La filosofa Hannah Arendt descrive il concetto di ideologia come la «logica di un’idea». Si tratta di una logica inevitabile: tutti i fatti devono, per convenienza o in modo forzato, rientrarvi. Qual è l’idea sulla quale fonda la sua logica l’ideologia femminista? L’oppressione degli uomini sulle donne, dominazione che ha segnato, secondo il femminismo, la Storia delle relazioni tra i due sessi dalla preistoria fino ai giorni nostri. “Uomini oppressori, donne vittime”, ecco il dogma fondante dal quale si sviluppa tutta l’analisi e la teoria femminista. Quest’idea impone una griglia interpretativa su tutta la nostra tradizione letteraria, culturale, artistica, storiografica, morale… Il mondo deve essere riletto sotto questa “prospettiva di genere”, cioè femminista, quindi attraverso il prisma della dominazione maschile. Architettura, matematica, sessualità, politica, cinematografia, semiotica, tutto sottoposto al tritacarne che vittimizza le donne e colpevolizza gli uomini, con una coerenza che raramente si riscontra nella realtà. L’idea quindi che caratterizza e definisce il femminismo non è l’abusato concetto di parità. Ciò che caratterizza e definisce il femminismo è il dominio, l’oppressione, la schiavitù (della donna da parte dell’uomo). Si tratta di un dominio maschile atemporale, storico e attuale, avvenuto sempre.
«Il maschile ha pieni poteri e li ha conservati nei millenni plasmando la violenza secondo varie modalità e gradazioni, reinventandola, ritualizzandola, regolamentandola, lasciandola esplodere furiosamente», così ha messo in luce la scrittrice Elena Ferrante, «inserita nel 2016 dal settimanale statunitense Time nella lista delle 100 persone più influenti al mondo», le origini del conflitto tra gli uomini e le donne. E ribadisce, «le donne, in assenza di una loro forma, hanno subito questa violenza, l’hanno appresa, l’hanno respinta, l’hanno usata sempre e soltanto dal di dentro della tradizione maschile. In questo senso non c’è, per ora, volontà di annientamento e non c’è strumento di annientamento che non sia profondamente segnato dalla storia del dominio maschile». Le donne, storicamente irresponsabili, vittime innocenti (e ingenue, sarebbe da aggiungere) del «dominio maschile». Titola il giornale spagnolo El Mundo: «Rischiamo una nuova schiavitù delle donne» – traduzione grossolana ma molto più incisiva delle parole della Ferrante, «temo la maschilizzazione ulteriore del femminile spacciata per liberazione». O, secondo le parole della scrittrice Dacia Maraini: «rischiamo di dimenticare secoli di oppressione». Le donne non devono dimenticare da dove provengono, la valle di lacrime e di oppressione che le loro antenate hanno dovuto soffrire, origine dell’attuale discriminazione – seppur mitigata dalle lotte e le conquiste femministe. Il termine più adoperato nei testi storici femministi per definire e descrivere la condizione storica della donna è quello di «schiavitù»: le donne erano (lo sono ancora?) «schiave», da qui la necessità di un movimento di liberazione. Il pensiero di Elena Ferrante e di Dacia Maraini vuole solo essere esemplificativo del dogma femminista che proclama l’oppressione STORICA; innumerevoli altre citazioni simili possono essere riportate a conferma dell’esistenza di tale dogma.
Il Patriarcato come nuovo Dio.
Ha scritto Susan Sontag: «Le donne non possono emanciparsi senza ridurre il potere degli uomini». Di fatto, «tutte le donne vivono in una situazione “imperialista” nella quale gli uomini sono i coloni e le donne sono gli indigeni. Nei cosiddetti paesi del Terzo Mondo, la situazione delle donne rispetto agli uomini è tirannica e brutalmente colonialista. Nei paesi economicamente avanzati (sia comunisti che capitalisti) la situazione delle donne è neocolonialista: è stata corretta la segregazione delle donne, è diminuito l’uso della forza fisica contro di loro; gli uomini delegano parte della loro autorità, il loro dominio è esercitato in modo meno palese. Ma le stesse relazioni fondamentali di inferiorità e superiorità, impotenza e potere, sottosviluppo e privilegio culturale prevalgono tra donne e uomini in tutti i paesi. Qualsiasi serio programma di liberazione delle donne deve partire dalla premessa che la liberazione non riguarda solo l’uguaglianza (l’idea liberale). Riguarda il potere». E per cambiare la realtà bisogna cambiare la Storia. Città del Messico, ad esempio, ha sostituito la statua di Colombo con quella di una donna indigena. Si tratta di far posto a un monumento che faccia «giustizia sociale» riguardo al ruolo storico delle donne in Messico, specialmente quelle di origine indigena, ha riferito la sindaco Claudia Sheinbaum. Il pensiero di Susan Sontag vuole solo essere esemplificativo del dogma femminista che proclama l’oppressione ATTUALE; innumerevoli altre citazioni simili, compresi i proclami di tutti i ministeri delle pari opportunità occidentali, possono essere riportate a conferma dell’esistenza di tale dogma.
La teoria femminista ha racchiuso “l’oppressione maschile e la schiavitù femminile” in un unico termine: il PATRIARCATO. Durante il Medioevo Dio, essere supremo, intangibile, invisibile, etereo, impalpabile, immateriale, incorporeo, era la fonte di ogni conoscenza e di ogni agire. Non dimorava in nessuna sede perché era ovunque, onnipresente. Ogni disciplina era subordinata all’esistenza di Dio, la struttura logica, lo studio matematico, il giudizio morale, il fondamento della scienza… Ogni verità non era possibile al di fuori della sua esistenza. Nel XXI secolo il “progresso” ha sostituito Dio per il Patriarcato. Oggi il Patriarcato, ente supremo, intangibile, invisibile, etereo, impalpabile, immateriale, incorporeo, è la fonte di ogni educazione e di ogni agire sociale. Non dimora in nessuna sede perché è ovunque, onnipresente. Ogni disciplina è soggetta all’esistenza e all’influenza del Patriarcato, le discipline sociali, la logica, lo studio matematico, il giudizio morale, il linguaggio… Ogni verità non è comprensibile al di fuori della sua esistenza. Con la sola differenza che Dio era da venerare, origine di tutto il bene, invece il Patriarcato è da combattere, origine di tutto il male. In conclusione, cos’è il femminismo? È l’ideologia che sostiene che storicamente e attualmente le donne sono e sono state oppresse per mano degli uomini, in un sistema denominato Patriarcato, ma il femminismo non si è fermato qui, non gli è bastato definire il concetto. Come qualsiasi ideologia, si prefigge di cambiare il mondo, di modificare il sistema, di combatterlo fino all’annientamento.
Nessuna logica, è femminismo.
Una volta stabilita la prima premessa femminista, la prima idea fondante, l’esistenza del Patriarcato, il femminismo stabilisce una seconda premessa: il Patriarcato è una “costruzione sociale”. Quindi si tratta di un sistema modificabile, che può essere decostruito: il Patriarcato deve essere combattuto. In che modo? Il Patriarcato è costituito da un binomio. Il primo elemento, donna vittima, non è in discussione. Il secondo, uomo oppressore, diventa più problematico perché risulta, a tutti gli effetti, un atto di accusa. Per non inimicarsi gli uomini talvolta si ipotizza che gli uomini siano inconsapevoli e irresponsabili privilegiati all’interno di un sistema ingiusto, quello patriarcale, ciò che a mio avviso è solo una forzatura logica per scansare il rischio di essere accusati a loro volta di sessismo. Da qui il moltiplicarsi di articoli che predicano che le femministe “non odiano gli uomini”, come ad esempio il discorso alle Nazioni Unite di Emma Watson (riportato in video qua sopra) che stabilisce due cose: le donne sono vittime e il femminismo non è contro gli uomini. Ma il femminismo è molto chiaro, parla di «oppressione», di «schiavitù», e dove ci sono «vittime oppresse» necessariamente ci devono essere «oppressori». Scrive Beatriz Preciado: «quando avremo violato e smembrato un numero di uomini pari alle donne, […] semplicemente per il fatto di essere uomini, […] allora potrete chiamarci nazifemministe. Quando avremo deciso in un Parlamento composto solo di donne, in un consiglio d’amministrazione composto solo di donne, che un uomo per il semplice fatto di essere uomo deve essere meno pagato di una donna in qualsiasi impiego e circostanza, allora potrete chiamarci nazifemministe». La narrazione femminista è inequivocabile, stabilisce una colpa e individua un colpevole. L’uomo non è un privilegiato privo di colpa, l’uomo è l’oppressore privilegiato, il colpevole. Quindi la lotta contro il Patriarcato passa per un attacco diretto all’uomo (al di là della sua innocenza o della sua colpevolezza), tutto il resto è un’operazione di maquillage.
Stabilita la colpa (dell’uomo), sorge un’altra perplessità: come è possibile che la donna sia esente da colpa? Non è lei parte integrante della società? Non partecipa anche lei alla costruzione del Patriarcato? Se la risposta è affermativa, se riteniamo il Patriarcato una costruzione di entrambi i sessi, possiamo solo ipotizzare che il motivo della partecipazione della donna alla costruzione di un sistema sociale a suo danno è che la donna sarebbe intellettualmente inferiore all’uomo oppure intellettualmente capace tanto quanto l’uomo ma masochista (almeno, durante la maggior parte della Storia dell’umanità). Se invece la risposta è negativa, se riteniamo il Patriarcato una costruzione soltanto dell’uomo, anche qui si aprono due spiegazioni possibili. Nella prima si potrebbe ipotizzare che l’uomo abbia potuto per secoli ingannare e tenere nascosto questo sistema alla donna, che non si accorgeva del danno recato, perché lei è intellettualmente inferiore all’uomo. Nella seconda, ammesso che la donna è intellettualmente capace tanto quanto l’uomo, era costretta per forza a conformarsi a un sistema che rifiutava e che le recava danno, perché fisicamente più debole. Lungo la Storia la donna non si sarebbe ribellata perché era sopraffatta dalla superiore forza fisica dell’uomo. Per il femminismo le tre prime opzioni sono inaccettabili. L’unica spiegazione plausibile è la quarta. La versione ufficiale stabilisce che gli uomini hanno imposto alle donne il Patriarcato grazie alla forza fisica. La superiorità della forza fisica spiega tutto, il predominio maschile e la soggezione femminile. Ipotesi messa fortemente in discussione dall’esistenza delle gerontocrazie, i governi degli anziani, in molte regioni e popoli del mondo lungo tutta la Storia, a dimostrazione che molto spesso è più importante il potere emozionale e simbolico (ambiti nei quali la donna spicca, in quanto madre di fatto o in potenza) che la forza fisica. Insomma, la teoria femminista non riesce a spiegare come sia nato e perdurato indisturbato il Patriarcato per secoli. Come Dio, il Patriarcato esiste, è un atto di fede. Se l’uso della logica fosse il campo di battaglia del femminismo, questa ideologia sarebbe già stata sconfitta tanto tempo fa.