«La storia del genere umano è una storia di ricorrenti offese e usurpazioni attuate dall’uomo nei confronti della donna, al diretto scopo di stabilire su di lei una tirannia assoluta. […] Lui l’ha oppressa sotto ogni punto di vista», così, senza mezzi termini, descrive la Dichiarazione di Seneca Falls (1848) la condizione storica delle donne rispetto agli uomini: «tirannia». La Dichiarazione di Seneca Falls (1848), nota anche come Dichiarazione dei Sentimenti, rappresenta per la storiografia femminista un documento molto importante: è la prima volta che le lagnanze femministe non nascono da iniziative singole e isolate, ma da un incontro associativo di donne (e uomini). L’incontro di Seneca Falls nel 1848 è ritenuto da molte storiche femministe l’atto fondativo del femminismo. L’ideologia femminista ha assimilato in toto questa Dichiarazione, senza mai sollevare alcuna critica, bandiera non solo della lotta del femminismo della prima ondata, ma del femminismo tout court. Oggigiorno Seneca Falls possiede un monumento, un museo (Women’s Rights National Historical Park) e ospita la National Women’s Hall of Fame. Vale la pena dunque analizzare criticamente alcuni dei punti della summenzionata Dichiarazione.
La teoria femminista si muove su un sistema di coordinate dove ci sono due assi: l’asse della vittimizzazione e l’asse della colpevolizzazione. E in questo modo si muove anche la Dichiarazione di Seneca Falls. Come è già stato anticipato negli interventi precedenti (ad es. qui o qui o qui) la sofferenza maschile non compare affatto. Il mondo descritto nella Dichiarazione è un mondo senza sofferenza maschile, non esiste alcuna discriminazione a danno dell’uomo. Questo permette all’ideologia femminista di prendere due piccioni con una fava. Primo, sull’asse della vittimizzazione non appare l’uomo, l’asse è interamente occupato dalla donna. Secondo, se non c’è la vittima-uomo, non può esistere un carnefice, un colpevole-donna. La donna è innocente, e questa innocenza innata della donna le attribuisce di fatto una superiorità morale ontologica. Censurata la sofferenza maschile e assegnato in maniera esclusiva l’asse della vittimizzazione alle donne, l’asse della colpevolizzazione risulta quindi occupato di conseguenza esclusivamente dall’uomo. Arrivati fin qui, le femministe devono solo rafforzare questo discorso, rendere le donne sempre più vittime e, per converso, gli uomini sempre più colpevoli. Si tratta quindi di “esagerare” la tragica condizione della donna… fino alla bugia. Prima di iniziare l’analisi, bisogna rammentare che la Dichiarazione, seppur nata negli Stati Uniti, s’arroga la potestà di parlare a nome di tutte le donne del mondo, la condizione denunciata in ogni punto del documento è una condizione universale: «la storia del genere umano».
Più che dichiarazioni, semplici bugie.
«Lui le ha negato la possibilità di ottenere una istruzione completa, essendole precluse tutte le scuole superiori [colleges]», denuncia la Dichiarazione in un’epoca che vedeva l’apertura di scuole di formazione (college) specificamente per le donne negli Stati Uniti. Questa lagnanza è completamente falsa se riferita all’Europa (in successivo, informazioni tratte dall’opera La grande menzogna del femminismo). Ad esempio, già nel 1774 nell’Impero austroungarico la legge proclamava che «tutti i bambini di ambo i sessi debbono senza alcuna eccezione frequentare le scuole pubbliche dall’età di sei anni fino a che siano sufficientemente istruiti per scegliersi una professione» (74 anni prima della nascita del femminismo). In Scozia si calcola che fin dal 1819 non esistessero più analfabeti, uomini e donne. In Inghilterra verso il 1830 si possono contare più di cento college femminili solo nella città di Brighton. Proprio nel 1848, stesso anno della Dichiarazione, viene fondata alla London University, il Queen’s College. In Germania dall’inizio dell’Ottocento si trovano iniziative di scuole secondarie femminili a Monaco (1822) o a Berlino (1838). In Francia esistevano le maison d’éducation femminili, dove si assisteva alle lezioni di lettura, scrittura, ortografia, grammatica, inglese, pianoforte, danza, solfeggio, declamazione e disegno. All’inizio dell’Ottocento in questi istituti studiavano ad esempio le due sorelle di Balzac, che oltre il cucito, il ricamo, il pianoforte, imparavano anche l’inglese, chimica e gli autori classici. L’“École Gratuite de Dessin pour les Jeunes Filles”, una delle primissime scuole d’arte femminili finanziate pubblicamente, fu fondata a Parigi nel 1803 da due donne. Basta pensare che nel 1800 sessantasei opere, o in altre parole il 12,2% del numero di opere totale, esposte nel “Salon” a Parigi, che rappresentava all’epoca l’appuntamento più importante dell’arte, erano di donne.
Negli Stati Uniti, che rispetto l’Europa aveva uno sviluppo culturale un po’ più in ritardo, la situazione presenta una progressione simile. Nel Connecticut, ad esempio, viene fondata nel 1792 la Litchfield Female Academy (56 anni prima della Dichiarazione). Durante i 30 anni che rimase aperta si calcola che studiarono presso quest’istituzione 3.000 studentesse. Nel 1823, sempre nel Connecticut, Catharine Beecher fonda il Hartford Female Seminary, istituto di scuola superiore dove si studiavano i classici, lingue e matematica. Nel 1826 c’erano 100 studentesse. Mount Holyoke, scuola secondaria femminile, aprì le proprie porte nel 1837 e quello stesso anno Oberlin consentiva alle donne di conseguire il diploma (11 anni prima della Dichiarazione). Possono sembrare numeri molto ridotti, ma non è una questione di genere ma di evoluzione storica: esiste una netta restrizione sociale e numerica tra l’istruzione primaria e l’istruzione secondaria. In Francia, ad esempio, nel 1821, su circa sei milioni di ragazzi e ragazze in età scolare, quasi due milioni frequentano una scuola primaria e soltanto 50.000 un collegio o un liceo, cioè il 2,5% rispetto alla scuola primaria, meno dell’1% rispetto alla fascia d’età. La restrizione dell’istruzione secondaria riguardava tutti, ragazzi e ragazze. I numeri aumenteranno progressivamente: negli Stati Uniti, ad esempio, nel 1896 funzionavano già 179 scuole secondarie femminili e c’erano circa 25.000 alunne. Bisogna sottolineare il fatto che le lagnanze femministe hanno sempre riguardato l’istruzione secondaria, mai l’istruzione primaria (contare, scrivere, leggere), malgrado oggigiorno si possa leggere talvolta qui e là che alle donne veniva vietato l’insegnamento della lettura e della scrittura, cosa ovviamente falsa in ogni epoca storica.
La Dichiarazione aggiunge: «Lui ha cercato, in tutti i modi possibili, di distruggere la sua fiducia in se stessa, di ridurre il rispetto per se stessa, e di renderla desiderosa di condurre una vita dipendente ed abietta». Di nuovo, in contraddizione con quanto proclamato, queste lagnanze sono state scritte in un’epoca che vedeva molte donne riuscire a progredire in diverse carriere come scrittrici e/o formatrici. Donne di successo, grazie al riconoscimento di altre donne, e anche di uomini. Senza necessità di disturbare donne di successo europee, come George Sand, Elizabeth Gaskell o George Eliot, negli Stati Uniti, Harriet Beecher Stowe (1811-1896) scrive 30 libri, tra cui La capanna dello zio Tom (pubblicato nel 1852), che fu un best-seller, comprato da uomini e donne, e influenzò la politica degli Stati Uniti. La scrittrice e articolista Fanny Fern (nata Sara Payson Willis; 1811- 1872) nel 1855 era la columnist più pagata degli Stati Uniti, $100 a settimana per la rubrica al New York Ledger. L’educatrice Catharine Beecher (1800-1878) fonda la Hartford Female Seminary. La scrittrice e editrice statunitense Sarah Josepha Hale (1788- 1879). E così via. Nella Dichiarazione non c’è nulla che ipotizzi che ci siano differenze sessuali che possono spiegare le differenze e le diverse scelte di vita, la predilezione della vita familiare o il successo in carriera; non c’è nulla che ipotizzi che gli uomini sono condizionati a proteggere la famiglia, e agiscono su richieste femminili per soddisfare i loro bisogni, con effetti che si ripercuotono sulla vita pubblica e sociale.
In Inghilterra, prima del 1850, il mercato era saturo di donne che, anche con annunci sui giornali, si offrivano come maestre e istitutrici «ben educate, in grado di insegnare inglese, francese, musica e canto, danza, disegno…». Tutte queste donne non solo sapevano leggere e scrivere, erano istruite. Come è vero che esistevano riviste femminili pubblicate prima del 1850 nel mondo anglofono a entrambe sponde dell’oceano. Parimenti tutte le femministe della prima ondata, da Mary Wollstonecraft (o la figlia Mary Shelley) a Olympe de Gouges e le successive, comprese quelle americane che redigono la Dichiarazione, erano istruite. Secondo queste donne, da dove pensavano che arrivasse la loro formazione? Scienza infusa? Basta leggere le biografie di donne celebri e istruite nella prima metà dell’Ottocento, molte di loro formate in istituti femminili di istruzione secondaria, dalle summenzionate sorelle di Balzac, a Harriet Beecher Stowe (Hartford Female Seminary) o a Catharine Beecher (Litchfield Female Academy), dove apprese matematica, latino e filosofia. L’educatrice statunitense Sarah Pierce (1767-1852) fu mandata da suo fratello più grande, assieme alla sorella Mary, alle scuole femminili di New York City per essere formate entrambe come maestre e istitutrici. In pratica, già intorno al 1780, circa 70 anni prima della Dichiarazione, e non molto lontano da Seneca Falls, cioè a New York, c’erano delle scuole femminili che formavano le ragazze nell’istruzione secondaria. E c’erano uomini, come il fratello di Sarah, che promuovevano la loro formazione, e quindi la fiducia in loro stesse, perché queste donne potessero, un giorno se voluto, vivere una vita economicamente indipendente. La verità è che la diffusione sociale dell’istruzione secondaria (maschile e femminile) era già in atto nel 1848, e si sarebbe completata, come tra l’altro è successo per il resto delle conquiste che hanno riguardato gli uomini e le donne, grazie al progresso e all’evoluzione storica, senza alcuna necessità dell’ideologia femminista.