Gino Cecchettin non smentisce il soprannome che gli abbiamo affettuosamente dato di “prezzemolo”, infatti coglie l’occasione del recente omicidio di Sara Campanella per dispensare i suoi consigli presenziando ovunque. Gino sembra infatti essere diventato la più autorevole personalità italiana per insegnare urbi et orbi vari contenti “standard” della narrazione che criminalizza gli uomini e in varie interviste ha sottolineato la pericolosità dello stalking come “segno premonitore” del cosiddetto “femminicidio”. In realtà, e chi ha letto questo libro lo sa, è noto in letteratura che il vero persecutore raramente sopprime la propria vittima. Certo a Gino non è richiesto conoscere la letteratura psichiatrica in merito, eppure imperversa ovunque a dare lezioni sulla prevenzione, assediato da giornalisti e coccolato da parlamentari che lo coccolano per fargli dispensare consigli a destra e a manca. Temiamo però che, al di là dei suoi deficit scientifici, sia in ogni caso il docente meno indicato per parlare dell’argomento.
Quel criminale di Filippo Turetta ossessionava Giulia da tempo ma nessuno – né la sorella Elena, né il padre Gino, né amiche e conoscenti, né Giulia stessa – ha mai percepito alcun allarme, né lo ha denunciato. Dopo la tragedia è venuto fuori che tutti in famiglia (e non solo) sapevano dei cento messaggi al giorno, delle pressioni, dell’insistenza ossessiva, tuttavia prima della tragedia, quando sarebbe stato possibile fare qualcosa per salvare Giulia, nessuno ha fatto nulla. Oggi Gino “prezzemolo”, che ha dimostrato di non aver mai colto i segnali dello stalking, gira l’Italia a dispensare consigli su come cogliere i segnali dello stalking. Proprio lui?

Quanti si lasciano e non perseguitano?
Passiamo ad un tono confidenziale, diremmo quasi familiare poiché vediamo più spesso Gino delle zie che vivono in Sardegna. Gino, hai stufato. Ha stufato la tua sovraesposizione mediatica da presenzialismo compulsivo, ma soprattutto ha stufato la tua generalizzazione qualunquista. Piantala di pontificare contro “gli uomini”. Il fenomeno della violenza che sfocia nel femminicidio è estremamente ridotto; per fortuna, aggiungeremmo. Quindi pretendere di spiegare i femminicidi col fatto che “gli uomini”, tutti, non accettano il rifiuto è una inesattezza. Se fossimo meno educati scriveremmo che è una cazzata, ma siamo brave personcine e non lo scriviamo. Questa smania di generalizzare mettendo sotto accusa l’intero genere maschile è una ossessione (per la seconda volta non abbiamo scritto cazzata, notare la delicatezza) che va per la maggiore tra le men-haters ad ogni livello, dai ruoli istituzionali alla stampa, dalle tv al fango dei social.
Diamo per scontato che nessuno è irresistibile, qualunque uomo ha ricevuto nel corso della vita una serie indefinita di due di picche. Alzi la mano chi può dire di non essere mai stato disilluso, rifiutato, lasciato o tradito da una donna. Quindi, se per tutti gli uomini fosse vera la triangolazione tra stalking, femminicidi e rifiuti da cui il tuo proclama, sai dire quante volte tu – che fai parte della terribile categoria “uomini” – hai ucciso le ragazze che ti hanno rifiutato dai tuoi 18 anni in avanti? Quante volte hanno ucciso una ragazza tuo padre e tuo nonno? E il tuo insegnante delle medie? E il bidello? E l’autista del bus? Quante volte hanno ucciso delle donne i giornalisti che ti intervistano così spesso, il sindaco della tua città, il sacerdote della tua parrocchia, il carabiniere della caserma vicino casa, il tuo negoziante di fiducia, il meccanico che ripara la tua auto, l’idraulico che sistema i tuoi rubinetti, i tuoi vicini di casa e tutti gli uomini che incontri nella vita a decine di migliaia. I rifiuti si contano a milioni ogni anno, i femminicidi si contano a decine. Bastardi criminali, è fuori di dubbio, comunque sono decine. Non ti sembra un tantino fuori luogo pontificare contro tutti gli uomini? La comunicazione ha un bivio: se è corretta è informazione, se è scorretta è propaganda.