La Fionda

C’erano tutte le condizioni per un condiviso paritario ma…

Da messaggio privato. Ecco il mio caso. Mia moglie decide la separazione. Io vorrei restare ancora assieme, per la figlia, ma lei è irremovibile. Risparmio i dettagli ma ci tengo a dire che di sicuro non sono un violento. Adoro mia figlia. Ho trascorso con lei tantissimo del tempo libero che avevo, ho giocato moltissimo, le ho insegnato a leggere prima ancora di andare a scuola, ho cercato di trasmetterle quante più cose potevo per aiutarla a crescere forte e sicura del mio affetto.

Il mio potrebbe essere un caso come tantissimi altri, salvo che io e la mia (ancora non ex) moglie facciamo lo stesso lavoro, impegnativo, di qualifica dirigenziale e abbiamo stessi redditi e stessi orari. Mia figlia, fin dall’età di 4 mesi, durante i giorni infrasettimanali è affidata ad una baby-sitter alla quale è (ovviamente) legatissima. Anzi, lei stessa mi ha detto che questa baby-sitter è per lei “essenziale”.

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Contatto dunque l’avvocato. Sono convinto che il nostro caso abbia tutti i presupposti per una vera bigenitorialità. Per un affido condiviso (settimane alterne) con mantenimento diretto. Ma il legale mi spiega da subito che il sistema, per ragioni cultural-tradizionali, è nettamente ancora sbilanciato a favore della donna/madre. L’affido condiviso si potrebbe anche fare ma accorre il consenso della madre, altrimenti, è persa in partenza. Io sono comunque spiazzato (non ho voluto io la separazione), ma le pressioni che ricevo sono fortissime. Il mio avvocato mi consiglia caldissimamente di uscire di casa: ha visto nella sua carriera tante “accuse di violenza” anche solo psicologica, quindi è più prudente.

Firmo allora una sorta di “pre-accordo” con cui mi impegno a uscire di casa entro una certa data (ovviamente, è il padre che deve uscire di casa). Come fanno in tanti, ripiego sui miei genitori. La verità, ammetto la mia debolezza, è che lo faccio più per la loro “vicinanza umana” che per problemi di reddito. Ho infatti un buon stipendio, in questo sono senz’altro più fortunato rispetto a tanti altri padri separati. Ho quindi dovuto affrontare un periodo in cui “riassestarmi”. Tutti quelli che ci sono passati lo conoscono: cambiamento di abitudini, dalle più grandi alle più piccole, perdita di riferimenti consolidati, sicurezze, ecc. ecc. Che vanno a pezzi anche per come viene gestita la cosa. Perché, a proposito di “violenze”, io ne ho subite di verbali, anche in presenza della figlia, tremende. Insulti atroci. Ma lasciamo perdere… tanto che anche un uomo possa subire forme di violenza è a mala pena contemplato a livello teorico.

#separazione_casaInsomma, le trattative per una separazione consensuale mi hanno sempre visto in posizione svantaggiata. Perché tanto i giudici “privilegiano la madre” (e le statistiche lo confermano in modo inequivocabile). Seguono quindi modifiche al “pre-accordo” iniziale. Le mie richieste di affido condiviso vengono comunque sempre “sprezzantemente” respinte. Conclusione: dopo che la (ex) moglie ha fatto comunque ricorso per separazione giudiziale (ricorso che non ho neppure voluto leggere, per tutelare la mia salute mentale), abbiamo depositato “conclusioni congiunte” davanti al giudice. Conclusioni ovviamente ancora peggiorative per me. Adesso pago 1.100 euro al mese (tra mantenimento e baby-sitter), ovvero un terzo del mio stipendio netto, oltre ovviamente a tutte le spese straordinarie. Lo so che può sembrare ingiusto (infatti per me lo è), e che la risposta potrebbe essere: beh, hai firmato un accordo, sono **zzi tuoi. Ma l’ho fatto per ridurre i danni, sempre avendo presente l’orientamento giudiziale.

Di fatto però il mio è un caso da manuale, le condizioni ci sono tutte per un condiviso paritario eppure… non si può. Vedo mia figlia due week-end alternati (sabato e domenica) e i lunedì sera / martedì mattina. Per generosa concessione della controparte, quando mi sarò trasferito in un appartamento che sto sistemando, potrò vedere la figlia anche 2 ulteriori venerdì al mese. Ebbene, siccome non ci sono problemi di violenza abusi o altro, io non voglio essere un genitore di serie B. Non voglio essere il “genitore ludico” che torna buono come “bancomat” (nonostante i soldi che passo ogni mese, senza, lo sapete, alcun obbligo di rendiconto).

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Anche perché i figli questa distinzione la percepiscono benissimo, e si regolano di conseguenza: ti vogliono bene, senz’altro, ma sanno chi è il genitore da cui davvero dipendono. E, in concreto, ne esce molto indebolita la “funzione educativa”. C’è poco da fare: a detta di tutti gli operatori (non ideologicamente prevenuti) del settore, ben poco è cambiato dall’approvazione della legge 54/2006. La bigenitorialità è rimasta in larga parte sulla carta. Permangono i genitori di serie A (le madri) e quelli di serie B (i padri). Ci sono senz’altro padri (ma anche madri) indegni, o ai quali sta bene essere “genitori di serie B”. Ma se un genitore vuole la parità, deve poterla avere. Magari si può operare un distinguo per i figli più piccoli d’età, ma i ruoli genitoriali devono essere paritari.

Se i giudici non danno questa possibilità, deve imporla la legge.



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