Andrew Tate è un ex campione di kickboxing. Nato negli USA, detiene anche cittadinanza britannica e, dal momento del suo ritiro dal ring, è diventato un influencer molto noto, per lo meno tra tutti coloro che conoscono o capiscono l’inglese. Sulla base dei suoi successi sportivi (e conseguentemente anche economici), ha costruito insieme al fratello Tristan un impero mediatico basato sul suo carisma e la sua potenza comunicativa su temi fortemente discussi e, in gran parte, di interesse anche di questo sito. Maschilità, relazioni tra uomini e donne, genderismo, sono, tra gli altri, argomenti che Tate ha affrontato e affronta sui suoi canali social e ovunque venga intervistato. Lo fa con un piglio da combattente: sebbene sia dotato di un eloquio che dimostra abbia letto ben più di un libro, raramente usa il fioretto, prediligendo la scimitarra e talvolta il bazooka nel contrapporsi ai promotori della narrazione unica dominante, che lui chiama emblematicamente “the matrix”. Si potrebbe dire che Tate, tramite i suoi canali social, traduca in forma meno sofisticata e più muscolare le ben più raffinate elaborazioni di un Jordan Peterson o un Warren Farrell e anche per questo trovi un pubblico ampio ed entusiasta, specie tra i giovani.
Per il suo stile comunicativo, Tate è o amato o odiato, senza vie di mezzo. Lui gioca volentieri con questa polarizzazione per aumentare la propria visibilità, con prese di posizione fortemente eretiche (rafforzate da una sua recente conversione all’Islam): l’uomo deve imparare ad ‘essere uomo e la donna dev’essere donna, entrambi profondamente diversi, con un amor proprio d’acciaio, ma chiamati a svolgere ruoli complementari, dove l’ottimo è rappresentato da un’alleanza basata sul rispetto, il riconoscimento reciproco di pregi e difetti e, ove possibile, sull’amore. Non solo: i bambini non vanno toccati nel loro percorso di vita, in linea generale, né influenzati su questioni che non sono in grado di capire (le relazioni o gli orientamenti sessuali, ad esempio). Tanto meno lo Stato può arrogarsi il diritto di decidere chi e come debba educare i figli di una coppia, o quale sia il linguaggio da utilizzare nei confronti delle minoranze, e così via. Un eretico, insomma, in un mondo dove il pensiero unico dominante e il politically correct progressista la fanno da padroni. Con quale dirompenza e strafottenza Tate affermi la sua eresia è facile da constatare semplicemente cercando suoi video in giro per la rete (purtroppo non sono molti quelli significativi sottotitolati in italiano, ma i sottotitoli automatici di YouTube aiutano abbastanza). Qui un esempio e di seguito un altro, un suo podcast trasformato in video “motivazionale”:
Il video dopo il rilascio.
Ottenuta una straordinaria visibilità globale, grazie a una gestione molto astuta dei propri canali social, in breve Tate, intanto trasferitosi in Romania, diventa una spina nel fianco per il sistema, un elemento di disturbo troppo capace di risvegliare coscienze e mobilitare volontà ridotte all’assopimento da un bombardamento mediatico ben mirato alla castrazione degli uomini e alla vittimizzazione revanscista delle donne. Nel proclamare (e incarnare in se stesso) un recupero dell’orgoglio maschile come elemento positivo e propulsivo per tutta la comunità umana, Tate diventa un bersaglio e poco meno di un anno fa finisce in carcere, in Romania, dietro l’accusa di traffico di persone umane. Nel dettaglio, l’accusa consisteva nell’aver plagiato con il suo fascino una serie di donne, convincendole a esibirsi su TikTok, per poi rubarne gli introiti. Un’accusa tangente allo sfruttamento della prostituzione, ma argomentata in modo bislacco. Tuttavia si tratta di una denuncia che in Romania è presa molto sul serio, tanto che Tate e suo fratello sono stati sbattuti prima in carcere per tre mesi, poi ai domiciliari per altri sei, per permettere lo svolgimento delle indagini.
Quale fosse l’infima caratura delle accuse e l’esito delle indagini è emerso dopo un po’ di tempo. Tate lo racconta, insieme ad altre cose molto interessanti, in questa lunga intervista recentemente rilasciata a Tucker Carlson (celebre anchor-man americano, anche lui vittima della “matrix”, cacciato dalla Fox News, nonostante gli ascolti, per le sue posizioni critiche verso la Casa Bianca e il mainstream). Finalmente giunto davanti al giudice, dopo mesi di detenzione, Tate ha avuto la prova di quanto lui stesso, i suoi milioni di follower e chiunque conosca il sistema sospettavano: accusa falsa, strumentale, costruita. Nessuno dei testimoni interpellati, nessuna delle presunte vittime coinvolte ha confermato ciò per cui era accusato. Il giudice ha letto la pratica e deciso la scarcerazione: “bullshit” (stronzate), come direbbe lo stesso Tate. Il quale, pochi giorni dopo, ha rilasciato subito un video dei suoi, muscolare (non è un caso che sia a torso nudo), ultra-carico, arrembante, come può esserlo quello di un uomo ricco, di successo e soprattutto senza paura, che è passato sotto le forche caudine di una falsa accusa. Ecco il video in questione:
La “matrix” se l’è presa con la persona sbagliata.
Per chi non sa l’inglese, in sostanza Tate riassume il suo caso, su cui la “matrix” ha investito risorse e tempo, con lo scopo di costruire un castello di bugie atto a delegittimarlo e squalificarlo agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e dei suoi tantissimi follower. Un castello apparentemente ben costruito, tanto da trovarsi a combattere pressoché da solo, avendo a fianco soltanto il fratello e i più stretti e leali membri del suo team, ma che poi è risultato essere fatto di carte. Che però è costato a lui e al fratello diversi mesi di carcere e di arresti domiciliari. A causa di questo insieme di fattori, Tate si mostra caricato a pallettoni e, tipico dell’uomo vittima di un’ingiustizia, non intende chinare la testa, anzi rilancia con un’iniziativa di grande importanza e che tutti dovremmo tenere sott’occhio. «Quando il mio rilascio sarà ufficiale», proclama Tate al termine del video, «userò la mia gigantesca piattaforma e la mia enorme capacità finanziaria per lanciare un fondo di solidarietà per prevenire che questo accada ancora ad altri uomini. Si è raggiunto il limite, questa cosa deve finire e io la finirò».
Lo si è detto: Tate lo si ama o lo si odia. I suoi modi molto “carichi” possono non piacere, così come la sua arroganza, l’esibizione della sua ricchezza o il misticismo che di frequente inserisce nelle sue riflessioni, ma è davvero difficile non condividere il cuore del suo pensiero, ovvero la visione critica che ha del presente e la possibile soluzione, imperniata su una consapevolezza profonda di ciò che uomini e donne sono, quale base per una società pacifica ed equa. Il fatto che venga definito misogino, omofobo, transofobo, estremista dai più grandi e compromessi media o gruppi associati del mainstream non fa che deporre a suo favore. Ancor più se davvero andrà avanti nella sua iniziativa del fondo di solidarietà. Non è una persona qualunque o un’associazione tra le tante ad aver dichiarato di voler fare qualcosa, ma un influencer da milioni di follower, un uomo determinato e con un rapporto molto dialettico con la paura. Si ha insomma l’impressione che stavolta la “matrix” se la sia presa con la persona sbagliata e ne avremo la prova nel prossimo futuro, constatando come Tate gestirà l’annunciato fondo di solidarietà. Per parte nostra, sosteniamo già la sua iniziativa, aggiorneremo i lettori su come procede e non mancheremo di sollecitare Tate ad andare fino in fondo.