Mentre scrivo queste righe, è in corso il secondo insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, 47° Presidente degli Stati Uniti. Secondo le anticipazioni della CNN riportate ad es. da SkyTg24, Trump inaugurerà il suo mandato con queste parole: «Torno alla presidenza fiducioso e ottimista che stiamo iniziando una nuova emozionante era di successo nazionale. Oggi firmerò una serie di storici decreti esecutivi. Con queste azioni daremo inizio al completo ritorno dell’America e alla rivoluzione del buon senso». Trump può piacere o non piacere, la sua parte politica può essere percepita come affine ai propri ideali e valori oppure no, ma una cosa pare certa: ha tutte le intenzioni di mantenere la promessa di porre un argine alla follia gender. Infatti, tra i decreti esecutivi che sono stati annunciati per essere firmati immediatamente dopo l’insediamento, secondo l’anteprima di The Free Press (subito echeggiata dalla maggior parte dei media internazionali) si trova anche l’executive order dal titolo “A difesa delle donne dall’estremismo gender e a restaurazione della realtà della biologia per il Governo Federale” (“Defending Women from Gender Ideology Extremism and Restoring Biological Truth to the Federal Government”). Mi sarà perdonato il puntiglio di sottolineare che non sono certo soltanto “le donne” a necessitare di essere difese dalle follie gender, ma l’umanità tutta; assolta questa precisazione, però, vale la pena riportare per intero il contenuto del decreto come diffuso dai media statunitensi (traduzione nostra):
«Il decreto ristabilisce, per ogni funzione del Governo, la realtà biologica dei due sessi e definisce chiaramente i concetti di ‘maschio’ e ‘femmina’.
– Ogni linea-guida, comunicazione ufficiale, regolamento e modulo legato all’ideologia gender dovrà essere rimosso.
– Le autorità competenti, nell’applicare leggi a protezione delle discriminazioni su base sessuale, dovranno cessare ogni pretesa che gli uomini possano essere donne e le donne, uomini.
– ‘Donna’ significa ‘femmina umana adulta’.
– Il presente decreto stabilisce che ogni documento ufficiale, come passaporti e registri del personale, dovranno riflettere la realtà biologica, e non la ‘identità di genere’ autonomamente decisa dal soggetto.
– Il presente decreto pone fine alla pratica di ospitare uomini nelle prigioni femminili, e a quella di offrire ‘transizioni’ ai detenuti pagate con soldi pubblici.
– Pone anche fine all’obbligo di impiegare i “pronomi di preferenza” e protegge per ciascun americano il diritto, fondato nel Primo Emendamento, di riconoscere la realtà biologica e binaria dei due sessi, in ogni ambito della vita pubblica, ivi compresi i luoghi di lavoro e ogni istituzione federale come le scuole».
La contro-rivoluzione del buon senso.
La decisione, annunciata da lungo tempo e di fatto centrale nella campagna elettorale di Trump, riflette quello che sembra essere un sentimento diffuso nella popolazione americana e arriva all’indomani di un altro passo storico nella direzione opposta alla “rivoluzione gender”: martedì 14 gennaio l’equivalente della Camera statunitense ha votato a favore (218 contro 206, con i voti anche di alcuni deputati Dem) della legge “Protezione delle donne e ragazze nello sport”, che va a emendare la legge contro le discriminazioni su base sessuale nelle istituzioni scolastiche – estesa dall’amministrazione Biden alla “identità di genere” (una mossa concettualmente simile a quella che si voleva attuare in Italia col Ddl Zan rispetto alla legge Mancino) – nella direzione di consentire il riconoscimento del sesso di una persona «unicamente sulla base delle caratteristiche sessuali biologiche e genetiche come osservate alla nascita» ai fini dell’ammissione alle gare nelle categorie femminili in scuole e università (tema su cui tornerò più estesamente in un prossimo articolo).
L’executive order trumpiano promette un vero e proprio terremoto per quanto riguarda la “rivoluzione gender”, non solo negli Stati Uniti, se è vero che l’influenza culturale e politica americana si estende su tutto il “mondo occidentale”. Joe Biden, al suo primo giorno da Presidente, aveva imposto al Governo federale di «rivedere tutti i decreti, i regolamenti, le linee-guida, i programmi e ogni altra azione istituzionale che potesse confliggere con i “diritti transgender”», e durante il suo mandato la struttura delle istituzioni americane si era decisamente tinta di arcobaleno, con la possibilità di dichiarare un “genere neutro” su carte di identità e passaporti, e l’obbligo per molte figure istituzionali di rispettare le “identità di genere” autocertificate (con relativo uso di pronomi, assegnazione negli spazi del “genere” di preferenza eccetera). La decisione di Trump di fatto costituisce una totale inversione di marcia. La sfida che il governo entrante è chiamato ad affrontare è quella di produrre in tempi rapidi una impalcatura di regolamenti e leggi che possa sostenerla, e c’è da scommettere che le lobby arcobaleno non staranno a guardare in silenzio: è lecito aspettarsi non solo le solite reazioni isteriche del tipo “è tornata la dittatura fascista”, ma anche – cosa ben più seria – una serrata lotta nelle corti di giustizia statunitensi, e staremo a vedere come sarà gestita.
Non abbassare la guardia.
Ci sono anche delle omissioni rumorose nel decreto annunciato da Trump, ad esempio non si fa parola del problema delle “transizioni” sociali e farmacologiche dei minori, sulle quali c’è ampia diversità di trattamento tra i cinquanta Stati e in Europa, e il dibattito scientifico e politico internazionale è quanto mai acceso e conflittuale proprio in questi mesi; così come non si fa menzione della “piovra” della finanza ESG (di cui ho parlato estesamente qui e qui) né delle politiche DEI (Diversità, Equità e Inclusione: anche questo tema sarà ripreso nelle prossime settimane). Tuttavia, Trump ha reso noto che quello qui discusso è solo uno tra i tanti decreti che è sua intenzione rendere operativi nei prossimi giorni, che toccheranno molti altri aspetti della ragnatela woke, tra cui è già esplicitamente menzionato lo smantellamento della struttura DEI. Insomma, c’è da scommettere che gli anni del secondo mandato di Donald Trump saranno decisivi per la lotta all’ideologia gender e il ritorno al buon senso, ma non si può abbassare la guardia. Occorre restare vigili e fermi in questa battaglia, e favorire con ogni mezzo la decisa affermazione di politiche di questo tipo anche qui in Italia e in Europa, affinché tra quattro anni non si corra il rischio di una nuova inversione di marcia ancora più radicale: come ricorda Indiana Jones in The last crusade, quando ci si sente a un passo dalla meta «in genere è proprio il momento in cui il terreno frana sotto i piedi».