«“La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità”, diceva Aristotele. “Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole”; e S. Tommaso ugualmente decreta che la donna è “un uomo mancato”, un essere “occasionale”», parole scritte da Simone de Beauvoir sulla sua opera più nota Il secondo sesso, riportate pari pari sui libri scolastici di scuola superiore (Lezioni di storia della filosofia, Zanichelli, 2010) senza alcun commento di approfondimento degli autori del testo scolastico né smentita di quanto affermato. Nell’intervento della settimana scorsa è stato spiegato come le parole di Aristotele, una volta contestualizzate e corretta la traduzione, non corrispondano nel senso e nelle intenzioni dell’autore a quanto denunciato dal femminismo storico. In questo intervento tocca rivedere la posizione di Tommaso d’Aquino, un altro pensatore dell’antichità messo alla gogna e additato, assieme ad Aristotele, ingiustamente di misoginia. È diffusa la credenza che S. Tommaso abbia decretato la donna come «un uomo mancato» o difettoso, malgrado il pensatore l’abbia smentito per ben cinque volte esplicitamente. Nella sua opera più famosa, Summa Theologiae, S. Tommaso parla della Creazione e di come Adamo ed Eva siano entrambi opere di Dio (al di là del modo nel quale furono creati). In pratica, gli esseri umani sono prodotti della sostanza dei loro genitori, ma non è stato così per Adamo ed Eva – e dunque Eva non è la figlia di, né dipendente di Adamo. Il filosofo si chiede perché Dio abbia seguito questo metodo di produzione (asessuato) e risponde che l’ha fatto per dimostrare che la riproduzione è un’attività relativamente periferica nella vita dell’essere umano. Lo scopo fondamentale dell’esistenza umana, dell’homo (maschio e femmina), non è riprodursi, ma comprendere (Summa Theologiae 1,92,1).
È da notare che la controversia che stiamo per approfondire non nasce per volontà di Tommaso d’Aquino né in alcun modo dalla sua filosofia generale. Nasce dagli scritti biologici di Aristotele che trattano ampiamente di riproduzione ed embriologia, in specifico da una particolare affermazione fatta nella biologia di Aristotele sul processo di riproduzione, «thelu hosper arren esti peperomenon», frase che è già stata analizzata nell’intervento precedente su Aristotele. La parola «peperomenon» nel Medioevo è stata tradotta in diverse maniere. Tommaso d’Aquino, segue la versione latina di Alberto Magno, che a sua volta aveva adoperato la traduzione dall’arabo fatta da Michele Scoto alla scuola di traduttori a Toledo prima del 1217. Michele Scoto scrive occasionatus. Altri usarono termini meno adeguati come orbatus (“orfano” o anche “mancante”), altri laesus (“ferito”), infine “deforme” oppure “difettoso”. Tommaso d’Aquino prese l’argomento abbastanza sul serio tanto da sostenere per ben cinque volte (Sententias 2,20,2,1,ra1; Sententias 4,44,1,ar3c,ra3; Summa Theologiae 1,92,1,ral; Summa Theologiae 1,99,2,ral; De Veritate 5,9,ra9) che la donna non è difettosa. Per ironia del destino, o della manipolazione, mediante la scelta di certe citazioni selettive (dove enuncia il presunto argomento aristotelico) e la censura di altre (si omette la sua risposta a tale argomento), è possibile suggerire che S. Tommaso afferma quello che in realtà nega.
Come è stato previamente menzionato, la traduzione usata da S. Tommaso recita “Femina est mas occasionatus”. Il verbo occasionare non si trova nel latino classico. Era usato dagli studiosi medievali per distinguere tra ciò che è causato direttamente (o intenzionalmente) e ciò che è causato indirettamente (o involontariamente). Ad esempio, un fuoco di legna ha lo scopo di produrre calore, ma se la legna è rimasta sotto la pioggia, produrrà molto fumo. La pioggia non è la causa diretta ma «occasionale» del fumo, e il fumo è «occasionato». Nella morale cattolica, ad esempio, l’alcool non è causa di peccato ma occasione di peccato, e la vista di un malato non è causa di un atto di bontà ma occasione per esso. Come gli esempi suggeriscono, ciò che è derivato dall’occasione non è necessariamente un male. Se si brucia la legna per riscaldare una casa, il fumo è una seccatura. Se si griglia la pancetta, è proprio quello che ci vuole. Ma poiché ciò che è causato involontariamente o accidentalmente è più spesso un male che un bene, “occasionato” porta il suggerimento di “carente”, proprio come “accidente” suggerisce che qualcosa è andato storto, sebbene possano esserci incidenti (accidenti) felici, e “occasione di peccato” è una frase più usata di “occasione di virtù”. Quindi la frase “Femina est mas occasionatus” potrebbe suggerire che la femmina è in qualche modo carente, e potrebbe essere usata come obiezione alle affermazioni teologiche secondo cui Dio creò la donna all’inizio dei tempi o che le donne risorgeranno con il proprio corpo alla fine del mondo.
Tommaso risponde all’argomento aristotelico in due modi, uno diretto, l’altro indiretto. Da un lato, adduce argomenti per dimostrare che la posizione aristotelica è falsa. Dall’altro, seguendo la pratica medievale, afferma obiezioni alla propria posizione e cerca di confutarle, suppone quindi che l’argomento aristotelico sia vero, e cerca di dimostrare che, anche allora, non ne consegue che la donna sia difettosa. Da questo secondo modo di confutare, prendendo sul serio l’affermazione aristotelica che enuncia S. Tommaso, il femminismo parla come se il filosofo la stesse accettando. L’affermazione che la femmina è difettosa deriva dall’asserzione che essa è stata “occasionata” e questo, abbiamo visto, significa che è stata prodotta indirettamente o involontariamente. Di conseguenza Tommaso d’Aquino cerca di confutare quest’affermazione mostrando che la donna è prodotta intenzionalmente. Per sostenere la sua tesi egli avanza una serie di spiegazioni sulla nascita della femmina, che, qualunque cosa ne possiamo pensare ora, ai suoi tempi erano abbastanza plausibili e servivano al suo scopo di confutare la tesi derivata da Aristotele. Per primo, sostiene che il sesso di un bambino può essere determinato da fattori psicologici dei genitori (Summa Theologiae 1,99,2,ra2). Secondo questo punto di vista, la produzione di una figlia (o di un figlio, è indistinto) è dovuta a una causa diretta; se si tratta di una causa diretta non è “occasionata”, e se non è “occasionata” non c’è motivo di dire che è difettosa. In secondo luogo, afferma che il sesso dei neonati è causato da fattori ambientali (clima, vento, temperatura…) (Ibid). Non ha alcuna importanza se questa spiegazione sulla determinazione del sesso sia vera o falsa. Il punto dimostra che S. Tommaso argomenta come il concepimento di una femmina non è un incidente “occasionale”, e quindi non ci sono motivi per dire che una femmina è difettosa.
Il terzo argomento sostiene che il sesso dei bambini può essere dovuto all’influenza del cielo. Questa era una visione comune tra i medievali. Non si trattava di una spiegazione astrologica (in senso moderno), pensavano che le stelle influenzavano il nostro mondo, proprio come accettiamo oggi che il sole, che è semplicemente una stella tra tante, influenza il nostro mondo. Quindi sostiene che i corpi celesti determinano il sesso di un bambino, e l’afferma esplicitamente a proposito della nascita di una femmina, che è voluta da una causa, e pertanto non è una nascita non intenzionale, difettosa: «Se la nascita di una bambina non fosse imputabile a nessuna causa, la nascita sarebbe come quella dei bambini difettosi. Quindi si dice […] che la nascita di una bambina è voluta dal cielo» (De Veritate 5,9,ra9). Per tre volte S. Tommaso confuta esplicitamente l’argomento che la donna sia «un essere occasionale», che la nascita di una femmina sia accidentale, per tre volte rimuove i motivi per poter dire che la femmina è difettosa. Ora indaghiamo sulla seconda linea di argomentazione di S. Tommaso, dove suppone che Aristotele abbia ragione, per poi sostenere che non ne consegue che la femmina sia difettosa: «Secondo Aristotele, la donna è un maschio occasionale. Ma non avrebbe dovuto esserci nulla di occasionale e di carente nella prima creazione. Quindi la donna non avrebbe potuto far parte di quella Creazione» (Summa Theologiae 1,92,1,agl.).
Tommaso distingue tra natura universalis e natura particularis. La prima è il mondo naturale con tutti i suoi meccanismi, e ciò che intendiamo con la parola Natura. La seconda è il funzionamento di un singolo animale, o pianta, o sistema corporeo o cellula. Il seme maschile è natura particularis. Se il seme maschile (natura particularis) può non voler produrre una figlia femmina, argomenta S. Tommaso dando per vera l’argomentazione aristotelica, la Natura (natura universalis) vuole che vengano prodotte figlie femmine. Così la femmina potrebbe essere generata accidentalmente dal seme maschile, ma non lo è per quanto riguarda la Natura. Dunque se per la Natura non è occasionale, non c’è motivo di dire che la donna sia difettosa. Inoltre, poiché Dio è l’autore della Natura, essa è voluta da Dio (Summa Theologiae 1,92,1,ral.). S. Tommaso ribadisce questo pensiero in un’altra opera: «Il tutto e la parte possono avere obiettivi diversi. La parte cerca il proprio bene e lavora per esso come meglio può, ma il tutto lavora per il bene del tutto. Così un risultato particolare può essere difettoso per quanto riguarda la parte, ma non è un difetto per quanto riguarda il tutto. È chiaro, ad esempio, che la generazione di una femmina non è intesa per quanto riguarda la parte interessata, cioè dalla potenza del seme . Ma è intesa dal tutto, cioè dalla potenza complessiva che opera la riproduzione» (Summa Contra Gentiles 3,94,n10). Un pensiero che sembra esser vigente anche oggi, basta pensare come la nascita di un maschio o di una femmina a livello individuale sia del tutto fortuita ma a livello globale le percentuali di nascite di maschi e di femmine siano costanti (per volontà della Natura?). Discorso che vale per tutto il regno animale, ad esempio, tra le api: ape regina, api operaie e fuchi.
Vorrei concludere l’intervento con le parole di S. Tommaso, che ribadisce per la quinta volta la sua posizione, a dimostrazione che Simone de Beauvoir non sapeva di cosa parlava e che gli autori dei testi scolastici summenzionati sono, come minimo, negligenti. Scrive S. Tommaso: «Proprio come le persone differiscono nella statura, così differiscono nel sesso, e questa diversità crea la completezza della specie. Così come risorgeranno in diverse stature, risorgeranno anche in diversi sessi» (Sententias 4,44,1,3c). Seguendo la pratica di ragionamento medievale, solleva l’obiezione: «Tutto ciò che è occasionale e prodotto al di fuori dalle intenzioni della Natura non risorgerà, poiché nella risurrezione ogni errore sarà rimosso. Il sesso femminile è prodotto contro le intenzioni della natura, perché la debolezza del potere formativo nel seme maschile non è in grado di formare un embrione maschile, poiché, come dice Aristotele, la femmina è un maschio occasionale. Di conseguenza il sesso femminile non risorgerà» (Ibid, ag3). Per confutare e concludere: «Sebbene la produzione di una femmina sia al di fuori dall’intenzione della natura particularis , è voluta dalla Natura [natura universalis], che richiede entrambi i sessi per la completezza della specie» (Ibid, ra3). Non c’è quindi nulla di imperfetto nella femmina e nessuna ragione per la quale le donne non dovrebbero risorgere nel proprio corpo nell’aldilà. Cari lettori e lettrici, ci vediamo nel paradiso… oppure nell’inferno con le femministe.