Qui la presentazione della serie.
Alexa, detta “mezzapenna”, è la prima delle tante ragazze con cui mi interfaccio su Tinder nel corso degli arresti domiciliari dell’annus horribilis. Un simpatico nanetto da giardino con un bel culo e tanto cinico senso dell’umorismo. Mi presento correggendole un errore di ortografia nella descrizione di sé, che sostiene nessuno abbia mai notato in precedenza. Obietto che nessuno abbia voluto puntualizzarglielo per paura di offenderla e giocarsi le possibilità di andarci a letto. È intesa immediata.
La peculiare prerogativa di parlare da subito senza frapporci alcun velo di romantica illusione, commentandoci persino a vicenda le rispettive conversazioni con terzi, la eleva in breve tempo dal rango di potenziale concubina a quello di “bro”. Presa a cuore la mia ricerca di affetto e di tette, ma impossibilitata a venirmi incontro nell’immediato a causa dell’internamento collettivo, si impegna a darmi una mano a scremare le altre concorrentiste in attesa della riapertura dei cancelli.
L’altruismo, in fondo, si vede nei piccoli gesti.
Un impegno che mantiene anche nel momento in cui decide di ritirare la propria candidatura per concentrarsi sul ragazzo che aveva iniziato a frequentare poco tempo prima dell’apocalisse di muco, ora intenzionato a perseguire una storia seria. Nel dare questa possibilità all’amore, Alexa rimane un giudice spietato di tutte le ragazze che passano per il mio telefono.
“Dunque, che te ne pare di lei?”
“Fammela un po’ vedere…”
Le presento Rosa, un modello da discount di donna vicina ai trent’anni, di quelli con il pacchetto omaggio “ho sprecato i miei vent’anni con l’uomo sbagliato” incluso nella confezione. Capelli bianchi, una figlia da una precedente relazione e una storia di spaccio di coca, lui. Un lustro assieme e una casa cointestata prima di accorgersi che fosse una pessima idea, lei.
Mentre si ripromette, ancora livida per esser dovuta tornare a vivere dai genitori, di scegliersi una persona migliore la prossima volta, io mi riprometto di esserlo e scaricarla entro un mese al massimo dal nostro primo appuntamento, così da farle anzitutto perdere meno tempo. Giusto una botta o due, stando meticolosamente attento a non darle alcuna illusione di prospettiva futura. L’altruismo, in fondo, si vede nei piccoli gesti.
Una tattica spicciola per portarmela a letto.
Ma al primo appuntamento non ci avviciniamo nemmeno. Rosa si ritira dalle danze virtuali già alla seconda settimana di lockdown, sparendo dalla conversazione dopo avermi enunciato che bel risveglio abbia avuto immaginando le mie mani che la massaggiavano.
“Ma che ha in testa questa?”
“Ordinaria amministrazione, Alexa.”
“Se lo dici tu. Avanti la prossima!”
Masha ha davvero un’interessante personalità: terza coppa B, almeno sembra dalla sbirciata veloce che mi fa dare sollevandosi il vestito nel video che mi manda in diretta mentre balla ubriaca sul proprio balcone. Ovviamente dice di non averlo fatto apposta e ovviamente glisso fingendo di crederci, sia mai che utilizzi un vile strumento del patriarcato come l’onestà intellettuale per sottoporre una donna alla tortura inumana di esser ritenuta responsabile delle proprie azioni.
Passata la ciucca, purtroppo Masha ha ben poco da aggiungere al discorso, salvo messaggi audio con la musica che ascolta e tentativi di psicanalizzarmi. I secondi decisamente ambiziosi, ponderati i primi. Con l’assoluta certezza di un bambino che unisce i puntini sulla Settimana Enigmistica, afferma che collegarmi a WhatsApp e non risponderle subito sia una tattica spicciola per manipolarla e portarmela a letto, fingendomi un uomo impegnato.
La invito ad esser propositiva, smette di rispondermi.
La verità è che oltre a lei ne sto manipolando almeno altre cinque per portarmele a letto. Sono seriamente un uomo impegnato! La presunzione con cui pensa che stia adottando nei suoi confronti tutta questa attenzione ai dettagli mi farebbe venir voglia di tirarla giù dal piedistallo, ma altro ci manca che debba dar peso alle decostruzioni di fantasia di una donna in perenne doposbronza.
Ignorarla, ahimé, non la ferma dal prenderci gusto e punzecchiare più a fondo man mano che passano i giorni, fino ad affermare una sera che tutto ciò che costituisce la mia persona, dal mio fisico ai miei hobby, passando per i miei atteggiamenti, sia una conseguenza del mancato superamento delle mie insicurezze adolescenziali. La invito a continuare, ma ritira la mano dopo aver lanciato il sasso dicendo che non vuol essere “troppo cattiva” e chiedendomi di cambiare argomento.
Qual dolcezza! Ha fatto tutto da sola per il gusto mettermi a disagio e ora che ha paura di come potrei risponderle, sapendo di averla fatta fuori dal vaso, è lei a sentirsi a disagio. Faccio il galantuomo e cambio argomento, ma non mi segue. La invito ad esser propositiva, smette di rispondermi.
“Avanti la prossima!”