Abbiamo ereditato dall’Ottocento i benefici di vivere in Stati liberali. Le origini dello Stato liberale miravano a limitare il potere dei monarchi mediante l’emanazione di Carte Costituzionali. Con la rivoluzione americana è nato il primo Stato liberale moderno, ma solo nell’Ottocento lo Stato liberale stabilisce le proprie caratteristiche. A questo Stato si aggiungono nel Novecento lo Stato democratico e lo Stato sociale, ma questa è tutta un’altra storia. Cosa s’intende per Stato liberale? Per Stato liberale s’intende una forma di stato che si pone come obiettivo la tutela delle libertà o diritti inviolabili dei cittadini, assicurata dalla legge. Una delle caratteristiche qualificanti dello Stato liberale è la laicità, che può essere riassunta in questi principi: 1) separazione tra Stato e Chiesa, tra potere politico e potere religioso; 2) neutralità dello Stato in materia religiosa; 3) giustificazione razionale delle scelte politiche (non si fa ricorso ad argomenti fondati sulla fede religiosa). Questi principi, nati a seguito e come conseguenza dei conflitti religiosi della prima età moderna, permettono di disinnescare il potenziale conflitto legato a differenze irriducibili nelle convinzioni religiose o pseudoreligiose dei cittadini. Nello Stato liberale tali convinzioni dovrebbero rimanere al di fuori della sfera politico-istituzionale. Oggi il mondo è diventato più complesso di quello dell’Ottocento, nelle nostre società occidentali si moltiplicano le visioni del mondo onnicomprensive, ideologiche e religiose, spesso in contraddizione l’una con l’altra, ciascuna delle quali aspira a offrire una interpretazione globale ed esclusiva della storia, delle relazioni e della vita umana, individuale e collettiva. Sorge dunque il dubbio che i nostri regimi occidentali liberaldemocratici non possano assicurare la tenuta in una società pluralista e multiculturale come quella contemporanea. L’attuale Stato liberale è in grado di reggersi autonomamente o ha bisogno del “sostegno” di una visione pseudo-religiosa del mondo onnicomprensiva maggioritaria?
La verità è che tutte le visioni del mondo onnicomprensive sono esclusive. Per poter far parte di una società liberale, questi visioni dovrebbero diventare ragionevoli e riconoscere certi valori ritenuti irrinunciabili, che sono alla base della società aperta (libertà individuale, libera stampa, pluralismo, riconoscimento dei diritti umani…). I cittadini di differenti fedi religiose e di diverse dottrine onnicomprensive dovrebbero reciprocamente rispettarsi ed esprimere le proprie opinioni politiche con argomenti razionali, senza esibire in queste opinioni politiche i principi di fede, che gli altri non possono condividere. Di più, lo Stato liberale dovrebbe mobilitare la partecipazione dei cittadini dello Stato al pubblico dibattito su qualsiasi tema di comune interesse, anche in contrapposizione all’opinione prevalente, anzi con più ragione, tanto per quanto riguarda gli adepti ad una posizione predominante come i non adepti. Per questo motivo la partecipazione politica delle posizioni minoritarie dovrebbe essere agevolata, resa pubblica e farla diventare questione di dibattito. Nello Stato liberale, la neutralità in materia di fede dovrebbe essere osservata dai funzionari pubblici e dagli uomini politici nelle istituzioni. Parimenti, nello Stato liberale, le scuole pubbliche non dovrebbero fare proselitismo di un credo filosofico, ideologico o religioso. Non dovrebbe invece essere imposto alcun limite né ai singoli cittadini né alle organizzazioni private che detengono visioni del mondo differenti. A questi va riconosciuto il diritto di contribuire al dibattito pubblico, anche con argomenti poco graditi all’opinione prevalente.
La “fede” femminista.
L’ideologia femminista, come ben sappiamo, propone una visione del mondo onnicomprensiva, che investe e spiega universalmente ogni ambito della vita, dalla lingua, all’arte, alle relazioni familiari, al sesso. A livello teorico-temporale non si discosta affatto dalle altre religioni: ha un eden perduto, la genesi degli esseri umani ha avuto luogo in un Matriarcato idillico; dopodiché è arrivato l’inferno in terra, il Patriarcato; infine il paradiso, la rivoluzione femminista promette un futuro paritario e la liberazione delle donne. A tutti gli effetti dottrinali il femminismo è una religione, i loro adepti si comportano come dei veri credenti, non accettano altra verità al di fuori della loro fede femminista, chi non si dichiara femminista e si rifiuta di recepire i suoi dogmi è un eretico, esposto al pubblico ludibrio come maschilista, patriarcale, misogino, a tutti gli effetti nel “peccato”, tenuto a fare ammenda e a riconvertirsi al più presto all’unica visione del mondo possibile e accettabile. Nulla di diverso di qualsiasi altra religione e/o di qualsiasi altro fanatismo ideologico. Ciò che rende diverso nel mondo occidentale il femminismo dalle altre concezioni onnicomprensive del mondo è la diffusione, la forza e il grado di infiltrazione che vanta oggi il femminismo nella società.
Nelle società liberaldemocratiche occidentali, se un funzionario si rifiuta di espletare una pratica a nome della sua fede cristiana nei confronti di un cittadino, questo funzionario rischia di essere punito. Se invece lo fa in nome del femminismo e del diritto delle donne, questo funzionario non rischia assolutamente niente, anzi chi rischia è il cittadino che contesta questo comportamento. A nessun funzionario viene oggi in mente tirar fuori il nome di Dio per giustificare il proprio comportamento, eppure molti funzionari non hanno alcun problema a giustificare le loro decisioni e il loro comportamento in nome della dottrina femminista e dei diritti delle donne, anche allo scopo di motivare la discriminazione e la violazione di diritti nei confronti di cittadini maschi. È un dato di fatto che oggigiorno le scuole fanno pacificamente proselitismo femminista e pretendono dai singoli studenti l’adesione ideologica ai principi femministi, sotto minaccia dello stigma e delle ritorsioni sulla pagella. È un dato di fatto che tutti i governi occidentali vantano un Ministero o una Segreteria di Stato di fede femminista, che si richiama alle pari opportunità. È un dato di fatto che non si contano più le organizzazioni ed enti pubblici ad ogni livello (internazionale, nazionale, regionale, locale) che promuovono questa fede. È un dato di fatto l’esistenza di un flusso continuo di finanziamenti e di soldi pubblici che scorrono ininterrottamente per sovvenzionare queste istituzioni.
La cancellazione del dissenso.
È impossibile negare che questa sia la situazione attuale. Né la scuola, né i funzionari pubblici, né i politici si sforzano affatto di dissimulare nemmeno un po’ un’apparente neutralità ideologica come dovrebbe essere augurata. Persino la più alta carica della più importante organizzazione sovranazionale, Antonio Guterres, Segretario Generale dell’ONU, fa proselitismo e professione di fede, malgrado la prudenza e la neutralità che per il suo ruolo sarebbe auspicata, cioè manifesta esteriormente e pubblicamente di credere e accettare le verità femministe: «Sono orgoglioso nel dichiararmi femminista e chiedo a tutti gli uomini di sostenere i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere». La stessa istituzione, alla minima occasione e con qualsiasi scusa, fa propaganda di questa pseudoreligione. Durante il periodo del Covid: «La pandemia #COVID19 sta dimostrando ciò che tutti sappiamo: millenni di patriarcato hanno portato a un mondo dominato dagli uomini con una cultura dominata dagli uomini che danneggia tutti: donne, uomini, ragazze e ragazzi». Dogmi femministi propagandati come evidenti e inconfutabili. (Da notare nel messaggio originale dell’ONU, in inglese, l’ordine con il quale vengono elencati i soggetti, “ …women, men, girls and boys”, che non rispetta il logico ordine alfabetico, “men, women”, e in questo modo stabilisce un ordine gerarchico, prima donne, dopo uomini). In un mondo liberale, queste manifestazioni di parte realizzate dalla più importante istituzione sovranazionale, che dovrebbe rappresentarci tutti, sono molto gravi e dovrebbero preoccupare seriamente.
Come ho già accennato precedentemente, uno degli scopi dello Stato liberale dovrebbe essere la promozione di voci discordanti nella sfera pubblica politica per non privare alla società di importanti risorse di creazione di senso, di configurare una visione del mondo più ampia e tollerante rispetto ad una predominante ed esclusiva. Nel mondo occidentale invece, le posizioni contrarie all’ideologia femminista vengono isolate, censurate, occultate, nei casi peggiori perseguite. Dove avvengono i dibattiti pubblici tra i seguaci del femminismo e quelli contrari? Dove si sentono le voci discordanti? Se non si promuovono la pluralità e il pensiero alternativo nell’università, nei licei, nelle scuole, nelle istituzioni pubbliche, rimane un’unica visione unilaterale del mondo, cioè individui senza pensiero. Frutto di questa mancanza di dibattito sono le stesse dichiarazioni di Guterres. Rattrista dover far notare al Segretario Generale dell’ONU, e alle migliaia di impiegati che lavorano per lui, cose talmente semplici come che, quando si concedono dei diritti a gruppi specifici della popolazione, escludendo al resto, come gli augurati «diritti delle donne», non si concedono diritti ma privilegi. Come ci indica, in maniera persino elementare, l’etimologia del termine (privus “singolo” e legis “legge”), il privilegio è la “legge fatta per il singolo”, la legge che esclude gli altri. I diritti sono soltanto diritti quando riguardano tutta la popolazione, in questo caso l’umanità, per questo si chiamano diritti umani. Rattrista dover far notare a migliaia di funzionari e di consulenti laureati con master e strapagati dell’ONU cose talmente semplici come questa. Questo perché non c’è dibattito, per la mancanza di dissenso.
La morte dello Stato liberale.
Se è vero che gli stati liberali esigono il comune accordo dei cittadini su alcuni principi fondamentali (la dignità della persona, i diritti dell’uomo, l’uguaglianza, la libertà, la giustizia, il rispetto della legge) e che pressoché tutte le religioni e le ideologie sostengono di promuovere tali principi, è anche vero che non per questo queste vengono elevate a religioni di stato – per il semplice fatto che, malgrado ciò che sostengono i seguaci delle rispettive religioni e ideologie, ciò che viene sostenuto talvolta non corrisponde pienamente allo spirito dei principi. Stessa cosa succede con l’ideologia femminista. Il femminismo si propone come un’ideologia di salvezza che promuove tali principi, affermazione che può essere facilmente smentita non solo dalla sostanza della stessa dottrina, ma anche dalle flagranti violazioni di diritti umani che vengono promosse da normative discriminatorie e da casi quotidiani e fattuali (dalla violazione della presunzione di innocenza maschile ai privilegi di quote che violano parità e meritocrazia, ecc.). In conclusione, è un dato di fatto che oggigiorno nel mondo occidentale il femminismo è la religione di stato, e che lo Stato liberale, nato per garantire le libertà individuali a una cittadinanza “atomizzata”, in grado di contrastare le tendenze particolaristiche di certe visioni del mondo onnicomprensive, è venuto a meno. Chi non partecipa della fede femminista è un eretico. Diritti delle donne, per le donne e alle donne. Stato liberale, requiescat in pace.