«Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l’accesso all’istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace», ha scritto Rita Levi-Montalcini. È noto che il futuro, o la salvezza – come è inteso nel testo –, del pianeta non dipende dal comportamento degli uomini. Il comportamento maschile, dopo secoli di Patriarcato secondo la narrazione femminista, è noto a tutti: distruttivo, violento, oppressivo… Che il futuro (salvezza) sia femmina – non che “dovrebbe essere”, ma che “sia” – è una certezza femminista. La donna è un essere migliore e moralmente superiore, a Lei spetta necessariamente il futuro (la salvezza). Il futuro è femmina è una convinzione proclamata in libri e persino in canzoni: «Sto solo parlando di amare la donna / Non sto parlando di nessun altro / La mascolinità tossica deve finire / Sto solo parlando di amare noi stesse». La superiorità delle donne è annoverata tra i dogmi più importanti e indiscussi della dottrina femminista, si tratta dell’altra faccia della stessa medaglia femminista. Da un lato denigrazione maschile, dall’altro divinizzazione femminile. Dogma già affrontato in altre occasioni: «La credenza della superiorità delle donne sugli uomini è arrivata indisturbata dalla prima ondata fino al femminismo attuale. Le donne sono più brave, non solo moralmente ma ovunque, in politica, nella gestione aziendale, a casa,… Spetta dunque le donne guidare la società. Si tratta di una dogma femminista fondamentale – nell’opera La grande menzogna del femminismo, a pp. 972-1099, si possono trovare decine e decine di citazioni a conferma di questo dogma».
I numerosi proclami attuali che divinizzano le donne, come quello summenzionato, sono il frutto della semina della prima ondata femminista. In quest’intervento vorrei approfondire l’opera e le idee di Frances Swiney (1847–1922), femminista britannica della prima ondata. Come altre femministe dell’epoca, Swiney usò la femminilità, la razza e la maternità per le sue argomentazioni a favore dell’emancipazione delle donne. Nel 1909 fondò la Lega di Iside, che mirava a realizzare «il miglioramento della Razza, mediante l’osservanza individuale della Legge Naturale della riproduzione (…) per la costruzione del Sé Superiore». L’enfasi femminista di Swiney si concentrò sulla Teosofia, in contrasto con la Teosofia tradizionale, su un aspetto particolare del pensiero teosofico: il Divino Femminile, o Madre Divina, personificato dalla Dea Iside, e il suo ruolo nel processo cosmico. Per lei, la Madre è l’Unità Suprema, che unisce tutti in Sé. È naturale che nell’eterna sequenza dell’evoluzione, la razza umana si stesse risvegliando in quella fase della Storia alla verità del Divino Femminile. Secondo Swiney, la Madre Divina sarebbe l’unità della causa sublime, e ogni emanazione sarebbe derivata da Lei e sarebbe tornata a Lei alla fine del processo cosmico circolare: «Per l’anima dell’uomo il principio creativo è femminile […] . Il Femminile quindi è la natura interiore tanto dell’uomo quanto della donna […], il rappresentante oggettivo del Divino Femminile».
I toni razzisti.
Nella sua opera The Awakening of Women o Woman’s Part in Evolution (Il risveglio delle donne o Il ruolo della donna nell’evoluzione) pubblicata nel 1899 , lei si prefissa di «spiegare perché l’elemento femminile è preponderante, e finirà per predominare sul maschile; perché l’elemento maschile è stato superiore nell’invenzione, nella scienza, nell’arte, ha, di fatto, rivestito il mondo di bellezza, l’ha arricchito di conoscenza, e l’ha sottomesso attraverso l’intelletto; nel medesimo tempo l’elemento femminile ha gettato le fondamenta di attributi più solidi e duraturi: la virtù, che da sola può essere la base di uno sviluppo superiore». Infatti, «l’uomo rammenta il Passato, la donna rappresenta il Futuro», «l’organismo femminile è quello a cui la Natura ha riservato maggiori cure, previsione e attenzione». Invece «gli uomini preferiscono rattoppare piuttosto che curare; alleviare un dolore invece di sradicare la causa. Man mano che la donna prenderà parte attiva alla vita politica, la sua influenza si farà sentire, introdurrà riforme su un piano molto più profondo e a livello psicologico».
«Probabilmente a molte menti maschili potrebbe causare uno spiacevole shock di stupore, e sarebbe recepito con sprezzante incredulità, se fosse a loro sussurrato, che tutto lo sviluppo sociale e industriale su cui poggia la civiltà moderna, è dovuto, in larga misura, al genio inventivo e ai rozzi espedienti della donna primitiva, alle rozze e incolte madri della razza». Quindi il ruolo delle donne è stato primario «per tutto lo sviluppo sociale e industriale su cui poggia la civiltà moderna». «E così, mentre gli uomini lottavano, combattevano, sanguinavano e morivano –a volte ahimè! per falsi ideali, a volte per una causa persa e una fede morente, più spesso sacrificando il meglio di loro sugli altari di sconosciute aspirazioni impalpabili – c’era una corrente sotterranea, profonda e insospettata, che stava minando le fondamenta di queste forze brutali e sgombrando la via per l’avvento di un regime più gentile e puro. L’alba di un giorno più pieno e luminoso tardava ad arrivare, ma alla fine la notte del terrore passò e le donne ne raccolsero i frutti della loro semina silenziosa, nel raccolto di sforzi più nobili, di ideali più elevati, di sentimenti morali più puri, di una vita più santa e cristiana». Qualche decennio più tardi le ideologie totalitarie del XX secolo avrebbero auspicato, mediante la purificazione della razza, fisicamente e moralmente, una nuova alba più piena e luminosa, la nascita di una nuova società. Un discorso sospettosamente simile. In questo le femministe anticiparono i teorici fascisti e nazisti.
Oggi vittima, domani carnefice.
«Forse le questioni temporanee possono essere decise dall’uomo, ma il futuro è nelle mani delle donne. D’accordo con questo punto di vista, se la donna riceve il diritto di voto, il motivo non sarà la parità, o di promuovere certe legislazioni particolari, ma le verrà concesso nella convinzione che la società nel suo insieme trarrà vantaggio della partecipazione attiva delle donne al governo». Il mondo migliora se intervengono le donne, un’idea diventata ormai un dogma inoppugnabile: le aziende sono gestite meglio se nei CdA ci sono donne, i governi sono più efficienti e umani se a capo ci sono donne, ecc. L’idea che il voto femminile avrebbe migliorato il mondo è stato uno degli argomenti più ricorrenti adoperato dalle suffragette nella loro lotta per il diritto di voto, argomento velocemente smentito dagli eventi storici successivi dopo il voto femminile. Per tanti versi il mondo diventò molto peggiore, dal proibizionismo degli Stati Uniti, alla Grande Depressione del 1929, alla conquista del potere da Lenin nella Russia democratica (1917 voto femminile) e da Hitler nella Repubblica di Weimar, periodo che si concluse con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale (negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Polonia, in Russia e in Germania le donne votavano o avevano avuto la possibilità di votare).
«Quando la donna prenderà parte attiva alla vita politica, farà sentire l’influenza introducendo riforme su un piano molto più profondo e a livello psicologico. I sistemi inefficaci non troveranno favore ai suoi occhi; lei si domanderà se le misure sono giuste, vere e approfondite. Ciò che è falso, dannoso e ambiguo non troverà posto nei suoi codici legislativi; poiché la donna ha dovuto bere fino in fondo il calice amaro della forzata inferiorità, della discriminazione, dell’oppressione e dell’umiliazione; essendo stata vittima di discriminazione legale e pregiudizi, lei sa molto bene dove si insinua il veleno dell’ingiustizia, dell’arroganza e dell’interesse personale e dove sono fissati i limiti del meschino convenzionalismo, del bigottismo e del pregiudizio che contrastano le fresche sorgenti della verità e della giustizia». In altre parole, in quanto vittima secolare del Patriarcato, la donna ha sperimentato sulla propria pelle l’ingiustizia e l’oppressione, lei sa riconoscere questi flagelli e per questo non le ripeterà. Ammesso e non concesso che soltanto la donna abbia conosciuto l’ingiustizia e l’oppressione, dove è scritto che chi è oppresso oggi non possa diventare oppressore domani? Uno dei ragionamenti logici più sbagliati, che fa di continuo il femminismo, è quello di associare alla condizione di vittima la condizione di innocente, di puro. La dottrina femminista, che attribuisce alla donna la sempiterna condizione di vittima, tende a concedere alla donna, sulla base di questa condizione, una superiorità morale che non ha alcun senso da un punto di vista logico. Una vittima non è necessariamente una persona priva di malizia, che agisce sempre con rettitudine, con lealtà, con giustizia, astenendosi di commettere il male. Una vittima è semplicemente una vittima in uno specifico contesto: oggi è la vittima ma domani potrebbe diventare il carnefice.
Buon futuro…
«Accompagnata dal sublime oblio dei torti passati, dalla magnanimità di una carità divina e dalla speranza di una fede duratura, la donna deve camminare con l’uomo, non malgrado lui, ma come co-partner nella futura evoluzione dell’umanità». Dunque, l’evoluzione dell’umanità dipende dalla cooperazione tra l’uomo e la donna, malgrado l’uomo, perché la donna, grazie alla «sua carità amorevole e avvolgente», incline al perdono, non si vorrà vendicare, come potrebbe legittimamente, per tutti i torti subiti. In altre parole, gli uomini sottostiamo al giudizio delle donne, e dovremmo essere infinitamente grati per la loro clemenza, malgrado i nostri violenti e persistenti crimini a loro danno. Nonostante le buone intenzioni di Swiney, che augura la cooperazione tra i due sessi, e l’auspicio di un futuro migliore, cioè femmina, grazie alla più efficiente, caritatevole e amorevole natura femminile, vorrei concludere con una sentenza lapidaria dell’autrice, e molto sinistra per tutti gli uomini: «La donna è una necessità per l’uomo; ma l’uomo non è necessario per la donna». Un’altra forma di dire, esplicitamente, che gli uomini sono inutili. Ovvero, finché il mondo è rimasto pericoloso e il nutrimento scarso, l’uomo era utile, e per la donna aveva un valore. Ora, il progresso e la tecnica hanno reso agli occhi della donna l’uomo inutile? Il valore della vita di un uomo per la donna dipende dalla sua utilità? L’amore della donna – descritta spesso come un essere amorevole, di un amore incondizionato – per l’uomo, è concesso a seconda della sua utilità? Lungo la Storia, le donne ci hanno amato perché eravamo a loro utili, e adesso che ai loro occhi non siamo più necessari, ci scaricano? Su questo inquietante argomento sono già stati scritti una serie di interventi “La caduta dell’uomo” (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9). A woman needs a man like a fish needs a bicycle (“una donna ha bisogno di un uomo tanto quanto un pesce ha bisogno di una bicicletta”), noto slogan femminista della seconda ondata. Ovvero, «la donna è una necessità per l’uomo; ma l’uomo non è necessario per la donna», prima ondata del femminismo. Qualche differenza? Buon futuro a tutti.