António José da Silva Coutinho (1705-1739) è stato uno dei più noti drammaturghi portoghesi, mestiere al quale anelava anche Judith, l’immaginaria sorella di Shakespeare nel noto brano di Virginia Woolf. Nel 1737 fu denunciato all’Inquisizione come sospetto di giudaismo e imprigionato assieme a sua madre e a sua moglie. Le due donne furono rilasciate poco dopo. Lui invece fu torturato e trovato colpevole. Nel 1739 fu strangolato e bruciato sul rogo dall’Inquisizione. Quanti capolavori, quanta creatività ha perso l’umanità dalla prematura morte di questo giovane drammaturgo? Se c’è un evento che condiziona in maniera determinante la produzione creativa e inventiva degli esseri umani questo è di sicuro la morte. Ora, tutti moriamo, uomini e donne, la morte è un destino ineluttabile della condizione umana. Ma c’è un’osservazione molto importante da fare quando si parla di mortalità, considerazione che il femminismo evita sempre di menzionare: si può morire per cause naturali (malattie, vecchiaia) e per cause non naturali, esterne o/e violente (incidenti mortali, eventi pericolosi, droga, alcolismo, violenza, guerra, incidenti lavorativi, omicidi, suicidi, cadute o avvelenamenti accidentali…). La morte per cause naturali è spesso un indice di benessere e privilegio: le classi agiate muoiono molto più spesso a letto. La morte per cause non naturali è spesso un indice delle maggiori difficoltà alle quali sono sottoposte in vita gli individui meno fortunati. «In Italia, dalle tabelle dell’Istat, la percentuale massima è del 6,6% sul totale dei decessi maschili , negli anni 1982 e 1991, rispetto a 4% e 4,2% sul totale dei decessi femminili negli stessi anni. Nel 2009, ultimo anno da me censito, 5% e 3,4% rispettivamente» (citazione tratta dal libro La grande menzogna del femminismo, p. 817).
Come si può notare la percentuale di individui che muore per cause non naturali tende a diminuire nelle moderne società, più sicure e meno violente. Certi eventi tragici (terrorismo, mafia, decessi per schiavitù e lavori forzati, guerra, condanne di morte nei tribunali, incidenti mortali sul lavoro diminuiti grazie a misure di sicurezza sul lavoro…) sono stati ridotti o addirittura fatti scomparire. Possiamo dunque ipotizzare che nel passato la mortalità per motivi non naturali fosse molto più elevata, anche perché si rischiava di morire per un nonnulla o per il capriccio del sovrano di turno. Jean-François La Barre (1746-1766), è stato un aristocratico francese giustiziato, non ancora ventenne, per non essersi tolto il cappello al passaggio di una processione. Prima dell’esecuzione fu sottoposto alla tortura: gli vennero spezzate le articolazioni delle gambe, ma venne risparmiato dall’ordine di perforargli la lingua. Fu infine decapitato e il suo corpo bruciato su una pira. Quanti capolavori, quante opere ed invenzioni ha perso l’umanità dalla prematura morte di questo sfortunato giovane? La seconda cosa che possiamo ipotizzare, senza paura di sbagliare, è che il divario di mortalità tra uomini e donne per cause non naturali, che oggi si afferma intorno a 1,5% a danno degli uomini, fosse più elevato in passato, perché la maggior parte degli eventi mortali, che oggi sono stati decisamente mitigati o addirittura fatti scomparire, colpivano in maniera predominante gli uomini. In conclusione, gli uomini avevano molte più probabilità delle donne di morire in maniera prematura e improvvisa di morte violenta; ergo, le donne avevano più possibilità di produrre, creare e inventare degli uomini, grazie a una vita più lunga e “tranquilla”.
Il femminismo si appropria delle tragedie maschili.
Che la morte sia un evento determinante che condiziona la produzione dell’artista lo sa anche Virginia Woolf. Infatti la povera Judith, alla fine del racconto, muore tragicamente. Ora, immaginiamo che il femminismo, coadiuvato dai media e dalle istituzioni, avesse adoperato la tragica morte della ventitreenne Luana D’Orazio sul lavoro per provare la triste e iniqua condizione delle donne nella società patriarcale. Certamente la morte di Luana, giovane donna e madre, è stata strumentalizzata dai media e dalle istituzioni per mettere sotto i riflettori la mortalità sul lavoro: migliaia di uomini morti sul lavoro, e un numero molto inferiore di donne, prima di Luana, non erano riusciti a guadagnare l’attenzione e la preoccupazione sociale. Nostro malgrado dobbiamo evidenziare come per l’ennesima volta l’uomo si è rivelato una vittima invisibile, la malafede dei media e delle istituzioni e la mancanza di empatia per la sofferenza maschile. Ma il femminismo non si è azzardato a propagandare la tragedia dei morti sul lavoro – un ambito nel quale la vittima prevalente, nel 95% circa dei casi, è un uomo –, servendosi della giovane Luana, come esempio dell’oppressione maschile sulle donne. Sarebbe stato profondamente miserabile adoperare una tragedia che colpisce marginalmente le donne, come è la mortalità sul lavoro, per scagliarla contro l’universo maschile e la sua presunta oppressione, che è paradossalmente l’universo più frequentemente colpito da questa tragedia. Virginia Woolf, nel suo brano su Judith, l’immaginaria sorella di Shakespeare, ha fatto proprio così.
L’intenzione del brano è lampante, esplicita nel libro Una stanza tuttà per sé: si vuole denunciare l’oppressione delle donne, il patriarcato. Per fare questo Virginia Woolf immagina una sorella di Shakespeare, Judith, che subisce in vita discriminazioni e ingiustizie che la portano giovane al suicidio. Virginia Woolf avrebbe potuto far morire Judith per le complicanze del travaglio e del parto, poiché era incinta, e la mortalità di parto all’epoca era più elevata. Ma la morte di parto non può essere addebitata al patriarcato, gli uomini non hanno colpe delle arretrate conoscenze mediche o della biologia femminile che esige un dazio da una gravidanza. Il suicidio è la massima espressione di una vita sofferta e insopportabile. Nell’opera La grande menzogna del femminismo, a pagina 649 si può leggere: «Il suicidio, gesto estremo di un eccesso di sofferenza individuale risolto nell’autoannientamento, è probabilmente la spia più importante del disagio sociale. Così lo riconosce il femminismo, ogniqualvolta i suicidi o i tentativi di suicidio colpiscono le donne. I motivi di questi ultimi sono ora la violenza maschile (Ministero spagnolo delle Pari Opportunità), ora il bisogno affettivo per le vedove (Chesler), ora l’infelicità (Greer), il tutto generato naturalmente dalla società patriarcale, dagli uomini». Per assicurarsi l’empatia per la propria causa Virginia Woolf si serve del suicidio, una tragedia che colpisce prevalentemente gli uomini, nell’ordine di circa tre o quattro volte di più, lungo tutta la Storia (almeno dall’Ottocento, da quando esiste una raccolta di dati). Il suicidio di Judith vuole essere la prova conclusiva della discriminazione degli uomini: “le donne si suicidano per colpa del patriarcato”, questo è il messaggio. Un brano paradigmatico dell’oppressione patriarcale che, ribadisco, viene adoperato volentieri dal femminismo e insegnato agli adolescenti nelle scuole! Il femminismo s’appropria delle tragedie che colpiscono prevalentemente gli uomini e le scaglia contro l’universo maschile per vittimizzare le donne: si può essere più miserabile di così?
Pene di morte commutate per le donne.
Per ironia della sorte Virginia Woolf morirà suicida, malgrado fosse stata «mandata a scuola», avesse letto «Orazio e Virgilio» e fosse stata una scrittrice di successo, al contrario di Judith (a dimostrazione che ci possono essere altri motivi, oltre alla mancanza di studio o al riconoscimento sociale dell’artista, che portano al suicidio). Altri artisti e pensatori che, come Virginia Woolf, si sono suicidati, sono Seneca, Ernest Hemingway, Vincent van Gogh, Emilio Salgari, Cesare Pavese, Paul Celan, Jack London, Ernst Ludwig Kirchner, Larra, Francesco Borromini, Thomas Chatterton, ecc. Come si può notare, di nuovo, come succedeva con la detenzione in prigione, predominano gli uomini. La morte prematura tronca senza possibilità di ammenda la produzione artistica e d’inventiva dell’individuo, e Virginia Woolf ne è consapevole. Judith muore giovane, suo fratello Shakespeare continua a creare. Per mettere in confronto questa asimmetrica condizione di uomini e donne, per denunciare quest’ingiusta “realtà” a danno delle donne, Virginia Woolf deve inventare una storia, tra un personaggio immaginario, la donna, e uno reale, l’uomo, Shakespeare. La cosa più assurda è che questo paragone può essere fatto pacificamente, senza alcuna necessità di inventare dei personaggi di fantasia. Il problema, per Virginia Woolf e per il femminismo, è che nella realtà la maggior parte dei casi fotografano un racconto capovolto. In seguito alcuni esempi, con donne femministe o presunte tali.
Constance Markiewicz (1868-1927) è stata una politica irlandese, suffragetta, rivoluzionaria socialista, membro del Sinn Féin, prima donna ad esser eletta alla Camera dei Comuni e prima donna in Europa a ricoprire la carica di ministro (ministro del Lavoro della Repubblica d’Irlanda dal 1919 al 1922). Partecipò alla Rivolta di Pasqua, ribellione fallita avvenuta in Irlanda nella settimana di Pasqua del 1916, nella quale si proclamò la Repubblica irlandese indipendente. Assieme ad altri leader del Sinn Féin, fu arrestata e condannata a morte, pena commutata in prigione a vita «solo a causa del suo sesso», esplicito dalla Corte. Gli uomini non corsero la stessa sorte. Quattordici di loro furono giustiziati. Questi uomini sarebbero potuti diventare ministri, come lo diventò Markiewicz, se avessero continuato a vivere? Cosa sarebbero riusciti a realizzare se non fossero stati giustiziati? Se lei fosse stata giustiziata assiema agli altri, i libri di storia parlerebbero di lei o sarebbero un figura anonima come lo sono i suoi compagni? Elizabeth Gurley Flynn (1890-1964) è stata una sindacalista, attivista dei diritti civili e femminista, che collaborava con il sindacalista e attivista Franklin Little (1879-1917). Little fu aggredito, linciato e impiccato dopo aver promosso uno sciopero di minatori. Oggi il peso delle loro biografie e realizzazioni è dissimile. Quali contributi avrebbe potuto regalare Franklin Little alla società se avesse potuto vivere a lungo come Elizabeth Flynn?
Doppio standard nel suicidio.
Ida B. Wells (1862-1931) è stata un’attivista dei diritti civili, ritenuta anche una pioniera del femminismo negli Stati Uniti d’America. Nel 1892 tre conoscenti di B. Wells furono linciati a Memphis, nel Tennessee, assassinati da una folla di razzisti perché avevano aperto un negozio che stava competendo con successo con un negozio di un proprietario bianco. Se questi uomini avessero vissuto, avrebbero raggiunto una notorietà pari a quella di Ida b. Wells? Albert Parsons (1848–1887) e Lucy Parsons (1851-1942) sono stati un matrimonio di attivisti sindacalisti statunitensi, anarco-comunisti. Lucy Parsons (assieme a Emma Goldman) è ritenuta pioniera dell’anarcofemminismo. Entrambi parteciparono alla manifestazione di Haymarket nel 1886 (origine della Festa dei lavoratori), ma soltanto suo marito fu arrestato e condannato a morte, impiccato, assieme ad altri sei operai, i martiri di Chicago. I nomi di cinque di loro si possono leggere nel monumento eretto a loro memoria, il Haymarket Martyrs’ Monument, dove si erge una figura monumentale di una donna in piede sul corpo di un operaio morto. Oggi la voce Lucy Parsons ha una bella pagina in Wikipedia in italiano, la pagina in italiano per Albert Parsons non esiste. Sarebbe diversamente se il sesso dei coniugi Parsons fosse stato al contrario? In definitiva, la morte condiziona le realizzazioni degli individui, e la morte non naturale, compreso il suicidio, è un tragico evento che colpisce in maggior misura l’universo maschile. La guerra, in questo ambito, svolge un ruolo decisivo, da approfondire la prossima domenica.