Nozze. Chiesa piena. Fiori, petali e ghirlande. I fidanzati sull’altare. Siamo in uno dei momenti più emozionanti della cerimonia: lo scambio delle promesse. Il fidanzato ha già detto “sì”; ora lei è pronta a dire “sì” al suo fidanzato. Ad un tratto, in volo, accompagnato da un fragore di vetri rotti, irrompe in chiesa l’amico intimo della futura sposa, dopo essere stato scaraventato dal focoso cavallo sul quale cavalcava per arrivare di corsa in chiesa. La fidanzata si allontana dall’altare e si avvicina al suo amico, che, per terra, frastornato dalla caduta, non risponde alle sue richieste. Quando finalmente si riprende dalla spettacolare caduta, guarda con passione la ragazza e le dichiara il suo amore, felicemente ricambiato da lei. Trasportati dal loro amore, si abbracciano, si baciano davanti alla parrocchia stupita e, naturalmente, davanti al fidanzato, rimasto sull’altare con un pugno di mosche in mano. Dopo le effusive dimostrazioni di amore, resosi conto di essere osservati da tutti, la ragazza, addolorata, si avvicina al fidanzato tormentato ed esprime le sue condoglianze: «mi dispiace, sono davvero tanto dispiaciuta, non mi aspetto che tu mi perdoni». Il fidanzato, tutto tenerezza e carità, tutto comprensione, le dà un bacio sulla guancia, come un addio, o come per dire: “Non ti preoccupare, sei così bella che non ti merito”. Gli sguardi tra loro due sono teneri come petali di rosa. Così si sviluppa la scena finale del film Un amore di testimone (Made of Honor) del 2008. Malgrado la tragedia, l’infelicità e l’umiliazione che deve sopportare davanti a tutti, per colpa della donna che amava e che stava per sposare, il fidanzato respinto rispetta così tanto l’essere divino davanti a lui da sopprimere il suo giudizio sul comportamento di lei. Lui la lascia andare con amore. Ma la scena non finisce qui, il meglio deve ancora arrivare.
Sguardi inteneriti. Una pausa. In quel momento una donna, presumibilmente della famiglia dell’uomo disprezzato, si ribella e sbotta qualcosa in una lingua o dialetto sconosciuto. L’amico della fidanzata, l’usurpatore, chiede: «cosa ha detto?». Il fidanzato risponde: «che ti dovrei stendere». Detto e fatto, il fidanzato tradito prende a pugni l’usurpatore, lasciandolo fuori combattimento, dopo che lo stesso usurpatore si fosse mostrato d’accordo su questa azione punitiva: «mi sembra ragionevole». È ovvio che era la cosa più logica da fare: dai un bacio alla donna che ti ha tradito e un pugno all’uomo per il quale lei ti abbandona, anche se quest’uomo non ti ha tradito né qualcosa di simile. Ma è il finale più logico. Sarebbe inconcepibile per chiunque che il cornuto dia un bacio all’altro (a meno che non fosse il tipo di bacio che i mafiosi si scambiavano quando volevano annunciare la morte del baciato). E sarebbe stato altrettanto inconcepibile dare un pugno a lei. Poverina. Inoltre, si tratterebbe di violenza “di genere”. In fondo, cosa dovrebbe fare un vero gentiluomo di fronte all’offesa di una donna? La cosa logica, quindi, è ciò che è stato effettivamente rappresentato: un bacio per lei e un pugno per lui. A ricordarcelo, un’altra donna – perché gli uomini, si sa, agiamo su richiesta delle donne. Questa donna, parente di lui, che grida vendetta, non chiede di picchiare lei, la vera e unica responsabile della tragedia che sta prendendo forma. Questa donna esige che venga picchiato lui, l’amico, l’uomo, l’unico responsabile in quanto uomo e ricettacolo di qualsiasi violenza. Questa donna comanda, l’uomo, il fidanzato mollato, esegue. Violenza maschile.
L’uomo merita il male.
Non mi ricordo di aver visto proteste femministe per strada a seno nudo, con degli striscioni in mano, per chiedere sui film, in casi come questi, parità di trattamento e un pugno per lei. Oppure, la pretesa, di quelli più benevoli e pacifisti, di un bacio anche per lui. Sembra che nessuno sia interessato a scrivere sceneggiature simili. Su questo punto l’immaginario femminista e tradizionalista coincidono pienamente nell’essenziale: le donne sono esseri irreprensibili. Non importa che sia stata lei a tradire la fiducia di un uomo (qui il fidanzato): la donna, angelo di Dio, è talmente degna del nostro rispetto, al di là della perfidia commessa, da non meritare altro che un bacio. Questo ragionamento può sembrare molto ridicolo, ma è proprio così che la stragrande maggioranza delle donne pretende di essere trattata da un uomo ideale, cinematografico, da sogno: “Io, donna, sono una creatura passiva e irresponsabile. Colpevole, forse. Affascinante, comunque. Come una bambina”. No, non si tratta, come alcuni potrebbero pensare, di una sceneggiatura isolata, di violenza eccezionale, sull’altare, durante le nozze. Il film riprende scene che sono già apparse in altri film. Nel film Soldato Giulia agli ordini (Private Benjamin), del 1980, lei molla il fidanzato sull’altare e, non contenta, gli dà un pugno e lo stende per terra. Nel film 2 single a nozze (Wedding Crashers) del 2005, durante le nozze del suo migliore amico, davanti a tutti in una chiesa affollata, lei molla il fidanzato che doveva sposare perché ama un altro che si è dichiarato davanti a tutti. Ad un certo punto, l’amico del nuovo innamorato entusiasta interviene, dà un pugno al fidanzato mollato e lo stende per terra.
Esiste pure la variante nella quale la fidanzata picchia una donna. Nel film Tutta colpa dell’amore (Sweet Home Alabama) del 2002, la fidanzata molla lui per un altro davanti all’altare e, come avviene nel primo film sopraccitato, il fidanzato respinto, con molta tenerezza e tanta comprensione, dà un bacio sulla mano di lei e, rassegnato, va via. A questo punto interviene iraconda la madre di lui (mancata suocera), che non accetta la compassionevole rassegnazione di suo figlio. Lo sgraziato e rozzo intervento della mancata suocera non è gradito, la fidanzata le dà un pugno e la stende per terra. Anche le donne, dunque, sono picchiate o cadano rovinosamente? Sì, quando sono cattive e lo meritano, come nel caso della matrigna di Biancaneve o di Crudelia De Mon, la protagonista negativa di La carica dei cento e uno. Il copione rende queste donne odiose al pubblico e il pubblico approva la “punizione” fisica che ricevono. «I destinatari della violenza gratuita – quella che non è rivolta verso personaggi chiaramente definiti nel loro ruolo di “cattivi” (streghe, orchi, giganti, gnomi, matrigne, patrigni, bulli…) ma verso personaggi preferibilmente anonimi, che non sono né “cattivi” né meritano alcuna punizione – sono sempre fatalmente maschi. Solo i maschi di norma possono subire sofferenze, botte, colpi, senza necessità che questa violenza sia giustificata né debba essere punita o vendicata» (tratto dall’opera La grande menzogna del femminismo, a p. 356). La mancata suocera, prolungazione del figlio, è la “cattiva” del film, come le streghe nei cartoni animati, può essere dunque colpita perché il suo comportamento aggressivo lo merita. L’usurpatore del primo film sopraccitato può essere picchiato, anche se non è un bullo, né aggressivo, né orco, anche se non lo merita. Di norma, solo gli uomini sono i destinatari della violenza gratuita e delle cadute rovinose.
Meglio la violenza sugli uomini.
Qualcuno si starà chiedendo cosa sarebbe successo se Hollywood avesse rappresentato la scena a sessi invertiti, dove è l’uomo a mollare lei sull’altare: verrà picchiata l’usurpatrice e scusato lui con tanto amore e comprensione, come nei film precedenti? Questa scena è stata di fatto realizzata nel film Quattro matrimoni e un funerale (Four Weddings and a Funeral) del 1994. Sull’altare il fidanzato confessa di amare un’altra donna e molla la fidanzata. Risultato: lei gli dà un pugno che lo stende per terra. Non importa chi sia a mollare chi, e di chi sia la responsabilità, il risultato è uno solo: per l’uomo finisce male; la fidanzata invece non si tocca neanche con un fiore. Ho voluto approfittare della conclusione del mio intervento precedente sul film Barbie, per cercare di mettere in evidenza anche in questo intervento, servendomi di altri film, attraverso una scena molto particolare, il momento sull’altare durante le nozze, l’asimmetrico trattamento che è messo in atto dalla industria del cinema quando si tratta di filmare violenze o cadute rovinose su uomini e su donne. Come avviene nel film Barbie, in tutti i film sopraccitati la violenza esercitata è predisposta per essere accolta dal pubblico come un momento comico. Malgrado l’evidente violenza, tutti i film sono commedie.
Sarebbe, secondo me, sbagliato addebitare tout court al femminismo l’origine di questa asimmetria. Nella sua essenza queste scene nascono da una storia millenaria: tanto gli uomini quanto le donne sono d’accordo in linea di massima con questa ineguale distribuzione dei beni, dei rischi, delle responsabilità, dei danni e dei colpi: il bacio per lei, il pugno per lui. Ho già asserito in altri interventi che non credo che la diffusione della teoria femminista possa essere spiegata senza tener conto della biologia, cioè delle differenze biologiche tra uomini e donne. E non so se sia possibile, né come, cambiare tali asimmetrie così radicate nelle menti e nel tempo. Ogni damigella vuole un salvatore e ogni salvatore cerca la sua damigella da salvare. Ma al di là di quanto siano radicati gli istinti più profondi in ognuno di noi, la critica all’ideologia femminista è doverosa perché stravolge la realtà, la sua descrizione del mondo è falsa. Malgrado le evidenze quotidiane – anche a livello simbolico come in queste scene dei film –, la teoria femminista afferma che avviene proprio il contrario: cercano di convincerci che nel mondo sono le donne quelle svantaggiate nell’ineguale distribuzione dei beni, dei rischi, delle responsabilità, dei danni e dei colpi. Nell’immaginario femminista, il bacio è per lui, il pugno è per lei. (P.S. Trasportato alla realtà, un esempio evidente è il discorso che il femminismo istituzionale e mediatico tiene sulla violenza. Secondo la teoria femminista, la violenza che subiscono le donne è un fatto culturale. Eppure la realtà ci mostra chiaramente il contrario, sono gli uomini a subire più spesso violenza, anche la più estrema che si traduce nell’omicidio, in percentuali più alte, tanto da parte di altri uomini come da parte delle donne stesse. In altre parole, sia gli uomini sia le donne, quando scelgono di esercitare violenza, culturalmente – semmai si tratti di apprendimento culturale –, prediligono di esercitarla prevalentemente sugli uomini).