Qualcosa di molto positivo si stava muovendo. Un certo interesse per il confronto con le nostre tesi e posizioni si stava manifestando in modo sempre più ampio nelle aree più ragionevoli e intelligenti del territorio che ci è controparte. In questo contesto è nato il dibattito con l’associazione “Bon’t Worry”, magari un po’ disorganico nella sua condotta (i due mondi non si parlavano da decenni, avevamo molte cose da dirci…), ma comunque significativo per i contenuti portati da tutti e soprattutto per la pacatezza dei toni e il rispetto reciproco. Un formidabile passo avanti per chiunque sia interessato a queste tematiche. A stretto giro si era poi aperta un’altra chance di confronto, ugualmente importante e autorevole: con il patrocinio di Arci Atea, era stato pianificato per il 24 maggio un dibattito online tra me e Fabrizio Paoletti, associato di Arci Atea, operatore presso un “centro per uomini maltrattanti”, tra i fondatori della “Rete Genitori Rainbow” e vincitore del titolo di “Mr. Leather” nel 2017. Difficile immaginare una figura più distante per idee da uno qualunque degli autori de “La Fionda”, quindi anche da me. Una distanza che era garanzia di un dibattito sicuramente appassionato e di contenuti importanti, in sé e in quanto strumento di riflessione da porre all’attenzione di chi avrebbe ascoltato. Il titolo dell’incontro avrebbe dovuto essere “Homo homini lupus? – La narrazione della violenza di genere tra società, media e legislazione”. Un tema aperto, estremamente stimolante, con l’alta probabilità di andare a toccare molti punti chiave della realtà attuale. Per questo stavo preparando una relazione al massimo livello delle mie capacità ed ero entusiasta del lavoro e dell’opportunità messa a disposizione da Arci Atea. Purtroppo però l’incontro è stato annullato.
Accade che nella riunione del Direttivo Arci Atea del 13 maggio la quasi totalità dei membri si scaglia contro la Presidente Lina Sturmann per aver concepito un incontro in cui fosse coinvolta “La Fionda”, in generale, e in particolare me. Stando alle critiche mosse alla Presidente, la mia persona avrebbe fatto fare «una brutta figura» ad Arci Atea. Per dimostrarlo alcuni zelanti attivisti di Arci Atea hanno prodotto fior di pamphlet eruditi dove mi si accosta a Diego Fusaro (!), Steve Bannon (!!) o Matteo Salvini (!!!) nella volontà di fare scandalo «per aumentare l’audience». Come se l’aumento dell’audience possa essere uno scopo in sé e non uno strumento per far soldi, cosa da cui invece siamo immuni, non essendoci pubblicità sui nostri siti e canali. Ma tant’è… «Ormai Nonunadimeno, ecc. si rifiutano di partecipare a eventi in cui è presente Stasi», è stato scritto, come se essere oggetto di repulsione da parte di pericolose fanatiche para-terroriste rappresentasse un difetto e non un motivo d’onore. In altre parole, si dice, «organizzare un evento con lui ci esporrebbe alla critica (motivata) di tutti i nostri interlocutori attuali e potenziali». Motivi politico-opportunistici dunque: confrontarsi con una voce non conformista sarebbe segno di apertura libertaria al dibattito, ma non conviene per non perdere gli agganci giusti, dunque: niet! Fin qui niente di male o di nuovo: siamo nel campo dell’opportunismo e in quello miserrimo dell’attacco al ragionatore per evitare di attaccare i ragionamenti. Poi però arrivano le osservazioni più spregevoli: mi si accusa di fare agenda building (che manco so cos’è, ho dovuto cercarla su Wikipedia…), di essere “negazionista” e di produrre «fake, distorsioni, negazioni, stupidaggini». A me non pare. Non c’è articolo de “La Fionda” che non sia inzeppato di link, dati e documenti ufficiali. Sappiamo che, dalla nostra posizione, dobbiamo dare solide basi alle nostre asserzioni. Eppure così veniamo archiviati dalla maggioranza di Arci Atea. Sarebbe più semplice, se credessero davvero in ciò che dicono, venire sul campo e farci a pezzi: se siamo spacciatori di fake e stupidaggini, dovrebbe essere piuttosto agevole riuscirci. Invece no, la Presidente Sturmann viene bombardata di critiche virulente e alla fine deve cedere al Direttivo: incontro annullato.
Non abbiamo paura di mettere le nostre a confronto con quelle degli altri.
Non ci vuole molto per capire che tutto il parapiglia scoppiato attorno al vertice Arci Atea relativamente al mio invito ha un’origine sola, molto semplice ed evidente: la paura. Paura di confrontarsi, di sfidare le proprie credenze sottoponendole alla critica di qualcuno che la pensa in modo diverso, di vedere il proprio paradigma ideale smontato pezzo per pezzo in pubblico. Non perché si sarebbe parlato di credenze religiose o ateismo, tematiche fuori dalla nostra competenza, ma perché all’interno di Arci Atea è maggioritaria una feroce e livorosa corrente femminista intersezionale e queer. Lo si capisce già solo guardando i materiali del sito. Esiste una minoranza, di cui la Presidente Sturmann probabilmente fa parte, che non ha paura, conosce la funzione positiva del dibattito e della contesa pubblica delle idee, è consapevole della potenza della libertà di parola e non ne teme le conseguenze ma, appunto, è una minoranza. A prevalere è la pavidità di chi è consapevole della debolezza dei propri paradigmi e dunque sfugge al dibattito, esclude tirannicamente gli interlocutori semplicemente additandoli a un’indegnità certificata da loro stessi, a prescindere.
Io personalmente, e con me ogni autore de “La Fionda”, su questo stiamo sul versante opposto. Siamo felici quando ci invitano in incontri dove già si sa che tutti sono vicini alle nostre posizioni, ma siamo raggianti quando si creano le condizioni di un dibattito con vere controparti. Non perché cerchiamo audience, per imporre un’agenda, per vincere la contesa verbale, tanto meno per convincere l’interlocutore, bensì perché amiamo mettere alla prova le nostre idee. Lo scenario ideale è quello dove qualcuno ci bombarda di critiche e controdeduzioni: sono situazioni dove si fa “il tagliando” alle proprie opinioni, con la possibilità di modificarle e migliorarle. Uno dei nostri motti è preso direttamente da Bertrand Russell: «non morirei mai per le mie idee, perché potrebbero essere sbagliate». Per questo non abbiamo paura di mettere le nostre a confronto con quelle degli altri. La maggioranza di Arci Atea pare non essere dello stesso avviso. Coprendosi dietro il paradosso della tolleranza di Karl Popper (una sciocchezza di per sé, ancor più quando malinteso, secondo cui è giusto essere intolleranti con gli intolleranti), priva chiunque sia interessato di una buona occasione di crescita, ed è un peccato.
Il dovere di confrontarsi.
Mi sono talmente rammaricato di quanto accaduto, più per l’annullamento dell’incontro che per le critiche superficiali avanzate nei confronti miei e indirettamente de “La Fionda”, che un minuto dopo aver ricevuto notizia dell’annullamento ho proposto una soluzione alternativa: offrire a Fabrizio Paoletti di fare comunque il dibattito, senza il patrocinio di Arci Atea e usando i nostri canali, magari con un moderatore “terzo” a garanzia di correttezza (anche se non ce ne sarebbe alcun bisogno). Purtroppo ha declinato. Le motivazioni non sono chiarissime in realtà. La prende da lontano parlando di «sistema eteronormativo maschilista patriarcale», di delitto d’onore, di matrimonio riparatore, del divieto di carriera per le donne in magistratura o nelle Forze dell’Ordine, il tutto per dire che le nostre posizioni sono troppo inaccettabili per acconsentire a un confronto. Nemmeno lui dunque scende nell’agone del confronto per falsificarle nel merito, ma si ritira asserendo che «mancano i presupposti per scambi proficui» e che intende impegnarsi solo «su progetti su valori e promozione di valori limpidi».
Che i nostri valori siano non proficui e torbidi viene sentenziato così, motu proprio, non con una loro eventuale demistificazione argomentata. Anche in questo caso non ci resta che dire: peccato. E sottolineare una volta di più la diversità di approccio: noi siamo pienamente consapevoli che esistono posizioni diametralmente opposte alle nostre, e non solo non ci sogniamo minimamente di delegittimarle a monte evitando il confronto, ma anzi le andiamo a cercare riconoscendo loro piena cittadinanza, anche quando estremissime. La conventio ad excludendum ha regole e criteri ben precisi e si applica a chi si fa portatore di idee che i fatti, la storia o l’attualità comprovano (e condannano) come criminali o criminogene. Per questo l’apologia di fascismo o i discorsi antisemiti o razzisti sono oggi reato. Tutto ciò che non lo è ha piena dignità di esprimersi e il dovere di confrontarsi con le controparti, con coraggio e saldezza nei propri principi. Per noi è così. Per la maggioranza di Arci Atea invece no. E secondo me hanno fatto peggior figura così che non accettando di mettersi nelle mie grinfie.