La Fionda

L’anti-utopia arcobaleno: a che punto siamo?

di Redazione. Si è in attesa di capire, alla riapertura dei lavori parlamentari, quali trucchetti userà la maggioranza filo-arcobaleno per portare a compimento l’orrore legislativo rappresentato dal DDL Zan-Scalfarotto, cosiddetto “contro l’omotranslesbofobia”. Nel frattempo, in questi giorni estivi, l’anti-utopia del sistema sociale e di pensiero tipico della lobby LGBT, ha dato segnali vitali assolutamente importanti, perché danno un quadro molto chiaro di come potrebbe essere il futuro se il loro progetto, di cui il DDL Zan è solo una piccola parte, va a buon fine.

Ha fatto scalpore, nonché il giro del web, il meme fatto circolare dal profilo “Orgoglio bisessuale” secondo cui “non essere attratti dalle persone trans non è parte di nessun orientamento. È parte di una sola cosa e quella cosa è Transfobia”. Un passo avanti importante nella previsione del regime prossimo venturo: non è solo improprio (e vietato) essere contrario per qualsivoglia motivo a determinate logiche, lo sarà anche non essere attratti da certe alternative. A quanto pare, nell’anti-utopia prossima ventura, dovremo tutti farci periodicamente un giretto su un trans per dimostrare la “purezza” dei nostri intenti, oltre che l’assenza di ogni pregiudizio. E se rifiuteremo, col DDL Zan in vigore rischieremo dai 18 mesi di  carcere in su, più svariate multe.

Con il DDL Zan l’insegnante verrà anche incriminato, processato e probabilmente condannato.

Quella di “Orgoglio bisessuale” era una boutade? Forse, ma l’ironia spesso anticipa fenomeni che poi si avverano. Così come l’estero, specie se anglo-americano, da cui importiamo solitamente in ritardo le mode peggiori. Ecco allora che emerge la storia di Peter Vlaming, insegnante di storia e francese alla scuola superiore di West Point in Virginia. Una sua studentessa a un certo punto gli annuncia di aver iniziato “la transizione” e che da quel momento in poi lui dovrà chiamarla con pronomi maschili. A Vlaming la cosa non va per nulla, tra le altre cose è pure cattolico, dunque prima rifiuta poi, a fronte delle pressioni della dirigenza scolastica, prova ad aggirare il problema, ma niente da fare. Alla fine viene licenziato proprio per il suo rifiuto a piegare la sua libertà di parola a una bugia: per quante transizioni farà, la sua studentessa rimarrà biologicamente una femmina e su questo lui non voleva mentire. Al momento Vlaming ha fatto ricorso contro il suo licenziamento. Presto in Italia accadrà lo stesso. E con il DDL Zan l’insegnante verrà anche incriminato, processato e probabilmente condannato. Non è forse anti-utopia questa?

C’è infine Yuval Hadadi, registra israeliano, che spacca il fronte gay con una dichiarazione chiara e netta: avere figli con la maternità surrogata (leggasi “utero in affitto”) è una moda, uno status symbol omosessuale, come tale imposto da coppie famose, da Elton John in giù. Risponde Michael Johnson-Ellis, co-fondatore di “TwoDads UK”: “tutti meritano il diritto di essere genitori”. A parte che i diritti si hanno o si acquisicono, non si “meritano”, qui sta un po’ la questione al fondo di tutto: i diritti possono essere naturali (l’individuo nasce libero, eguale agli altri, eccetera) o frutto di conquiste sociali (il diritto all’istruzione, alla salute, eccetera). Nessun diritto di quest’ultimo tipo sovverte i primi, è una regola fondamentale. Due persone dello stesso sesso non possono procreare, un motivo ci sarà, dunque non si può affermare un diritto innaturale. A meno che non sia una moda, un capriccio, un’indigestione di diritti che passa sopra alla vita di altre persone (donne e bambini), con lo stesso valore del Rolex o della Bentley ultimo modello. Hadadi ha ragione da vendere. E se dicesse ciò che ha detto nella nuova anti-utopia di un’Italia con un DDL Zan in vigore, anche lui andrebbe in carcere, con fior di multe e bocca tappata probabilmente per sempre.



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