Sapevo che presto o tardi sarebbe arrivato questo momento. E guarda caso è arrivato proprio in concomitanza con il raggiungimento di un significativo numero di copie vendute del mio “Violenza sulle donne: le antistatistiche. Breviario ragionato di resistenza alla propaganda”, che per un abbondante 60% è basato sulle statistiche dell’ISTAT relative alla violenza sulle donne. Statistiche che sono scomparse dalla rete. Svanite, vaporizzate, puf! Per molti anni sono state raggiungibili a questo indirizzo web: http://dati-violenzadonne.istat.it, che però ora porta a una pagina bianca con la scritta “HTTP error 503. The service is unavailable”. Nel linguaggio dei server significa che il contenuto collegato a quell’indirizzo non è più disponibile. Un tempo però lì stava un’intera sezione consultabile delle statistiche ISTAT, con il suo titolo ben identificabile: “Banca dati Violenza sulle Donne”. Un’intero database relazionale messo a disposizione della consultazione di tutti, specialmente di chi, come me, vuole andare a scoprire le carte della propaganda.
In quella banca dati in effetti c’era tutto ciò che serviva sapere. Sebbene un po’ lenta, per la massa di informazioni che conteneva, era in grado di restituire dati aggregati in modo diverso, in base agli anni, al sesso delle vittime o dei carnefici, la loro nazionalità e tanto altro. Secondo difetto: riportava cifre ormai parecchio datate. Le rilevazioni, che avevano come fonti sempre soggetti istituzionali come il Ministero della Giustizia o il Ministero dell’Interno, si fermavano infatti al 2018, talora al 2019. Però partivano dal 2008, talvolta anche da prima, e questo era un vantaggio perché garantiva di poter rilevare i flussi tendenziali su un intero decennio. È da lì che presi, per il libro e per gli altri numerosi articoli (ad esempio qui), alcune delle rilevazioni base che smentiscono la narrazione emergenziale della premiata ditta Antiviolenza SRL: nei dieci anni considerati si registrava ad esempio una media di 50 mila denunce all’anno per i cosiddetti “reati spia” (stalking, maltrattamenti, percosse, lesioni, eccetera) più altri di maggiore gravità (violenza sessuale, tentato omicidio, omicidio), cui faceva da contraltare, nello stesso lasso di tempo, una media annuale di 5.000 uomini condannati.
L’unica banca dati che manca.
Il calcolo era presto fatto: la violenza sulle donne era perpetrata dallo 0,02% della popolazione adulta maschile italiana, alla faccia del “dilagante patriarcato italiano” (senza contare il patriarcato “d’importazione”). Ma soprattutto si arrivava a stabilire che il 90% di quell’oceano di denunce finiva in nulla, o perché archiviato o perché esitato in assoluzione. Certo ciò accadeva con alcune fluttuazioni: la quota di condanne per omicidio era ovviamente molto alta, mentre i processi all’aria fritta, ad esempio quelli per stalking o per maltrattamenti, in certi anni raggiungevano il 95 o il 98%. Da lì a desumere, con l’apporto anche di altre fonti, che un gran numero di denunce di donne contro uomini finiscono in fumo perché false o strumentali, il passo era brevissimo. Il portale dell’ISTAT era dunque, pur con i difetti di cui si è detto, un punto di riferimento prezioso, nonché l’emblema di quanto la realtà rappresentasse un arduo ostacolo per le propagandiste dell’emergenza “violenza sulle donne”. A quella fonte mi sono sempre riferito, su queste pagine o nei miei libri, in attesa che il database venisse aggiornato ad anni più vicini. Invece è stato fatto sparire.
I nerd informatici mi faranno notare che la banca dati girava su un protocollo http, quindi poco sicuro, dunque forse l’ISTAT sta solo aggiornando lo spazio web al più avanzato https e a breve il suo database tornerà disponibile, magari aggiornato. Ci spero, ma non lo credo. Il passaggio da http ad https è infatti questione di pochi click, mentre la banca dati è irraggiungibile ormai da gennaio 2024, almeno per quanto risulta dalla “WayBackMachine“. Non solo: le altre banche dati ISTAT, tutte su http, sono ancora perfettamente raggiungibili qui, se non che (guarda caso), tra i link alle “Altre banche dati derivanti da I.Stat”, l’unica che non funziona è proprio quella relativa alla violenza sulle donne… In più, in concomitanza con la scomparsa della banca dati si sono moltiplicate sul sito ISTAT le pagine e sottopagine dedicate alla “violenza sulle donne”, piene di sintesi semplificate e chiacchiere generiche, qualche tavola statistica di comodo, qualche grafico e qualche video emozionale. Un mucchio di informazioni superficiali e inutili a cui si arriva digitando “violenza donne ISTAT” e affini su qualunque motore di ricerca, e che non mi meraviglierebbe se soppiantasse definitivamente la ben più completa ma scomoda banca dati. Che però, è bene che l’ISTAT lo sappia, in previsione di questa improvvisa scomparsa, da tempo mi sono salvato integralmente in formato Excel. Se la banca dati non ricomparirà sul sito ISTAT entro giugno, quindi, ci penserà questo sito a pubblicare le tabelle più importanti. Se ci saranno tempo, modo e risorse economiche, i dati verranno organizzati pure in un database relazionale, com’erano in origine. Farà insomma “LaFionda.com” il lavoro che l’ISTAT, a quanto pare, per motivi da lasciare alla speculazione di ognuno, non vuole fare più.