Qualche giorno fa ho visto il film documentario “When You’re Strange”, incentrato sulla storia del gruppo californiano The Doors e del suo leader e cantante Jim Morrison. Il documentario non fa altro che riprendere uno scorcio di quella che è stata una rivoluzione musicale e sociale (Sex, Drugs and rock’n’roll) senza precedenti, avvenuta nel mondo occidentale a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70. Due cose mi hanno fatto riflettere. La prima è stato il predominio assoluto degli uomini. Tutti i protagonisti del documentario, i componenti della band, sono uomini. Il predominio maschile in The doors non è un caso isolato, la prevalenza maschile regna ovunque nel panorama musicale dell’epoca: The Beatles (la più celebre band di tutti i tempi), The Who, Jimi Hendrix, The Animals, Pink Floyd, Deep Purple, The Beach Boys, The Monkees, Led Zeppelin, The Yardbirds, The Rolling Stones, Bob Dylan, The Kinks, Creedence Clearwater Revival, Frank Zappa, The Velvet Underground e molti altri che sarebbero da nominare. Naturalmente ci sono state anche delle donne in prima linea, come Janis Joplin, Diana Ross (Supremes), Aretha Franklin o Joan Baez, ma la loro presenza è nettamente inferiore. Possiamo quindi trarre una prima conclusione inoppugnabile: il predominio maschile in questa rivoluzione musicale è quasi incontrastato.
Il secondo elemento che salta agli occhi, durante la visione del documentario, è il gran numero di fan di sesso femminile che segue la band musicale e riempie il pubblico dei concerti. Anche questo è un dato noto, e fa parte degli studi di sociologia, il seguito talvolta irrazionale di masse di donne che alcuni di questi gruppi e cantanti sono riusciti a muovere. Tanto è vero che, a partire dagli anni sessanta, è nato un fenomeno nuovo di fan molto giovani, anche minorenni, le quali seguivano nei loro tour i cantanti o artisti amati, irresistibilmente attratte dal loro carisma, diventandone infatuate sostenitrici ed intime amiche. Queste ragazze che accompagnavano le rockstar in gran parte delle loro tournée, assecondandone con entusiasmo lo stile di vita, e divenendo quindi vere e proprie componenti del loro entourage, sono state definite con un termine nuovo: groupie. Un fenomeno esclusivamente femminile. Non ci sono groupie uomini né alcun termine che li definisca. Possiamo quindi trarre una seconda conclusione: esistono due ruoli nettamente divisi a seconda del sesso, l’aspetto creativo riguarda principalmente gli uomini, il sostegno e la diffusione sono a carico delle donne, che aderiscono con entusiasmo a questa rivoluzione musicale e sociale.
Donne motore della rivoluzione.
Ora ipotizziamo che tra 200 anni nasca un movimento ideologico che si farà denominare, per un caso fortuito del destino, “Femminismo 2”, che recupererà il materiale del passato (immagini di video, interviste in mezzo stampa, ecc.) e le analizzerà. Queste donne del futuro riscontreranno subito che il protagonismo in questi eventi era monopolizzato dall’universo maschile, sui palcoscenici c’erano solo uomini che cantavano e suonavano e le interviste sui mezzi stampa riguardavano quasi unicamente uomini. Dedurranno quindi che gli uomini avevano sopraffatto le donne – con la violenza, si presuppone – e avevano impedito loro di emergere. Le donne, che così entusiasticamente sembravano aderire, erano state manipolate e indottrinate fin dalla nascita da un sistema oppressivo che rendeva invisibile a loro questo assoggettamento. Questo spiegherebbe ad esempio perché non solo le donne in genere ma anche le femministe degli anni ’60 e ’70 non si fossero mai lamentate di quella particolare oppressione. Queste donne femministe erano contemporanee a questa rivoluzione, ne partecipavano, assistevano ai concerti come fan, ballavano e canticchiavano le stesse canzoni, senza denunciare l’oppressione di tutti questi gruppi e cantanti maschi. Qualcuno ha voluto obiettare, stupidamente, che l’analisi di “Femminismo 2” fosse scorretta, che non esisteva alcuna opposizione maschile, come dimostrerebbe la riuscita di alcune donne, come Janis Japlin o Joan Baez. Gli uomini si sarebbero comportati con queste donne, nei concerti e nelle interviste sui mezzi stampa, alla stessa maniera che con i colleghi maschi. Se una donna ci riusciva, voleva dire che non esisteva il divieto denunciato, che qualsiasi donna, se aveva del talento, poteva riuscirci. Ma questo malizioso argomento è stato velocemente e facilmente smontato da un altro di maggior peso: si sarebbe trattato di un’obiezione maschilista, misogina e patriarcale. Chiuso il discorso.
Lo sviluppo di questa rivoluzione musicale e sociale presenta molte analogie con la nascita e lo sviluppo delle religioni. La nascita delle religioni rivela un predominio maschile quasi incontrastato. I protagonisti sono perlopiù uomini. Ma ad aderire entusiasticamente e con grande devozione sono soprattutto donne. In pratica, sul palcoscenico ci sono quasi esclusivamente uomini – in realtà un gruppo molto ridotto rispetto all’ampiezza di tutto l’universo maschile, ma resta il fatto che sono uomini –; tra il pubblico religioso la massa femminile prevale. L’energia si muove in maniera bidirezionale, il palcoscenico dà indicazioni al pubblico, il pubblico infonde energia al palcoscenico in maniera che continui ad essere creativo. Un concerto senza pubblico non è un concerto. C’è chi canta perché c’è chi applaude. C’è chi predica perché c’è chi ascolta. Sostenere che senza la creatività maschile la rivoluzione musicale e sociale non avrebbe avuto luogo è un’ovvietà. Capire come il ruolo femminile sia stato a sua volta determinante risulta meno evidente. Le donne sono il carburante dell’azione maschile. Sono una fonte di ispirazione indispensabile per l’uomo, le canzoni parlavano dell’amore, delle donne, di loro (Oh! Carol, Michelle dei The Beatles, Angie dei The Rolling Stones, Cecilia dei Simon & Garfunkel…). Persino sulle groupie sono state scritte molte canzoni da parte delle rock star (Ruby Tuesday dei Rolling Stones, Living Loving Maid (She’s Just a Woman) dei Led Zeppelin, Summer ’68 dei Pink Floyd, Lady D’Arbanville di Cat Stevens…). Il pubblico femminile riempie i concerti, serve come fonte di ispirazione maschile, muove l’industria musicale e i finanziamenti. Senza questo ruolo femminile la rivoluzione musicale e sociale non sarebbe stata possibile. Una discoteca frequentata da soli uomini, se non è una discoteca gay, dopo un mese è chiusa. Una discoteca frequentata da pubblico femminile è invece fiorente, perché la presenza femminile attrae gli uomini.
Due poteri complementari.
Il maggior errore dell’analisi di “Femminismo 2” risiede nel determinare un valore gerarchico ai diversi comportamenti ed esiti, omologare la volontà di uomini e donne e stabilire che tutti volevano essere sul palcoscenico. Secondo quest’analisi, dato che uomini e donne sono uguali, hanno pari talento e aspettative, e tutti vogliono andare sul palco, se le donne non ci sono riuscite, l’unica spiegazione possibile è che gli uomini glielo hanno impedito. Invece talvolta la spiegazione più semplice, anche se non voluta, è quella giusta: uomini e donne non sono uguali, si muovono in ambiti di influenza diversi, con aspettative e desideri diversi. Forse alle donne mancava la costanza e il talento che avevano gli uomini, o forse preferivano semplicemente fare le groupie. Ho già scritto in un altro intervento dell’importanza delle donne nella diffusione del cristianesimo. È ovvio che senza il ruolo maschile le religioni non esisterebbero. Chi ha impedito alle donne di creare una nuova religione, come hanno fatto Cristo, Maometto, Siddharta, Confucio, Lao Tzu, Zarathustra…? L’argomento che alle donne veniva impedito è assurdo, molti di questi uomini hanno dovuto sopportare e subire grandi sacrifici e pene per promuovere la propria fede. Quale pena, peggiore della crocifissione subita da Cristo, poteva capitare a una donna? Forse la spiegazione è che uomini e donne sono diversi, forse gli uomini sono più interessati a complicati dibattiti teologici e le donne nella preghiera e nel diffondere la propria fede nei cerchi familiari dove si muovono.
Le donne spesso non sono sul palcoscenico, ma la fiamma della religione si mantiene accesa grazie alle donne, una verità che è evidenziata anche dalla Bibbia, quando racconta che le donne madianite avevano spinto gli israeliti ad abbandonare la propria fede e a commettere gravi colpe verso il Signore (Nm 31, 16). Sostenere, come fa il femminismo, che lungo la Storia le donne abbiano promosso e diffuso le religioni plagiate dal Patriarcato, cioè dagli uomini, è dare a tutte le donne del passato delle ritardate mentali. Nella Storia le donne, volontariamente, hanno aderito a certi valori e hanno preferito rimanere tra il pubblico mentre gli uomini lottavano tra di loro per andare su quello stesso palcoscenico. In questo modo gli uomini hanno influenzato le donne e le donne hanno influenzato gli uomini, perché nulla in questo mondo è capitato senza l’influenza di entrambi. L’influenza e il potere delle donne sono simbolizzati molto bene nell’episodio del primo miracolo di Cristo durante le nozze di Cana. «Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. La madre dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. […] E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le giare”; e le riempirono fino all’orlo. […] E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino […]. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Vangelo, Gv 2, 1-11). La Vergine ordina al figlio di compiere il miracolo. Anche se non è ancora pronto e Lui non ci sta, ubbidisce e comanda agli uomini come fare per compiere il miracolo. In queste poche righe il potere visibile di Cristo e il potere invisibile di Maria si confondono. Quale volontà si è imposta?