Stessa data, venerdì 17 maggio: le notizie di due luttuosi episodi presentano tristi analogie: due giovani vigili, un ragazzo e una ragazza, perdono la vita a causa di un colpo di arma da fuoco. Per i media, un caso è omicidio volontario, l’altro è una tragica fatalità. Gli inquirenti faranno il loro lavoro, sarebbe sbagliato arrivare a frettolose conclusioni, ma non per certi giornalisti. Loro sanno. Nel primo caso tutti infatti titolano “femminicidio”, c’è anche chi tiene a sottolineare che la vittima, Sofia Stefani, ormai non può raccontare cosa sia successo. Curioso questo aspetto, poiché non accade mai a ruoli invertiti. Mai. Abbiamo in archivio decine di migliaia di episodi violenti dei quali sono vittime uomini accoltellati dalle proprie mogli ed ex mogli, fidanzate ed ex fidanzate, amanti ed ex amanti.
Non solo colpi di coltello ma anche forbici, bottiglie, ciocchi di legno, spranghe di ferro, zappe, roncole, acido, fucilate, strangolamenti, avvelenamenti… la gamma di armi proprie ed improprie utilizzate dalle donne è ampia. Quando l’uomo muore non abbiamo mai letto commenti del cronista di turno tendenti a sottolineare che l’unica versione dei fatti può darla l’assassina poiché la vittima ormai è deceduta. Eppure una delle versioni più frequenti – e credute, anche in assenza di qualsiasi riscontro – è che l’assassina si sia solo difesa dall’aggressione di colui che poi è diventato la sua vittima. Il violento è sempre il morto, non chi l’ha ammazzato. La vera vittima è sempre l’assassina, tanto non può essere smentita. La colpa è sempre del morto, tanto ormai non può più dire la sua.
Le prodezze dei pennivendoli.
Nel caso di Anzola Emilia, inoltre, gli inquirenti ipotizzano l’omicidio volontario aggravato dal legame affettivo. Strana l’aggravante, poiché Gualandi e Stefani avevano effettivamente avuto una relazione in passato, ma ormai si era interrotta. Si trattava di una relazione clandestina poiché entrambi avevano dei legami stabili: Gualandi è sposato e Stefani aveva un fidanzato ufficiale. A chiudere la storia era stato Gualandi ma quella che non accettava la decisione era Stefani: non si rassegnava, insisteva per riallacciare la relazione, telefonava all’ex amante ed andava a cercarlo persino in quell’ufficio che è divenuto teatro della tragedia.
A ruoli invertiti, se una ragazza uccide l’uomo che non si rassegna alla fine della relazione clandestina, qualche servile pennivendolo avrebbe scritto che la povera ragazza aveva finalmente trovato il coraggio di ribellarsi alle persecuzioni del suo stalker. In nome, ovviamente, della lotta alle oppressioni patriarcali.