Nelle parti precedenti di questa riflessione (qui la prima e la seconda) abbiamo visto come i teorici dell’ideologia gender puntino specificamente ai giovani, come sia fondamentale ai loro scopi la ristrutturazione del linguaggio comune e degli spazi pubblici, e come l’ideologia vada a cozzare con le stesse rivendicazioni dei diritti delle donne e degli omosessuali. Vediamo in questa terza e ultima parte come l’ideologia gender stia mettendo a rischio le stesse fondamenta dell’umana conoscenza ed esperienza. Il sapere scientifico è un’accumulazione faticosa, costruita nel corso dei millenni, attraverso un procedimento che non ci è stato infuso dall’alto, ma che l’essere umano ha migliorato costantemente attraverso prove, errori e ripetizioni, ed è tuttora in costante perfezionamento. Questo percorso ci ha fornito strumenti tecnologici, un aumento poderoso dell’aspettativa di vita, la cura a mali che nei secoli scorsi mietevano vittime e tanto altro. Oramai il lettore più attento avrà intuito il problema in tutto ciò: essendo il “maschio bianco etero-cis” il principale responsabile di tutto il sapere scientifico e di tutto il bagaglio culturale che oggi possediamo, per ottenere la giustizia sociale woke non c’è altra scelta che riscriverlo completamente dalle sue fondamenta. Non stupisce quindi la proposta di considerare “2+2=4” come un’affermazione politicamente orientata, e di valutare come “verità divergenti” cose come “2+2=5”. Orwell ci aveva lanciato anche questo, di monito. Nell’agghiacciante terza parte del romanzo, O’Brien tortura intensamente il protagonista Winston Smith per portarlo non solo all’abiura totale dei suoi “psico-reati”, ma ad “amare il Grande Fratello”; e durante una delle sessioni di tortura, gli illustra l’arbitrarietà del sapere storico e scientifico, e lo riconduce a un modo di pensare “sano”: «”In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo? … Sei lento a imparare, Winston”, disse O’Brien, con dolcezza. “Ma come posso fare a meno” borbottò Winston “come posso fare a meno di vedere quel che ho dinanzi agli occhi? Due e due fanno quattro!”. “Qualche volta, Winston. Qualche volta fanno cinque. Qualche volta fanno tre. Qualche volta fanno quattro e cinque e tre nello stesso tempo. Devi sforzarti di più. Non è facile recuperare il senno.”».
Per questa ragione, si incita alla “cancellazione” della memoria dei personaggi storici, se rei di qualche gesto contrario all’ideologia (e quasi sempre, a scavare nelle vite dei personaggi del remoto passato, qualcosa si trova). Si riscrive la storia, ristrutturando la nostra comprensione del passato, in modi più “inclusivi”, dalla storia militare a quella dell’arte, e si riscrive il sapere scientifico, bollando come “pseudoscienza”, “dogma politicamente orientato” e “fake news” ciò che non è conforme all’ideologia. A partire dal dogma dei dogmi, thoughtcrime per eccellenza: il binarismo sessuale dell’essere umano, che va sradicato completamente dall’esistenza. Sono araldi di questo cambiamento luoghi un tempo gloriosi del dibattito scientifico pubblico come Nature e Scientific American. Un esempio aiuterà a illustrare questo processo. Pz Myers, biologo statunitense, un tempo fiero razionalista e alfiere del New Atheism, ancora nel 2014 partecipava al dibattito sul gender chiarendo sul suo blog Pharyngula che negli esseri umani il sesso è un sistema binario. Ebbene in un recente post – non sono passati neanche dieci anni – Pz Myers recita, a capo chino (probabilmente cosparso di cenere) il credo del culto gender: «Ho notato un bizzarro nuovo dogma: che il sesso sia definito dalla dimensione dei gameti che produci. O fai quelli grandi o quelli piccoli (o nessuno, ma tralasciamo questo aspetto, dato che stiamo cercando di inventarci una distinzione binaria), e alcuni se ne vengono fuori con la semplicistica affermazione che “le donne producono i gameti più grandi”, come se fosse una verità definitiva e assoluta. È un’affermazione stupida, ed è l’ultimo tentativo di ridurre un complesso processo biologico a una singola definizione arbitraria». Per poi appunto citare un articolo pubblicato su Scientific American dal titolo Here’s why human sex is not binary (Vi spieghiamo perché nella specie umana il sesso non è binario): «Negli esseri umani il sesso è un attributo dinamico, biologico, culturale e intrecciato a cicli di feedback con i propri contesti sociali e ambientali. Quindi, quando qualcuno afferma che “il sesso di un organismo è definito dal tipo di gamete (sperma o ovulo) che produce” e che la legislazione dovrebbe “basarsi sulle caratteristiche dei corpi fisici”, non stanno realmente parlando di biologia e gameti. Stanno difendendo una specifica, politica e discriminatoria, definizione di cosa sia giusto e naturale per gli esseri umani, basata su una rappresentazione falsata della biologia».
Postumanismo e transumanismo.
Poiché l’homo sapiens sapiens, nonostante il magnifico regno celeste offertogli dalla rivelazione gender, sembra cocciutamente vincolato a certe sue caratteristiche biologiche – come appunto i due sessi, le tipicità delle loro caratteristiche fisiche e la loro espressione sociale –, lo stesso nostro essere umani, nei suoi aspetti più fondamentali, dovrà essere radicalmente rimaneggiato. Non sorprende trovare quindi nell’accademismo woke la teorizzazione del “postumanismo”, la visione filosofica, di stretta discendenza dalla critical theory, secondo cui la visione unificata e tradizionalmente definita dell’essere umano va sostituita con una condizione “post-umana”, nella quale l’individuo non può avere una definizione precisa, ma va piuttosto compreso come un’entità dall’ontologia fluida, in costante ridefinizione della propria forma, della propria identità e della propria prospettiva sul mondo. In questo discorso “post-umano” si inseriscono le nuove possibilità della tecnologia. Grazie al progresso della scienza e della tecnica, oggi abbiamo a disposizione gli strumenti per modificare il DNA, rimpiazzare parti del corpo con omologhi tecnologici, e inserire micro-chips attraverso i quali si può interferire radicalmente sull’attività fisiologica. Grazie a questi strumenti si può realizzare il sogno “postumanista” del trascendimento dell’umano e delle sue limitazioni biologiche, in favore della visione in cui il corpo è un supporto neutro, una tabula rasa sulla quale si può imprimere virtualmente qualsiasi “identità” di propria preferenza. In ciò sta la connessione tra “postumanismo” e “transumanismo” (due concetti spesso confusi ma differenti tra loro), ossia la visione secondo cui la tecnologia può e deve essere utilizzata per trascendere i limiti della natura biologica umana. I sostenitori di questa visione predicano l’utilizzo attivo della tecnologia per trascendere i limiti delle possibilità umane, non solo a fine terapeutico: ad esempio la sostituzione di parti del corpo con innesti tecnologici che consentano la visione oltre lo spettro del visibile, o aumentino la velocità dei movimenti, come anche la modifica attiva del DNA non solo per correggere malattie genetiche o difetti fisici intrinseci, ma per effettuare delle scelte estetiche e morfologiche sul corpo dei nascituri.
L’intervento tecnologico diventa il mezzo ideale per confondere e obliterare i ruoli sociali che i due sessi tradizionalmente assumono, anche in virtù del proprio retaggio biologico, e avanzare così verso una società di entità essenzialmente neutre, in cui l’identificazione in un “genere” e in una categoria sociale di riferimento saranno unicamente questioni di scelta arbitraria. Ivi compresa una delle funzioni fondamentali dell’essere biologico, quella della riproduzione. Sembrano speculazioni venute fuori da un romanzo di fantascienza: ma il lettore ne afferrerà la tremenda concretezza considerando che alcuni dei principali finanziatori delle campagne legate all’ideologia woke sono dei convinti sostenitori del transumanismo (e spesso a loro volta dichiaranti un’identità “transgender” o “non-binaria”), come Martine Rothblatt, Lynn Conway, e la famiglia Pritzker, e che personalità “transgender” vengono sempre più spesso accolte e acclamate in ruoli chiave dell’Accademia, della politica e perfino dell’esercito. Questo network di individui e di enti “filantropici” è responsabile di un costante, oceanico flusso di denaro devoluto alle “cause LGBTIQ+” (si parla almeno di centinaia di milioni di dollari ogni anno); gran parte di questo denaro va ad agire in modi non del tutto trasparenti sulla pressante attività di lobby esercitata sulla cultura, sui media, e sui legislatori.
L’ideologia gender esiste.
Conclusioni. Libby Emmons – ex-attrice teatrale attiva nell’ambito del “teatro femminista radicale”, poi silurata dalla propria carriera, come rappresaglia per aver commesso lo psico-reato di sottolineare i legami concettuali tra “transgenderismo” e “transumanismo” – scrive in un illuminato articolo per Quillette, La rivoluzione transumanista: oppressione camuffata da liberazione: «I teorici del transgenderismo sostengono che siamo più “mente” che “corpo”, ed è questo a rendere l’ideologia gender una componente essenziale della spinta verso la normalizzazione del transumanismo. Il corrente sforzo nel ridefinire i concetti di “maschio” e “femmina” in un senso che trascenda il binarismo sessuale, concorre a stabilire un dualismo cartesiano in cui la mente può dominare il corpo a un tale livello che la soggettività personale può contrastare la realtà biologica in modo definitivo. La pratica “transgender” è la deviazione definitiva dalla vita biologica. L’affermazione che un individuo possa essere “nato nel corpo sbagliato” implica il totale rifiuto dell’unità composta da corpo e mente, e l’affermazione dell’idea che corpo e mente possano essere talmente distanti tra loro, che il corpo debba essere alterato per corrispondere alla percezione mentale di come esso dovrebbe essere. Contrariamente alla percezione comune, che si fonda nella retorica degli attivisti stessi, secondo i quali in gioco ci sarebbe “l’esistenza” stessa degli individui “transgender”, non si tratta affatto della mera accettazione di una minoranza di persone con idee o stili di vita divergenti dalla norma. In gioco ci sono gli aspetti più fondanti di cosa significa essere umani». Alla luce di tutto ciò vogliamo dire che ci siamo convinti: il gender non esiste. Nel senso della caratteristica immateriale, nebulosa, mistica, fluida, indefinibile, del tutto slegata dal corpo fisico e dalla realtà biologica della specie, sempre “giusta” e indiscutibile in sé ma a volte incarnata nel corpo “sbagliato” per una svista degli Dèi, e che si può percepire e ripensare a piacere, e scolpire a colpi di farmaci, chirurgia e innesti tecnologici. L’ideologia gender, invece, esiste (da qualche decennio) e ci invade ogni giorno di più. Ma abbiamo innumerevoli buone ragioni per contrastarla con ogni nostra forza.