Secondo round e stavolta tocca a “La Repubblica”. È ufficiale: Giuseppe Apadula ha sempre avuto ragione. È stato bersaglio di una campagna mediatica diffamatoria sulla base di falsità e omissioni. Era evidente a chiunque avesse letto le carte di una vicenda giudiziaria lunga oltre 10 anni, ma ormai la diffamazione di Giuseppe viene riconosciuta anche dai Tribunali. L’agenzia di stampa D.I.Re. lo ha insultato, denigrato ed accusato per anni ledendone l’onore e la reputazione personale, ed è quindi stata condannata al pagamento di oltre 35.000 € tra risarcimento del danno e spese legali. Ora la condanna tocca a Repubblica, un altro di quelli che si sono dimostrati organi di disinformazione di massa in merito alla vicenda Massaro/Apadula; circa 38.000 euro tra risarcimento del danno e spese legali.
Alcuni stralci della sentenza (leggibile integralmente qui): «in data 25.3.2022 la testata aveva pubblicato ben due articoli nello stesso giorno, con titoli e sottotitoli dal contenuto gravemente diffamatorio nei confronti della parte lesa (Giuseppe Apadula). Repubblica aveva quindi dato enorme spazio all’argomento, prendendo una posizione che tradiva evidente malanimo ed una scarsa obiettività». Ancora: «i convenuti non hanno offerto alcuna prova né principio di prova in ordine alla verità anche putativa di quanto accuratamente descritto e dettagliato nelle pubblicazioni oggetto di doglianza, salve le affermazioni della Massaro acriticamente recepite dal quotidiano ed utilizzate al fine di criticare anche l’operato delle istituzioni; nel farlo, si è dipinto l’attore come uomo violento e maltrattante». Tradotto: non esiste contraddittorio, Repubblica aderisce acriticamente alla narrazione della signora Massaro e accusa Giuseppe Apadula di reati mai commessi.

Chi sono i mandanti e protettori politici?
Giuseppe Apadula evidentemente era un bersaglio da distruggere ma, come sosteniamo da sempre, la regia era altrove. La sig.ra Massaro, meglio nota come “madre coraggio” (sic!), non avrebbe potuto violare impunemente sentenze e decreti, non avrebbe potuto nascondere il figlio, non avrebbe potuto estromettere i servizi sociali affidatari del minore, non avrebbe potuto denunciare a decine giudici, curatori, tutori, assistenti sociali, consulenti di parte e d’ufficio, non avrebbe potuto fare nemmeno un millesimo di ciò che ha fatto se non avesse avuto un corposo appoggio istituzionale da parte di soggetti che hanno dichiarato sui social di fare tutto ciò che era in loro potere “ed anche oltre”, specificando che nemmeno Laura poteva essere al corrente di tutto.
Un ristretto manipolo di persone coperte dall’immunità parlamentare ha fatto della ex compagna di Giuseppe Apadula un totem da utilizzare in una battaglia squisitamente ideologica, elevandola a simbolo delle donne vittime di violenza, e ha utilizzato tutta la propria influenza per demonizzare il maschio violento che in realtà violento non è mai stato. Ora il braccio (D.I.Re., Repubblica, e non è finita qui…) deve risarcire i danni causati. La mente istituzionale si scuserà mai?