Qualche giorno fa è circolata su tutti i media la notizia di uno stupratore colto in flagrante. Un 21enne aveva trascinato una 14enne in un capanno dietro la stazione ferroviaria di Busto Arsizio, l’aveva costretta a bere un superalcolico e, all’arrivo degli agenti, la stava forzando con violenza ad avere un rapporto sessuale. Alla vista delle divise, il giovane ha dato in escandescenze ed è stato immediatamente portato in carcere, mentre la giovane è stata portata in ospedale, dove i medici hanno stabilito una prognosi di 50 giorni. Ciò che mancava nella stragrande maggioranza dei titoli che davano la notizia (e in molti casi anche nel testo dell’articolo, come in questo caso) era naturalmente la nazionalità dei protagonisti di questa orribile vicenda: lui è di origini nordafricane, lei è di origini peruviane. È cosa ben nota: la comunità degli immigrati in Italia esprime la maggior parte dei colpevoli di reati di violenza sessuale, a paragone con la comunità autoctona. Ma non è questo aspetto, ormai sempre più ampiamente riconosciuto, che vorremmo esplorare.
Ci interessa molto di più il contesto in cui questo stupro è maturato. Sappiamo con ciò di andare contro le regole di autocensura che la stampa italiana si è data su questi temi, ma siamo degli inguaribili tradizionalisti quando si tratta di analizzare un fatto. Nella vicenda di Busto Arsizio il contesto si riduce essenzialmente al fatto che i due si sono incontrati dopo essersi trovati e aver chiacchierato per giorni su una app di incontri. Entrambi dunque erano alla ricerca di un’occasione relazionale-affettiva. Lo erano perché tutti gli esseri umani lo sono per natura, specie a un’età così giovane, ed è la naturalezza di questo impulso a decretare gran parte del successo delle app di incontri, che sono il mezzo grazie al quale ogni giorno in Italia si conoscono e si incontrano migliaia (forse decine di migliaia?) di uomini e donne d’ogni età. Incontri che solo molto eccezionalmente terminano drammaticamente come nel caso di Busto Arsizio. Gran parte di quelle eccezioni, come si è detto, è espressa dalla comunità immigrata. Perché accade?
Le aspettative femminili e maschili.
Qualcuno politicamente orientato risponderà cose tipo: hanno una cultura diversa, non rispettano le regole, o addirittura “sono inferiori”. Dall’altra parte qualcun altro dirà: è colpa del razzismo, vanno accolti e compresi, o addirittura “non sanno che in Italia non si può stuprare”. Osservazioni che, ad eccezione delle più estreme, possono in minima misura cogliere qualche aspetto di una verità che però sta altrove. Per trovarla occorre scendere nelle profondità della natura umana e nel tipo di aspettative che essa istintivamente suscita nelle persone che si relazionano. Quali erano le aspettative della giovane 14enne nelle sue ricerche sulla app? Avrà sicuramente valutato le proposte ricevute dai ragazzi in base ai suoi standard estetici, ma soprattutto in base a ciò che essi le scrivevano e a come lo scrivevano nella chat. E il suo vaglio si sarà indirizzato istintivamente verso l’individuazione di una persona di aspetto piacevole che mostrasse di essere capace di rassicurarla e di riservarle dedizione esclusiva, aspettative intrinseche ai meccanismi selettivi delle femmine che cercano una relazione. Che il suo vaglio sia stato inefficiente è dovuto probabilmente alla giovane età e all’inesperienza, ma è indubbio che i suoi impulsi siano stati questi. Come è indubbio che li abbia vissuti con quell’interiore senso di vantaggio, anch’esso innato, derivato dalla consapevolezza di essere il soggetto “cercato”, non quello “cercante”.
Anche lui aveva le sue aspettative, e saranno state aspettative tipicamente e istintivamente maschili. Probabilmente il suo vaglio estetico ha pesato molto di più rispetto a quello applicato dalla giovane su di lui e con ancor maggiore probabilità ha interpretato minimi segnali di gentilezza da parte di lei come una potenziale disponibilità ad avere un rapporto sessuale. Piaccia o no, questo aveva in mente: trovare un’occasione di accoppiamento e magari, come possibile conseguenza, di relazione continuativa. Non perché fosse d’animo cattivo, o perché musulmano o nordafricano o altro, ma semplicemente perché maschio. Un carattere e un insieme di impulsi innati che condivide con tutte le altre migliaia o decine di migliaia di maschi italiani che in quello stesso giorno hanno incontrato altrettante femmine, senza che però l’incontro finisse in uno stupro. Dunque, numeri alla mano, le cause del dramma non stanno nel divario (profondo) tra le aspettative tipicamente femminili della giovane peruviana e quelle tipicamente maschili del giovane nordafricano, un divario che nel peggiore dei casi genera “scazzi” o malumori, non violenze o stupri. Le cause stanno altrove e per trovarle occorre coniugare gli aspetti della natura umana alla sociologia e alla politica.
Gli incel importati.
C’è infatti un elemento cruciale che accomuna i due protagonisti della brutta vicenda di Busto Arsizio: entrambi appartengono a un ambiente socio-familiare ed etnico estraneo al tessuto sociale in cui si trovano a vivere. Per entrambi le difficoltà nel trovare occasioni di relazione affettiva o sessuale sono maggiori rispetto a chi in quel tessuto sociale nasce e cresce assorbendolo come parte del sé. Certo la ragazza, essendo per sua natura il soggetto “cercato”, ha la possibilità di mitigare lo svantaggio dovuto a un fenotipo che potrebbe incontrare difficoltà nel farsi apprezzare da un maschio autoctono, ma è certo che il disagio è anche suo. Non meraviglierebbe sapere che, nel contesto in cui vive, si sente frustrata perché costretta a cercare occasioni di relazione soltanto all’interno della sua ristretta comunità etnica. Peggio sta lui, però: essendo il “cercante”, l’uomo da sempre deve poter dimostrare di essere pienamente padrone dell’ambiente in cui vive e di essere capace di trarre da esso le risorse (pratiche e interiori) che la femmina usualmente individua come elementi attrattivi. Come può un immigrato, anzi come possono centinaia di migliaia di giovani immigrati obbligati a vivere ai margini della società mostrarsi all’altezza di questi criteri e con ciò avere qualche chance concreta di accedere a occasioni di affettività e riproduzione? Semplicemente non possono. Ed è una restrizione che, dal lato genetico, può arrivare a pesare così tanto da persuadere un individuo maschio di poter utilizzare legittimamente l’unico vantaggio di cui si può giovare: la coercizione attraverso la forza.
Si parla, sempre a sproposito, di “incel”, “redpill” e altri, specie ora dopo “Adolescence“, puntando il dito contro giovani occidentali che si trovano in una condizione di esclusione da normali opportunità di relazione e che rispondono alla deprivazione ritrovandosi online, condividendo la frustrazione e, nei casi più gravi, concedendosi orride espressioni di misoginia che, riducendoli a ciò che veramente sono, alla fine non sono che i borbottii della volpe che non arriva all’uva. Oltre a questo gli “incel” nostrani non vanno. Non ci sono notizie di “affiliati” a gruppi incel trovati colpevoli di stupri incontrollati, perché appartengono tutti a una realtà pienamente integrata. Ognuno di loro sa che rispondere alle proprie frustrazioni stuprando comporterebbe un altissimo rischio di perdere tutto ciò che hanno, a partire dal radicamento e dall’integrazione di cui godono all’interno della società, e per questo non si spingono a tanto. Ciò di cui non si parla, invece, sono gli incel di importazione: masse di giovani in piena maturazione ormonale posti però, a differenza di quelli autoctoni, in una condizione di totale alienazione e sradicamento sociali, senza alcuna possibilità di costruire per sé un’architettura personale solida da poter mostrare e offrire nelle occasioni di relazione. L’opzione della violenza per ottenere l’accesso a opportunità riproduttive, nel caso dei maschi, o l’imprudenza e la valutazione insufficiente nel dare accesso a opportunità di relazione, nel caso delle femmine, hanno dunque come causa prima lo sradicamento e l’alienazione degli uni o delle altre. Nel caso di Busto Arsizio il colpevole primo è sicuramente lo stupratore, che giustamente subirà le conseguenze previste dalla legge. Ma i mandanti di quell’atto orribile e di altri simili sono i decisori che hanno aperto e tutt’ora aprono le porte della società a un afflusso di soggetti estranei, senza avere alcuna cura di prevedere processi di integrazione in grado di renderli rapidamente elementi costitutivi di quella stessa società, con tutte le opportunità che da ciò conseguono. Le cause profonde dello stupro di Busto Arsizio e degli altri simili stanno insomma nella pochezza miserabile della politica italiana, oltre che a cause storiche, le stesse che rendono ancora impossibile incontrare in Italia poliziotti, carabinieri o finanzieri di colore, come invece capita normalissimamente in Gran Bretagna o in Francia. E in questo senso, a dispetto di tutte gli inasprimenti repressivi di facciata da parte dei vari governi, la situazione non può che peggiorare.