capitato ai 4 centri che in Italia offrono assistenza a uomini vittime di violenza, tagliati fuori dai finanziamenti pubblici poiché l’unica attività finanziabile è quella che assiste vittime femminili. L’argomento che deve permeare il dibattito pubblico, politico e mediatico è uno solo; l’emergenza più emergenza di tutte è una sola; il bacino elettorale verso il quale convogliare i finanziamenti pubblici deve essere uno solo. Guai a dire “c’è anche altro”, il rischio è che la gente sappia. E sapendo, capisca. Ultima nota, rivolta alla vicesindacA: se non riesce a riconoscere la pericolosità della violenza psicologica subita dagli uomini, se proprio non riesce a cogliere l’effetto devastante che possono avere le minacce fatte dalle donne, se giudica i manifesti blu “uno stravolgimento della realtà”, le ricordiamo il caso di Paolo Silletti. Paolo si è tolto la vita proprio a causa delle continue minacce della moglie: in questo caso “non ti faccio più vedere tua figlia” è stato letale come una dose di arsenico. La richiesta di rinvio a giudizio per la donna è del 18 marzo scorso, il giorno prima dei manifesti di Bologna. Ma i manifesti di Bologna sono uno stravolgimento della realtà.