Un paio di settimane fa ancora infuriava la discussione pubblica su quel tema… cruciale per la vita e il benessere di tutta la società occidentale chiamato catcalling. Pur essendoci in passato già espressi sul tema in modo compiuto e conclusivo, un gran numero di lettori e follower ci segnalavano l’esigenza di elaborare ancora qualche contenuto nuovo, magari partendo dal molto materiale che si stava producendo e diffondendo in quel momento. Tra i contenuti che ci venivano segnalati di più c’erano un video di Marco Crepaldi, dove il vlogger proponeva di stabilire una sanzione amministrativa (ammenda) per chi facesse catcalling, e un video degli youtuber “The Show”, a cui lo stesso Crepaldi faceva riferimento nel suo video. La questione è stata presa in carico dal nostro Davide Stasi, che ha realizzato un lungo video di commento e debunking congiunto di entrambi i video, facendone scorrere alcuni spezzoni e commentandone le parti salienti. Abbiamo postato il video all’interno di questo articolo dedicato al catcalling e sicuramente molti di voi l’hanno visto. Anche molti non-lettori de “La Fionda” l’hanno visto, commentato e apprezzato. Fino a tre giorni fa, nonostante la lunghezza e la complessità, era uno dei video più visti sul nostro canale YouTube. Ebbene, se andate a cercarlo adesso, non lo trovate più.
Accade infatti che il video finisce sotto contestazione e, sulla base delle “regole della community”, viene sospeso. La contestazione attiene al copyright, dunque parrebbe che in qualche modo il nostro contributo abbia leso la proprietà intellettuale di qualcuno. Sulle prime non capiamo: non abbiamo usato spezzoni di film o musiche, dunque di che copyright si parla? Scavando nei meandri delle procedure di YouTube alla fine arriviamo al punto: la rivendicazione rispetto al copyright arriva dall’indirizzo email “theshowisyou@gmail.com“, ovvero proprio dagli youtuber di “The Show”. La questione si fa subito chiara: pur non conoscendo quale sia la disciplina (quella legale, non quella irrilevante delle “regole della community” di YouTube) del copyright per i contenuti video di YouTube, è piuttosto evidente che il problema dei “The Show” non è la proprietà intellettuale. È infatti pratica comune quella di prendere spezzoni di video di altri da utilizzare come strumenti di riflessione o occasioni di commento. Crepaldi stesso lo fa, nel suo video sul catcalling, mostrando spezzoni dello stesso video dei “The Show”, senza però che ciò abbia comportato alcun tipo di segnalazione. Forse perché Crepaldi faceva un endorsement del contenuto dei “The Show”, mentre noi lo criticavamo (diciamo pure: lo facevamo a brandelli)? A conti fatti, nel linguaggio veicolato dai video gli spezzoni altrui sono come i link ipertestuali che mettiamo spesso dentro il testo dei nostri articoli, come rinvio a contenuti terzi. Sono referenze, ben diverse da una violazione dei diritti d’autore, che ci sarebbe se copiassimo di sana pianta articoli altrui o se ricaricassimo i video sul nostro canale come se fossero nostri.
La malafede dei “The Show”.
Non solo: esattamente come i link ipertestuali, gli spezzoni, lungi dal danneggiare la proprietà intellettuale, sono anzi stimoli per chi guarda ad andare a vedere l’originale. Sono dei regala-click. Stasi stesso lo dice in apertura al nostro video: «prenderemo spezzoni cercando di non decontestualizzarli. Se però qualcuno non si fida o ha dubbi, può andarsi a guardare il video integrale». Per questo avevamo messo nella descrizione del video il link al contributo di “The Show”, di fatto facendogli pubblicità, favorendo il passaggio verso il loro canale. E lo facevamo ben due volte: a un certo punto Stasi menzionava altri video degli youtuber, con titoli volgari e sessisti, per dire che forse non erano così tanto qualificati per salire sul pulpito della condanna del catcalling. Anche questo è sicuramente uno stimolo per i visualizzatori ad andare a scavare tra i contenuti dei “The Show”. Insomma, è più probabile che abbiamo regalato views a quei ragazzi del fatto che li abbiamo danneggiati per motivi di copyright. Essi ne sono pienamente consapevoli, ne siamo certi, e abbiamo tre motivi per pensarlo. Il primo, il principale, è che il nostro debunking li ha profondamente disturbati. C0m’è legittimo fare in un confronto pubblico, segnalavamo quella che ci pareva (e ancora ci pare) una parzialità vergognosa dell’informazione veicolata e la scarsa credibilità del loro “esperimento sociale”. In taluni casi svelavamo anche ciò che a noi parevano trucchi comunicativi pianificati, messi in atto allo scopo di trasmettere un messaggio calcolatamente criminalizzante del genere maschile. Il loro video non ne usciva bene, va detto. Ma così accade quando ci si espone distribuendo contenuti pubblici: si può trovare consenso o dissenso, e nel dissenso si può trovare qualcuno che ti critica fortemente fino a farti a pezzi. La reazione normale dovrebbe essere quella di confrontarsi, sostenere le proprie posizioni o ammettere di aver sbagliato, comunque entrare in un dibattito, anche aspro se serve, con chi ti ha criticato. I “The Show” hanno preferito invece usare i mezzucci censori messi a disposizione da YouTube.
Un secondo aspetto che ci induce a pensare che il copyright non c’entri nulla è il fatto che proprio nel giorno in cui arrivava la loro contestazione e il nostro video veniva rimosso, i “The Show” pubblicavano un nuovo video, ancora dedicato al catcalling. Per la serie: batti il ferro finché è caldo. Chiaro che con il nostro video ancora in circolazione, con la sua carica demistificatoria, la loro nuova produzione (che non abbiamo guardato e non guarderemo) perdeva mordente, rischiava di finire più sbeffeggiata che apprezzata. Ed ecco allora la strana coincidenza, la curiosa sequenza temporale: segnalazione, rimozione del nostro video, successiva pubblicazione del loro nuovo contenuto. Un caso? Non crediamo… Il terzo elemento che prova quella che secondo noi è la profonda malafede dei “The Show”, è il fatto che non abbiano risposto alla nostra email. Quando c’è una contestazione, YouTube ti dà due possibilità: scrivere a chi ha fatto la contestazione per vedere di trovare un accordo, oppure forzare la riammissione del video contestato. In quest’ultimo caso YouTube avverte che chi ha fatto la contestazione ha titolarità per fare denuncia formale per violazione del copyright. Noi optiamo subito per la prima soluzione e scriviamo questa email ai “The Show”, a firma congiunta del coordinatore Davide Stasi e degli altri. Com’è nel nostro stile, parliamo molto schiettamente. Il concetto centrale è: la vostra segnalazione è “sporca”, si vede lontano un miglio. Vi è rimasto di traverso il nostro debunking? Bene: porte aperte per un confronto pubblico, sul catcalling come su qualunque altro tema di vostro interesse e di nostra competenza. Il tutto perché è doveroso per chi fa comunicazione pubblica mettere a confronto le proprie opposte posizioni e farlo pubblicamente. È un dovere etico, se si affrontano temi d’interesse sociale. Ebbene, alla nostra email i “The Show” non hanno risposto, a conferma di quella che a noi pare una chiara malafede.
Basta giocare con secchiello e paletta.
A quel punto ci siamo chiesti: “che fare?”. Ne abbiamo discusso a lungo al nostro interno. L’opinione prevalente è stata quella di forzare la ripubblicazione: se i “The Show” si ritengono in buona fede danneggiati per questioni di copyright, ci porteranno in tribunale e lì vedremo chi ha ragione. Il problema è che, come manifestato anche nella nostra email ai “The Show”, un finale tra le toghe per una questione così sarebbe davvero il top dell’assurdo. Altri eventi, che vi racconteremo probabilmente prossima settimana, ci hanno poi trasportato a forza verso un’altra soluzione dal duplice scopo: mettere comunque a disposizione il nostro video e contemporaneamente perculare i “The Show” e la loro cattiva coscienza, in modo che si sappia chi sono, come agiscono e con quanta buona fede producono e diffondono i loro contenuti. Dunque riecco qua sopra il nostro video “incriminato” sul catcalling. È uguale a quello rimosso, salvo per le parti dove mostravamo il video dei “The Show”. Ora le loro immagini appaiono sfocate e irriconoscibili e sopra di esse appare una nostra descrizione a parole di quello che si dovrebbe vedere. Rimane l’audio, essenziale per comprendere il tutto e seguire il filo del nostro ragionamento. In apertura di video spieghiamo come mai invece delle immagini che scorrono ci sono le descrizioni scritte, in modo che chi capita sul nostro video sappia di che pasta sono fatti i “The Show”. In un colpo solo, così, teniamo attive le citazioni necessarie per lo svolgimento del nostro ragionamento, chiariamo al pubblico quale sia lo spirito democratico dei giovani youtuber e rimuovendo le immagini creiamo un nonsense che speriamo induca questi campioni della giustizia sociale, ma non della libertà di parola e critica (scommettiamo che i “The Show” sono favorevoli al DDL Zan?), a vergognarsi abbastanza da ritirare la segnalazione al nostro primo video. Fermo restando il nostro invito a loro a fare un contro-debunking di ciò che diciamo noi (se ne sono capaci) o a un confronto su un qualunque argomento attinente ai temi di cui ci occupiamo.
Noi non abbiamo paura delle critiche, cari fanciulli dei “The Show”. Saremo anche “boomer”, come dite voi, ma forse è proprio questo essere vecchio stampo a renderci quasi fanaticamente leali al principio democratico del confronto di idee e a quello dell’intangibilità della libertà di parola e di critica. La censura, con la relativa figura di merda e perdita di credibilità, la lasciamo a voi, a meno che non ci ripensiate. Noi intanto il video lo rimettiamo su, modificato, sperando non solo che non abbiate la faccia di legno di segnalarlo di nuovo, ma anzi che abbiate un rigurgito di coscienza tale da capire che riattivare quello precedente vi conviene in termini di views, anche se nel merito non ne uscite benissimo. Tanto a voi interessano le visualizzazioni, no? Mica la credibilità dei contenuti… quelli sono un optional nel mondo della comunicazione web e social di oggi. Mai come di questi tempi vale il motto: “bene o male, purché se ne parli”. E allora, da bravi, basta giocare con secchiello e paletta, diventate uomini e, se vi stanno sulle palle le nostre opinioni, venite a contestarle apertamente, pubblicamente e pacatamente. Dalle nostre parti sarete sempre i benvenuti, se portate argomenti pro, ma ancor più se ne portate contro.