Pietro Genovese: omicidio stradale, condanna col rito abbreviato a 8 anni in primo grado, ridotti in appello a 5 anni e 4 mesi. Alice Nobili: omicidio stradale, condanna patteggiata a 9 mesi. Molti ricorderanno il dramma delle 16enni Gaia e Camilla, investite a Roma dopo avere scavalcato il guard-rail di Corso Francia attraversando dove non era consentito farlo, almeno questo riferivano le cronache. Comunque due giovanissime e preziosissime vite spezzate dall’auto di Pietro Genovese, figlio del regista Paolo. Pochi invece ricordano il 60enne Luca Voltolin, medico infettivologo investito a Milano mentre attraversava sulle strisce pedonali da Alice Nobili, figlia del procuratore aggiunto Ilda Boccassini. Molto diverse, ma veramente molto, sia l’eco mediatica che la pena comminata.
Già nelle fasi iniziali qualcosa non quadrava, come notato anche dal giornalista Frank Cimini: «L’eccesso di informazione finisce per disinformare soprattutto quando ci sono mille pesi e mille misure. Sull’omicidio stradale di corso Francia a Roma i giornaloni si stanno sbizzarrendo a fornire un diluvio di particolari anche saccheggiando dai profili social dei protagonisti e celebrando un vero e proprio processo mediatico. Voglio ricordare un altro omicidio stradale che invece fu secretato dalla procura di Milano e dai media. A ottobre del 2018 Alice Nobili figlia di due magistrati Alberto Nobili e Ilda Boccassini investì e uccise un medico. Il capo dei vigili urbani ex responsabile della polizia giudiziaria della procura intervenne personalmente sul luogo dell’incidente e non è credibile che lo faccia per tutti i sinistri. Non venne eseguito l’alcol test che fanno a tutti i comuni mortali. L’indagine affidata a un pm sostituto procuratore quindi sottoposto dei due aggiunti fu blindata e non si è saputo più nulla» (il Riformista, 31 dicembre 2019).
Il doppio standard come metodo.
Cimini notava ciò che da queste pagine evidenziamo da sempre: una vistosa asimmetria mediatica (nel dicembre 2019 ancora il processo non era concluso quindi non poteva sapere dell’asimmetria giudiziaria) a seconda di chi faccia cosa. Il dubbio sollevato dal redattore de Il Riformista è sul diverso peso specifico non degli assassini ma delle loro famiglie: “solo” un regista il padre di chi ha ucciso le ragazze a Roma, due alti magistrati i genitori di chi ha ucciso il medico a Milano. Diretti superiori, tra l’altro, del sostituto procuratore al quale furono affidate le indagini. C’è anche altro, sarebbe limitativo circoscrivere all’influenza delle famiglie la cronica diversità di trattamento nelle migliaia di episodi in cronaca nera. Nel parallelismo tra i casi Nobile e Genovese la vistosa asimmetria può avere diverse chiavi di lettura: 1) un episodio è degno di attenzione mediatica e sanzioni appropriate quando l’assassino è un uomo, molto meno quando chi uccide è una donna; 2) un episodio è degno di attenzione mediatica e sanzioni appropriate quando le vittime sono donne, però è meno grave quando le vittime sono uomini; 3) Un episodio è degno di attenzione mediatica e sanzioni appropriate quando le vittime sono minorenni, è meno grave quando si tratta di adulti; 4) un episodio è degno di attenzione mediatica e sanzioni appropriate quando chi uccide può contare su solidi appoggi nella magistratura, non lo è quando tali appoggi non ci sono.
Il genere degli autori, il genere delle vittime, l’età delle vittime, l’influenza delle famiglie sugli inquirenti o un insieme di tutto… cosa determina l’attenzione che i media dedicano ad un episodio di cronaca nera? La diversità di trattamento mediatica, ma anche giudiziaria e istituzionale, compare sempre e non sembra dipendere da chi siano e che mestiere facciano le famiglie coinvolte. Gessica Notaro, sfregiata con l’acido, non è figlia di giornalisti ai vertici RAI o Mediaset, eppure ha avuto spazi mediatici enormemente superiore rispetto a Rosario Almiento, che a causa di un attacco con l’acido è deceduto. Anche a distanza di anni dall’evento vi sono aggiornamenti periodici sul processo all’aggressore di Gessica, mentre nulla si sa degli sviluppi giudiziari per chi ha ucciso Rosario. Luana D’Orazio non è figlia di giornalisti ben introdotti nelle redazioni che contano, eppure la sua orribile morte in fabbrica ha avuto attenzione mediatica ed istituzionale enormemente superiore alle migliaia di morti non meno orribili nelle fabbriche, nei campi e nei cantieri.
Vittima uomo, genitori magistrati, e l’impunità è ottenuta.
La pena, poi, è talmente sproporzionata che nemmeno chi la riferisce sembra crederci: ilgiornale.it riporta correttamente 9 mesi ad Alice, ma nell’url scrive 9 anni. La pena a 9 mesi per Alice Nobili nasce da un patteggiamento, procedimento speciale finalizzato a chiudere senza giudizio la vicenda penale. «da un lato premiante per l’imputato, e dall’altro conveniente per l’ordinamento sul piano dell’economia processuale». Conviene quindi all’imputato, che può svicolare dai limiti di pena previsti per legge (dai 2 ai 7 anni per omicidio stradale, con diverse circostanze sia aggravanti che attenuanti) e conviene anche al sistema giudiziario che può snellire la cronica lentezza decisionale. Inoltre la pena più che mite deriva dal mancato accertamento sulle condizioni della conducente il giorno dell’investimento: nessuno fece l’alcol test né gli esami tossicologici ad Alice Nobili. Non è un’imposizione prevista nel nostro ordinamento, ma è prassi consolidata che però nel caso specifico venne curiosamente dimenticata.
Anche la pena per Pietro Genovese a 8 anni in primo grado e a più di 5 in appello era figlia di un procedimento speciale, il rito abbreviato, che prevede la riduzione di un terzo della pena. La quale pertanto, senza il rito abbreviato, sarebbe stata di 12 anni in primo grado e oltre 7 in appello. Inoltre Pietro aveva un tasso alcolemico superiore al limite consentito (per lui, giustamente, non hanno “dimenticato” di effettuare il test) e guidava chattando col cellulare, due elementi che aggravano la posizione dell’investitore. In conclusione: attenzione alla guida, una distrazione può causare la perdita di vite umane. Se proprio vi trovate ad investire qualcuno, abbiate cura di essere una donna che investe un uomo, non viceversa che le cose si complicano. L’ultima precauzione, ma forse la più importante, è quella di accertarvi che i vostri genitori abbiano fatto carriera in magistratura. In Italia funziona così.