Malta è una sorta di “mondo a parte”, sotto tanti profili. È un’isola piccola ma densamente popolata, collocata a metà tra Europa occidentale e Nord Africa. Gode di un’orgogliosa identità tutta sua, con una ricchissima storia alle spalle, arricchita da una lingua che è un interessante mix tra italiano, arabo e turco. Insomma non c’è nulla di paragonabile a Malta. Eppure anche da quelle parti viene registrato un problema piuttosto noto e diffuso in tutto il mondo: l’alienazione parentale. Sì, quella pratica criminale, quella forma di violenza domestica, dove un genitore manipola i figli creando ad essi un potente disagio psicologico e negandogli il diritto a poter frequentare l’intero ramo parentale dell’altro genitore. Statisticamente è una pratica messa in atto nella maggior parte dei casi dalle madri, ma non mancano esempi all’inverso. L’alienazione parentale è una condotta che si manifesta usualmente, talora quasi sistematicamente, nell’ambito delle separazioni coniugali conflittuali.
Ebbene, per la legge dei numeri un siffatto fenomeno dovrebbe essere piuttosto raro in una popolazione come quella di Malta, che assomma meno di 500 mila abitanti. Invece pare che questa condotta violenta sia talmente diffusa da diventare quasi sistemica pure in quel fazzoletto di territorio, tanto da spingere circa 150 genitori separati ad aprire un’associazione, la “Fondazzjoni Happy Parenting Malta for Happier Children“, che nel corso del tempo ha denunciato il dilagare del fenomeno, fino a risvegliare l’attenzione delle istituzioni. Da qualche giorno, infatti, è stato aperto all’interno del Ministero della Giustizia maltese un comitato permanente formato da un rappresentante della citata associazione, dalla commissaria per l’infanzia, da quella per la lotta alla violenza domestica e da un team di esperti legali. Il compito del comitato è individuare e segnalare le mancanze del sistema giudiziario nel gestire, sia per le tempistiche sia per la qualità delle decisioni sui diritti dei minori, i casi di separazione coniugale e la gestione successiva degli affidi.
«Stop all’utilizzo dei figli come strumento di ricatto nelle separazioni», hanno avvisato Edward Zammit Lewis, Ministro della Giustizia maltese, insieme al collega del dicastero per la famiglia Michael Falzon, impressionati entrambi dal numero di casi di manipolazione avvenuti durante la pandemia, in moltissimi casi presa a pretesto per impedire l’accesso dei figli all’altro genitore. E in questo caso emerge nuovamente l’unicità di Malta come realtà politico-sociale: l’intervento contro il fenomeno dell’alienazione coinvolge trasversalmente tutti i settori, compresi quelli che si occupano genericamente di “violenza domestica”. Il problema viene posto come grave devianza che danneggia i minori, non come una guerra tra adulti o peggio sessi. Malta si muove insomma per una tutela a 360 gradi: verso i possibili casi di violenza subita da uomini e donne in ambito domestico, senza però trascurare le violenze più sottili, essendo psicologiche, di cui potrebbero essere vittime soggetti fragili come i bambini.
Questo accade in una piccola isola poco a sud della Sicilia. A nord di quel limite, a casa nostra, si hanno parlamentari che riducono il fenomeno a “junk science” (scienza spazzatura), appellandosi a una “sindrome” di cui ormai non parla più nessuno. Di più: un organismo pubblico, la “Commissione femminicidio” si arroga il diritto di passare al setaccio sentenze emesse non per verificare che siano avvenuti casi di alienazione (come accade a Malta), bensì per assicurarsi che i casi di violenza domestica non siano stati sottovalutati. Il tutto, per altro, senza far sapere che esito tale verifica abbia avuto. Non basta? In Parlamento siedono soggetti che definiscono “maledetta” o “stramaledetta” la bigenitorialità, quel diritto riconosciuto ai minori in tutto il mondo (anche nella piccola Malta) e tentano di ingerire direttamente con l’operato della Magistratura. Ma dato che nel degrado non ci batte nessuno, abbiamo anche comitati e associazioni di “madri vittime della violenza istituzionale” o di donne vittime di “femminicidio in vita” che, oltre a negare recisamente che esista l’alienazione parentale come forma di violenza, addirittura auspicano un’abolizione dell’attuale legge su separazioni e affidi, già di suo applicata in modo distorto, sistematicamente a favore del lato materno. Il tutto mentre l’Italia viene continuamente sanzionata proprio per le sue politiche sull’alienazione parentale. A questo punto: farà prima o poi l’Italia lo sforzo di raggiungere la civile Malta, o è più percorribile un trasferimento in massa degli uomini italiani nella ridente isola del Mediterraneo?