«Cosa ha fatto il femminismo per te ? … Percepire uno stipendio, studiare, decidere sul nostro corpo, scegliere se desideri sposarti o meno o possedere delle proprietà…». Ancora, «quanto è importante ringraziare una femminista… se sei potuta andare all’Università…». Non è difficile trovare in rete i presunti diritti goduti oggi dalle donne, o le presunte attività che possono realizzare, grazie al femminismo, argomento già trattato qui. Una di queste attività consiste nello studio. Grazie al femminismo le donne possono studiare e andare all’Università. Secondo questa visione, nella Storia dell’umanità, fino all’arrivo del femminismo, le donne sono state condannate all’ignoranza. Non credo che sia necessario ragionare sul diffuso analfabetismo, esistente su larga scala lungo tutta la Storia dell’umanità, che colpiva tanto gli uomini come le donne. Oggi l’istruzione è un diritto fondamentale, sottoscritto nei trattati internazionali, ma in passato molti la ritenevano inutile. La trasmissione della conoscenza consisteva nella formazione utile alla socializzazione e, soprattutto, alla sopravvivenza. L’insegnamento di un mestiere, attraverso un apprendistato di duro lavoro, diventava per la maggior parte della popolazione l’unica istruzione ricevuta. Quindi l’ideologia femminista sbaglia, di nuovo, come hanno fatto anche per il concetto del lavoro, quando cerca di trasferire ad altre epoche antiche l’attuale percezione, positiva, che viene oggi conferita allo studio. Resta il fatto che, al di là della scarsa diffusione e promozione dell’alfabetizzazione, quando questa è stata impartita, sia a livello domestico sia attraverso le scuole, l’istruzione primaria veniva impartita, già nelle più antiche civiltà, dagli egiziani ai romani, tanto ai bambini come alle bambine. In tempi più recenti l’apprendimento della lettura diventava fondamentale per l’accesso alla preghiera e alla conoscenza dei testi sacri, apprendimento che veniva trasmesso dalle madri ai figli e alle figlie.
Voglio ipotizzare dunque che il generico divieto allo studio summenzionato venga inteso dalle femministe come un divieto alle donne all’istruzione superiore e alla frequentazione dell’Università. È stato proprio così? Nella sua infaticabile corsa verso la colpevolizzazione dell’universo maschile la storiografia femminista cade sempre in un’insanabile contraddizione: da una parte la narrazione femminista vuole provare quanto le donne fossero oppresse e impossibilitate ad avere successo in vita, soggette alla reclusione a casa e all’ignoranza dovuto al divieto allo studio, condannate alla povertà, dovuto al divieto a lavorare o a commerciare o a possedere della proprietà, soggette alla violenza maschile, loro che sono pacifiche, estranee alle guerre maschili, ecc.; da un’altra però, la stessa narrazione vuole provare quanto le donne siano bravissime, capaci quanto gli uomini, o addirittura di più, a fare tutto quello che fanno gli uomini, e fa sfoggio di un lungo elenco di biografie di donne di successo, donne colte, scienziate, inventrici, commercianti e imprenditrici, libere nei loro movimenti e nei loro viaggi, oppure guerriere, combattenti e conquistatrici, ecc. Senza necessità di fare complicate ricerche, basta appoggiarsi su questi studi femministi per costatare che tutte le civiltà hanno vantato tra le loro figure più illustri donne brillanti, con un’ampia formazione culturale (tutte, o quasi tutte, arrivate a nostra conoscenza grazie a fonti storiche squisitamente maschili, uomini che invece di invisibilizzare e censurare le loro esistenze, come avrebbe fatto qualsiasi buon cristiano figlio sano del patriarcato, si dedicavano a parlarne in maniera spesso celebrativa).
Il patriarcato inesistente.

Se partiamo dal Basso Medioevo, periodo in cui vengono fondate le prime università – la data “convenzionale” della fondazione dell’Università di Bologna, prima università al mondo, è del 1088 – non mancano donne istruite e colte. Per nominarne solo alcune: Ildegarda di Bingen (1098-1179), scrittrice, drammaturga, poetessa, musicista, lingüista, cosmologa e filosofa; la badessa Herrad von Landsberg (1130-1195), redige l’opera enciclopedica l’Hortus Deliciarum; Gertrude di Helfta (1256-1302), grammatica e teologa. Non mancano nemmeno alle università. L’università di Bologna ammise le donne all’insegnamento sin dal XII secolo, come Bettisia Gozzadini (1209-1261), “dottoressa” giurista e insegnante di diritto canonico all’Università di Bologna. Nel 1321, a Francesca Romano il Duca Carlo di Calabria conferì la Laurea in chirurgia. Novella d’Andrea (…-1333), giurista e accademica italiana, istruita dal padre (il Patriarcato!), professore di diritto canonico, fu sua supplente e lettrice presso l’Università di Bologna, e la sorella Bettina d’Andrea (1311-1355), sostituiva il marito in caso di occorrenza in cattedra, insegnando legge e filosofia all’Università di Padova. L’insegnamento da donne non poneva problemi agli studenti occidentali nemmeno quando andavano in Oriente. Ad esempio, John of Basingstoke (…-1252) ebbe come maestra Costantina, figlia del metropolita ortodosso di Atene, Michael Acominatus. Costanza Calenda, donna medico e chirurgo, conseguì il titolo di dottore in Medicina presso l’Università di Napoli verso il 1422.
Col tempo il numero di queste donne si infittisce. “Un uomo in una donna, anzi uno dio, / per la sua bocca parla, / ond’io per ascoltarla / son fatto tal, che ma’ più sarò mio”, versi di Michelangelo Buonarroti (il Patriarcato!) che dedica all’eloquenza di Vittoria Colonna (1492-1547), una delle donne più illustri e colte del Rinascimento, ammirata e stimata nella società letteraria dell’epoca. Olimpia Fulvia Morata (1526-1555) umanista italiana, nella corte ferrarese, insieme con Anna, figlia della duchessa, fu educata dal padre (il Patriarcato!) e dagli eruditi tedeschi Kilian Senf e Johannes Senf (ancora il Patriarcato!). Margherita Sarrocchi (1560-1617), scrittrice italiana, venne educata dal Cardinale Guglielmo Sirleto (il Patriarcato!), custode e poi prefetto della Biblioteca apostolica vaticana. Ebbe un’intensa corrispondenza con Galileo Galilei (ancora il Patriarcato!), che testimonia gli interessi scientifici della Sarrocchi. María Pacheco (1496-1531), nobile spagnola con conoscenze di latino, greco, matematica, lettere e storia, educata insieme ai suoi fratelli (con il Patriarcato!). Insomma, donne che ricevono un’istruzione superiore nel privato domestico (dal Patriarcato!). Ma le donne non mancano nemmeno nel ridotto ambito universitario. Laura Cereta (1469–1499), umanista e scrittrice, sotto la guida del padre (il Patriarcato!) studiò matematica, scienze e astrologia, tenne conferenze di filosofia all’Università di Padova, dove avrebbe insegnato per sette anni. Beatriz Galindo (1465-1535), umanista spagnola, professoressa presso l’Università di Salamanca.
Nessun riscontro storico.
Francisca de Nebrija (1474-1523), umanista spagnola, professoressa presso l’Università di Alcalá de Henares, alla morte del padre, il grammatico Antonio de Nebrija, prese il suo posto alla cattedra di retorica. Luisa de Medrano (1484-1527) umanista spagnola, professoressa di latino presso l’Università di Salamanca. Laura Bassi (1711-1778), fisica italiana, laureata e salita in cattedra all’Università di Bologna, docente di Filosofia naturale e di Fisica sperimentale. Cristina Roccati (1732-1797), fisica e poetessa italiana, laureata all’Università di Bologna nel 1751. E così via. Elena Cornaro Piscopia (1646-1684) vanta l’onore di essere ricordata da alcune fonti come la prima donna a ottenere una laurea al mondo, a Padova, nel 1678. Piscopia discusse la tesi dottorale in latino, la commissione di esame, invece di riunirsi per deliberare i voti, scelse di approvare la nuova dottoressa seduta stante (il Patriarcato!, quanti altri fortunati avranno avuto lo stesso trattamento?). Secondo queste fonti, prima laureata al mondo, diventata per questo motivo un personaggio storico noto e celebre, oggi a Palazzo Bo, sede storica dell’Università di Padova, si erge la statua di Elena Cornaro Piscopia. Chi è stato il primo studente a laurearsi all’Università di Padova? Qualcuno sa chi è stato il primo uomo laureato al mondo? A qualcuno importa? Dove ha eretto il Patriarcato la statua speculare per commemorare il primo “Uomo” laureato?
Potremmo ipotizzare che la denuncia del presunto divieto allo studio sia riferita unicamente ai tempi della prima ondata femminista, al vissuto delle prime femministe. Anche questo non è possibile, molte delle suffragette erano laureate – ci sono le loro foto di laurea con il titolo. Nella potente famiglia di suffragette e femministe Pankhurst, la capostipite Emmeline studiò a Parigi, all’École Normale (ente di insegnamento superiore francese, costituito al fine di formare la classe docente e quella dirigente del Paese). La primogenita Christabel si laureò in legge con tutti gli onori all’Università di Manchester. La seconda figlia Sylvia lasciò gli studi, aveva inizialmente studiato Arte alla Manchester School e in seguito frequentato l’Accademia veneziana delle Belle Arti, in Italia. La terza figlia Adela studiò per diventare insegnante, senza però ottenere il diploma. Negli Stati Uniti Elizabeth Cady Stanton prese il diploma al Seminario Femminile di Troy (scuola di studi superiori pre-universitari) a New York. Le figlie Margaret Livingston Stanton Lawrence frequentò il Vassar College (1876) e la Columbia University (1891), e Harriot Stanton Blatch conseguì sia il diploma che la laurea presso il Vassar College, rispettivamente nel 1878 e nel 1891. La suffragetta Anna Howard Shaw si laureò in medicina nel 1886 presso la Boston University. La suffragette Maud Wood Park prese la laurea a Radcliffe nel 1898. Emily Davison, nota per essere l’unica suffragetta morta in una protesta, travolta da un cavallo durante le corse a Epson, prese la laurea nel 1908 all’Università di Londra. Nel 1891 le era stata conferita alla Royal Holloway College una borsa di studio per studiare letteratura (il Patriarcato!). La vincitrice comunque è la suffragette Alice Paul che accumulò diversi titoli universitari – biologia, sociologia, economia, scienze politiche, ecc. – in università diverse (compresi due dottorati).

Falsificazione anche sull’istruzione.
All’epoca non esistevano leggi che vietassero l’accesso delle donne all’educazione. Quello che esistevano erano istituzioni segregate per sesso (come esistevano i Boy scouts e i Girl scouts), università che non permettevano lo studio alle donne. Ad esempio, le donne potevano studiare a Oxford già dal 1871 ma non veniva loro rilasciato alcuno titolo (fino al 1921). In realtà gli studi erano convalidati, soltanto che dovevano andare ad altre università miste o femminili per farsi dare il titolo. Parimenti esistevano università esclusivamente femminili. Ad esempio, il Vassar Female College, fondato nel 1861, era un istituto superiore statunitense che rilasciava titoli di studio unicamente a donne. Elizabeth Blackwell (1821-1910) è stata la prima donna negli Stati Uniti a prendere la laurea in medicina a gennaio 1849. Per la fine del secolo c’erano negli Stati Uniti migliaia di donne laureate in medicina. Dal 1900 fino ad oggi, da quando ci sono registri, negli Stati Uniti il numero di donne diplomate in studi superiori è superiore al numero di uomini! In altre parole, quando nasce il movimento femministe le donne accedevano agli studi superiori in maggior numero degli uomini. In conclusione, uomini e donne hanno avuto accesso all’educazione superiore, non senza grosse difficoltà, anche prima dell’esistenza del femminismo stesso. Accreditare al femminismo il merito dello studio delle donne è una falsificazione storica, l’ennesima stupidaggine di una narrazione che è solo una grande menzogna.