La tragedia di Brandizzo con i suoi cinque morti sui binari ha suscitato una vasta serie di commenti, tutti prevedibili e tutti scontati. Si è trattato infatti di un avvenimento eccezionale solo nelle modalità e nella contestualità del numero delle vittime, mentre quella dei morti sul lavoro è una costante del sistema produttivo. Le cifre ballano. Infatti nel totale del migliaio di decessi annui sono inclusi sia quelli in itinere sia quelli stradali lavorativi, mentre non sono conteggiati quelli del lavoro nero e quelli delle attività autoproduttive paradomestiche. L’interesse alla conoscenza dei veri dati è sempre scarsa, in questo caso è quasi nulla. La causa viene rinvenuta da alcuni nella natura stessa del sistema capitalista, lasciando intendere che nei sistemi precapitalistici e/o nei paesi comunisti non vi fossero e non vi siano morti sul lavoro (opinione fondata sul fatto che le relative statistiche non sono esistite o non sono mai state raccolte, ovviamente). Secondo altri invece essa causa andrebbe ricercata nella privatizzazione dei servizi, nella precarizzazione, nel sistema del massimo ribasso e dei subappalti, nelle liberalizzazioni occorse negli ultimi decenni etc., lasciando intendere che a suo tempo il numero delle vittime fosse ben inferiore, mentre invece oscillava dal doppio al quadruplo.
In questo caso i dati parlano contro la tesi (ma chi se ne frega dei numeri…). Secondo altri ancora, tali eventi sono sostanzialmente inevitabili e ne va rimandata la causa alla fatalità, al mancato rispetto delle norme da parte delle stesse vittime, alle imprudenze, agli errori. Commenti e critiche viaggiano tutti su questi binari. E non deragliano. Quel che viene evitato come la peste è un particolare scabroso che invece ci interessa moltissimo e ci riguarda da vicino. Come già notato infinite volte (da noi…) i morti sono nella stragrande maggioranza dei casi (97/98%) uomini. Le donne (che sarebbero il 10/12% del totale ufficiale) muoiono quasi tutte in itinere o in occasione di eventi stradali lavorativi. Questa è acqua liquida (per noi). Il sesso dei morti, il fatto che siano maschi, non è stato rilevato da nessuno. Come sempre.
È il patriarcato, fratelli.
Qui però indirizzo l’attenzione su altri fattori. Il primo è che a pagare in sede penale (e civile) sono altri uomini, altri “beneficiari del dividendo patriarcale”. In questo caso almeno un sopravvissuto, un superstite. Noi stessi dimentichiamo troppo facilmente che oltre ai mutilati e ai morti, ci sono i relativi responsabili in vari gradi, inquisiti (a ragione o a torto) e condannati (giustamente o ingiustamente) e che essi pure sono senza utero. Tutti anuterini. Fin qui siamo ancora nelle osservazioni lecite. Bisogna però andare oltre, verso verità scandalose e imbarazzanti, giustamente sospette di misoginia patriarcale. Andiamo dunque avanti. Il reddito dei morti andava alle famiglie, ossia prima di tutto alle partner. I risarcimenti andranno alle medesime come il Tfr e la reversibilità. Anche i denari raccolti in rete andranno alle stesse. Vive, sane e a piede libero. Perché i maschi rendono da vivi e anche da morti, da innocenti come da colpevoli. Non è colpa mia se è così: è così. Non è cinismo, magari lo fosse, è la verità, giacché non esistono solo opinioni: esistono anche i fatti. Duri e spietati.
Ma in questa occasione vi è un particolare che ha del sublime: il pool investigativo è composto da tre femmine. Non c’è da stupirsene, giacché la magistratura è a maggioranza femminile e la quota delle uterine è in costante crescita (ultime assunzioni quasi l’80%). È bello vedere che sul banco degli imputati ci sta mezza umanità e su quello degli inquisitori l’altra. Se poi si considera che le inquisitrici non sono figlie della classe operaia ma di quella agiata, allora c’è veramente da ringraziare Dio di essere nati. Viceversa chi avrebbe potuto immaginare una realtà ordinata su cotanta giustizia? Un mondo fondato su tanta equità? Mutilati, morti, inquisiti, colpevoli, condannati, rovinati. Vive, sane, risarcite, giudicanti, innocenti, ben remunerate. È il patriarcato, fratelli.