Di recente a Livorno è accaduto un parapiglia. Un uomo di nazionalità nigeriana, torna a casa dopo un viaggio di un mese nel paese d’origine. Lo accoglie la moglie, che lo attendeva evidentemente con ansia, visto che la prima cosa che chiede all’uomo è di fare l’amore. Se non che lui si dice stanco per il viaggio, respinge le avances e lì scoppia il finimondo. La donna lo aggredisce a parole, lo accusa di avere un’amante in Nigeria e, ritenendo che sia suo diritto essere sessualmente soddisfatta, chiama il 112. La polizia arriva, constata che, al di là della donna in stato di agitazione, è tutto regolare e se ne ritorna alla centrale da cui era venuta.
Si tratta di una notizia emblematica sotto un paio di aspetti. Forse anche più di un paio. Andiamo per gradi. L’articolo dice che la donna ha chiamato la polizia perché il marito, stanco dopo essere tornato da un viaggio, non voleva fare sesso con lei. «Non potevano credere alle loro orecchie gli agenti della Squadra Volante della Questura che sono dovuti intervenire in un appartamento della zona di via Garibaldi dopo la chiamata al 112 della donna, poiché lamentava la stanchezza del compagno che non voleva avere un rapporto intimo con lei».
Il marito non è oggettificato?
Punto primo: pochi giorni fa abbiamo commentato una sentenza della CEDU che non riconosceva l’addebito della separazione chiesto dal marito poiché la moglie rifiutava da anni di avere rapporti intimi. “Il sesso non è un obbligo”, tuonavano da Strasburgo, richiamando addirittura il concetto di stupro coniugale come se il marito in questione avesse costretto con violenza – o preteso di costringere con violenza – la moglie ad avere rapporti. Nulla di tutto questo: il tizio ha sempre rispettato la volontà della moglie di negarsi ripetutamente, ma aveva chiesto la separazione imputando all’astinenza forzata la causa del fallimento del matrimonio. La Corte Europea ha risposto picche: non c’è addebito. Una donna ha la facoltà di negarsi per anni ma ciò non può essere riconosciuto come motivo di fallimento dell’unità di intenti alla base del matrimonio. Figurarsi come motivo per chiamare la polizia.
Punto secondo: la donna dell’articolo percepisce il sesso coniugale come un diritto da esercitare a sua esclusiva discrezione. Se lei non ha voglia inventa un classico mal di testa e – com’è noto – nessuno può costringerla al talamo nuziale; se invece lei ha voglia e il marito no costui osa violare uno dei mille diritti femminili non scritti, bisogna quindi chiamare la polizia. Non è chiara la pretesa della signora: voleva che gli agenti costringessero il marito a consumare o che lo portassero via in manette per non averla soddisfatta? Punto terzo: nessuna si indigna per la pretesa della signora di oggettificare il marito, non rispettarne la volontà, pretendere il diritto di abusarne sessualmente al punto da chiedere l’intervento della forza pubblica se lui non cede. Punto terzo bis: nessuno ci vede una denuncia per procurato allarme?