Traccia: come faccio oggi a fare casino ed ottenere un po’ di visibilità? Svolgimento: entro nella comfort zone femministicamente corretta, indosso i panni della paladina delle donne e cerco un pretesto per gridare allo scandalo maschilista. L’hanno fatto persino per la diseducativa favola di Biancaneve, baciata dal principe mentre dormiva tanto profondamente da sembrare morta – quindi senza poter esprime il consenso – pertanto vittima di evidente violenza sessuale. I fratelli Grimm nel 1800 pensavano ingenuamente di inserire nella favola un happy end poetico, romantico, positivo e comunque gradito ai bambini, ma per fortuna sono arrivate le più agguerrite Savonarola del XXI secolo a spiegare la terribile verità: baciare la ragazza morta è un inno alla necrofilia poi, visto che la presunta morta si sveglia, è violenza sulle donne perché non aveva chiesto di essere baciata. Ancora peggio è andata alla Disney, colpevole di aver trasformato la favola in immagini. E vai con le accuse di maschilismo, oppressione di genere, patriarcato, fallocrazia, mascolinità tossica e tutto il resto del repertorio femministicamente corretto. Dopo il polverone sollevato contro la favola di Biancaneve, non c’è da stupirsi più di nulla. Infatti …
Un matrimonio militare è l’occasione per la nuova “crociata a difesa dei diritti delle donne”, così la definisce testualmente il Corriere del Mezzogiorno. Tale avvocata Carmen Posillipo assiste, dice lei, a un matrimonio militare e si indigna per la passerella finale. All’uscita dalla chiesa la coppia appena unita in matrimonio passa sotto una galleria di sciabole formata dai commilitoni dello sposo, al termine il passaggio è sbarrato da due lame incrociate che, solo dopo il tradizionale bacio, si alzano e lasciano liberi gli sposi. Fin qui tutto ok, non ci sono recriminazioni per le sciabole simbolo fallico, le divise simbolo guerrafondaio, perché l’esercito è maschilista, perché ci sono poche donne ai vertici militari, se il mondo fosse governato dalle donne sarebbe migliore, etc. Lo scandalo arriva alla fine: il rito prevede che un soldato faccia cadere il cappello dello sposo e la sposa lo raccolga. Orrore! Parte la crociata a difesa dei diritti delle donne: «è il rituale più maschilista al quale ho assistito», tuona Posillipo, «una scena del genere è fuorviante e diseducativa». L’indignazione è ancora maggiore per un corollario del rituale, quando un altro militare dovrebbe dare un colpetto con la sciabola al fondo schiena della sposa. «Un gesto sicuramente poco regale ed elegante, maschilista e di chiara sottomissione».
E se il militare è la sposa?
Il colpetto di sciabola non viene dato nella cerimonia alla quale l’avvocata assiste, ma qualcuno deve avergliene parlato e lei si indigna lo stesso. Inoltre, visto che molte di queste iniziative vengono realizzate con l’appoggio della Polizia di Stato e dei Carabinieri, l’avvocata crede sia giusto che proprio le forze dell’ordine facciano il primo passo rettificando il rito. Staremo a vedere cosa risponderanno, se risponderanno, i vertici militari, la polizia ed i carabinieri. Intanto, dal nostro modesto osservatorio di analisi sociale, azzardiamo alcune riflessioni. Ci documentiamo, è una pessima abitudine alla quale non sappiamo rinunciare, e veniamo a sapere che il gesto del cappello ha un significato totalmente diverso da sottomissione, maschilismo, patriarcato etc. Per un militare perdere casualmente il cappello con le insegne de Corpo è un’onta, perderlo in combattimento di fronte al nemico (il colpo di sciabola simboleggia questo) è un’onta ancora maggiore. La neomoglie che lo recupera solidifica l’unità della coppia: non sei più solo, risolveremo i problemi insieme. È quindi un gesto di collaborazione, non di sottomissione. Non è lui che impone ma lei che offre, non è il maschile “sei la mia schiava, devi piegarti al mio volere”, bensì il femminile “da oggi siamo una coppia, qualunque cosa accada sarò al tuo fianco”. Una trasposizione in chiave militare della formula civile che unisce “nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia”. C’è da aggiungere che, secondo una delle diverse fonti consultate, sarebbe in uso anche una variante che prevede sia lo sposo a raccogliere il proprio cappello, mentre un altro militare gli darà uno schiaffo sulla nuca in memoria dei vecchi tempi.
Ovviamente si tratta di goliardia cameratesca, nessuno si è mai lamentato etichettando lo schiaffo sulla nuca (il classico “coppino”) come un gesto di violenta aggressività. L’unione di un uomo e una donna, prima e dopo il matrimonio, registra inoltre una serie di usanze tradizionali che simboleggiano la donna come persona da idolatrare da parte dell’uomo che si mette a sua disposizione, addirittura ai suoi piedi. Si tratta di usanze più o meno desuete in alcune zone e scrupolosamente rispettate in altre, come l’inginocchiamento dell’uomo al momento di consegnare l’anello che sigilla la promessa di matrimonio o l’ingresso dello sposo nell’abitazione coniugale tenendo in braccio colei che, da quel momento, viene incoronata “regina della casa”. Ulteriore riflessione riguarda una novità non proprio recente che l’avvocata Posillipo sembra non aver considerato: come dovremmo leggere il terribile rito del cappello quando la militare di carriera è la sposa? Ormai da tempo vi sono donne in Aeronautica, Marina, Esercito, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza. Si sposano anche loro, pensa un po’. Se una tenente dei Carabinieri sposa un commercialista, una ufficiale dell’Aeronautica sposa un architetto o una cadetta di Marina sposa un medico, il rito del cappello diventa lecito e persino simpatico in quanto non vale più la pena di intraprendere una crociata a difesa dei diritti delle donne? Chiedere è lecito, rispondere è cortesia.
Abbasso le tradizioni matrimoniali!
Traslando dai riti in divisa a quelli in borghese, c’è da chiedersi a quando una crociata contro il tradizionale lancio del bouquet. Da secoli la sposa lancia alle proprie spalle il bouquet di fiori mentre le amiche (rigorosamente donne) si contendono il privilegio di afferrarlo poiché la tradizione vuole che chi vi riuscirà sarà la prossima ad andare all’altare. Un simbolismo terribile: le oppresse in competizione fra loro per sottomettersi all’oppressore. Amiche, parenti e damigelle della sposa vogliono un marito e sgomitare per afferrare il bouquet è beneaugurante in tal senso, ma questa aspirazione al martirio entra in conflitto con la lettura femministicamente coretta che considera il matrimonio una trappola per tutte le donne, una sottomissione all’odiato maskio, al patriarcato, all’oppressione di genere e tutto il resto del solito stereotipato repertorio. Continuiamo a chiederci perché innocenti tradizioni diano tanto fastidio. Volete seguirle? Seguitele e gioitene. Non volete seguirle? Astenetevi e basta, senza bisogno di farne una battaglia “per tutte le donne”. Oltretutto non è sano avere la presunzione di interpretare il pensiero femminile globale, magari ci sono delle donne alle quali le tradizioni piacciono, no? Bene, queste donne dovrebbero essere lasciate libere di seguirle senza invocare l’intervento di Polizia e Carabinieri per rettificarle.
P.S.: tra varie fonti datate abbiamo trovato un articolo recente (marzo 2022) in cui Cristina Giancaspro descrive la cerimonia militare con toni entusiastici, addirittura aulici. Scrive infatti: «Sposarsi in divisa non è solo un sogno: per molte coppie è la pura realtà. Se anche il vostro sarà un matrimonio militare, ecco un articolo in cui vi sveliamo i rituali e tradizioni per un evento intriso di grande regalità». Ops! Non si sa come possa essersi permessa Cristina Giancaspro di non avvertire il sacro afflato femminista di liberazione della donna. Ora incorrerà nelle ire dell’indignatissima avvocata Posillipo?