«Sarebbe un piccolo imprenditore di Ponte Lambro il padre di Diana, la bimba morta di stenti a 18 mesi, dopo essere stata abbandonata dalla madre Alessia Pifferi, per giorni, da sola, a casa. L’uomo, però, probabilmente, non sa di essere il genitore della bambina». «Finora lei aveva sempre negato di sapere chi fosse il padre della bambina», «non avrebbe detto nulla all’ex, e avrebbe partorito in solitudine». «Solo negli ultimi tempi, la donna avrebbe pensato di chiedere all’uomo il riconoscimento della figlia, ma solo per ottenere l’assegno di mantenimento». Papà bancomat. E anche in questo, come nel resto, questa donna non si è discostata dal comportamento sociale dominante: se la società, i poteri politici, gli enti internazionali (come l’ONU), i tribunali, insomma l’ideologia sociale dominante, cioè il femminismo tout court, stabiliscono che i papà non hanno alcun valore e sono solo dei bancomat, è normale quindi che la madre di Diana Pifferi volesse anche lei giustamente il suo bancomat. Oggigiorno socialmente e legislativamente il disvalore della paternità è assoluto. Con molta probabilità, rispetto alla maternità, si tratta della questione più asimmetrica (e scandalosa) di tutte le relazioni e diritti che riguardano i due sessi. Sentire oggi le istituzioni parlare in questo ambito di parità, bandiera del femminismo, è soltanto derisorio, una presa in giro per tutti i padri del mondo.
Fino ad oggi tutti i media concordano che il padre fosse all’oscuro dell’esistenza di questa figlia. Prendiamo per certa questa informazione – del tutto plausibile e comune, tra l’altro, nella società attuale. Ora, possiamo solo dedurre che il padre è venuto a conoscenza dell’esistenza della figlia solo attraverso i media. Nel contempo, subito dopo la lieta notizia di sapersi padre, è venuto a sapere che la figlia è morta in una maniera atroce, «di stenti a 18 mesi, sola per giorni, abbandonata a casa dalla madre». È ragionevole pensare che, se il padre avesse saputo dell’esistenza della figlia, se ne sarebbe preso cura e la piccola non sarebbe morta di stenti, abbandonata a casa. A questo padre non è stata data l’opportunità di salvare sua figlia, sangue del suo sangue. Non sarebbe illogico ipotizzare che questo padre, dopo aver saputo di questa tragica notizia, che lo colpisce personalmente, sia potuto cadere in depressione, straziato dal dolore, o nell’ira, preso da un giustificato sdegno. Questo padre, tenuto all’oscuro dell’esistenza della figlia da tutti, su chi si deve rivalere? Sulla madre, incurante, anaffettiva e responsabile dell’omicidio? Sull’ex suocera, che sapeva e taceva? Sui dottori e l’ospedale, che non l’hanno avvertito della nascita? Sul comune dove è stata registrata la bambina, che non l’ha informato né si è preoccupato di cercarlo a tutela della minore? Sul governo e sulle istituzioni internazionali, che emanano le leggi e le normative alle quali si sono conformati tutti? Questo padre, al quale è stato impedito di agire e di crescere la propria prole, che a sua insaputa si è visto sottrarre e uccidere una figlia, che si è visto violare ogni suo diritto, con la complicità di tutti, su chi si può rivalere? E voi, uomini, in un caso simile, che riguarda il sangue del vostro sangue, cosa fareste? Indignato, disperato, non si può rivalere su nessuno, perché sono tutti colpevoli.
Asimmetrie tra maternità e paternità.
Quando a una madre viene nascosta l’esistenza di un figlio, è un reato grave punito con anni di carcere e sanzioni economiche pesantissime che servono a risarcire la madre, contro chiunque sia stato partecipe. Casi rari che capitano e sono capitati. Ad esempio, i casi di “bebés robados” (neonati rubati), più frequenti durante le dittature in alcuni paesi (Spagna, Argentina), le madri venivano informate che i loro figli erano morti durante il parto, in realtà si davano in adozione a famiglie benestanti. Queste madri, private a loro insaputa di un figlio, come è stato privato il padre di Diana Pifferi, hanno potuto reclamare anche a distanza di 30 anni dal fatto, quando ne sono venute a conoscenza. Privare invece al padre è legale, basta non informare della nascita; si può anche mentire, dire che è morto e darlo in adozione, oppure, senza necessità di mentire, malgrado la richiesta paterna di affidamento, darlo lo stesso in adozione, tutti casi già avvenuti nel mondo occidentale. Tanto è così che una donna può reclamare al padre ignaro, dopo anni dalla nascita, l’assegno di mantenimento, in sede giudiziale, come voleva fare la madre di Diana Pifferi, e nessuno in quella sede solleverà alla madre la questione della privazione e della violazione del diritto paterno sul proprio figlio, né di quello filiale di avere un padre.
La maternità è un bene giuridico, protetto dalla legge (Costituzione italiana artt. 31, 37). Ad esempio, la sostituzione di un neonato per un altro, o l’alterazione dello stato civile di un neonato (art. 567) è un reato punito dalla legge (da 3 a 10 o da 5 a 15 anni), sia questa volontaria o per negligenza. Sono casi infrequenti che capitano, con lauti risarcimenti da parte degli ospedali alle madri che non hanno potuto crescere i propri figli. Ma il discorso è valido solo per le madri. In Italia, e ovunque nel mondo occidentale, ci sono migliaia e migliaia di padri che crescono e mantengono figli che non sono loro, truffati con dati falsi sull’atto di nascita e permesso dalla legge. Anche quando un padre scopre di essere stato raggirato per anni, non può esigere alcun risarcimento come quelli prospettate per le donne summenzionate. La paternità non è un bene giuridico. Se un’immigrante rifugiata, ad esempio siriana, mente e attribuisce la paternità di suo figlio a un uomo italiano, allo scopo di ottenere il permesso di residenza, cittadinanza o qualsiasi altro diritto, lo Stato la può perseguire penalmente e incarcerarla perché si tratta di un reato contro lo Stato, e lo Stato è un bene giuridico. Se invece la stessa donna mente e attribuisce allo stesso uomo una falsa paternità per ottenere da lui il mantenimento, ciò è assolutamente legale, perché la paternità non è un bene giuridico. In pratica un uomo può fare un lavoro a rischio per mantenere i figli, dopo anni avere un incidente lavorativo e rimanere invalido, dopodiché scoprire che i figli per i quali ha rischiato la vita per tanti anni non sono i suoi, e infine sentirsi dire dallo Stato che quest’inganno, che ha segnato emotivamente e fisicamente la sua vita, non ha alcuna importanza.
La velenosa eredità di Engles.
Da circa mezzo secolo il progresso ha risolto l’eterno problema della certezza della paternità in maniera semplice, veloce ed economica (una trentina di euro), eppure il problema persiste nel mondo. Al di fuori di un’istanza giudiziale, in Italia i test di paternità non hanno alcun valore legale, in Francia sono persino un reato senza l’autorizzazione del giudice (c.p. francese, artt. 226-228). Misteriosamente non c’è nessun paese occidentale che promuova e realizzi i test di paternità in maniera pubblica e gratuita (o al suo costo reale), né alla nascita, né su richiesta dei presunti padri interessati (ci vuole un iter burocratico talvolta complicato). La domanda che ci dovremmo porre è: i test di paternità sono nati per agevolare gli uomini o le donne? Sono nati per poter imporre paternità non volute o per poter smascherare le false paternità? Dai media sembrerebbe che i test di paternità servano proprio a quello, a imporre paternità non volute, per una coincidenza del caso sempre a personaggi pubblici, famosi e ricchi, cantanti, calciatori, imprenditori, da Claudio Villa a Maradona a Julio Iglesias, persino esumati dalle tombe per estrarli il DNA post-mortem, come ad esempio a Salvador Dalí.
Se il sistema legale all’interno dell’istituzione matrimoniale imputa in automatico la paternità al marito per figli che non sono suoi, e la moglie può esigere quindi il loro mantenimento, parità vorrebbe che anche i mariti avessero la facoltà di esigere alle loro mogli di allattare, crescere ed educare i figli che non fossero biologicamente loro, ma del marito. Più specificamente, nel sistema matrimoniale di comunione dei beni il mantenimento dei figli di lei vincolano il marito, anche se non sono suoi. Fuori dal domicilio coniugale i figli di lui con un’altra donna non vincolano lei. In realtà, da quando il mondo è mondo, la legge presume che i figli sono del padre e ostacola il più possibile l’accertamento del contrario. La teoria femminista, partorita da Friedrich Engels ne L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato (1884), che vorrebbe l’oppressione sessuale delle donne nata dalla volontà maschile di garantire la trasmissione della proprietà ai propri figli certi, viene smentita innanzitutto dalla storia, che molto spesso ha dettato la preminenza dei diritti dei figli delle spose (soldi, eredità, diritti) a scapito di quelli dell’uomo (l’esempio summenzionato sull’asimmetrica pena per la sostituzione del figlio a seconda del genitore, madre o padre, è illuminante). Nella letteratura e nella cultura popolare non mancano affatto barzellette, componimenti, farse e opere di teatro che si fanno beffa della sostituzione del figlio a un uomo (ad es. la buffa storia di Ferondo in Purgatorio, VIII Novella della III Giornata del Decameron, dove il protagonista è drogato, picchiato, cornificato e raggirato, cresce infine un figlio che non è il suo). Il sequestro o furto di bambini alle madri è invece un evento gravissimo e tragico che non fa ridere per nulla.
Paternità uguale schiavitù. O bancomat.
Secondo Engels l’uomo vuole appropriarsi di ciò che produce il corpo della donna come i proprietari terrieri vogliono appropriarsi del frutto della terra prodotto dai contadini. Karl Marx ingravidò la sua domestica e non volle mai riconoscere il figlio. Possiamo dedurre che Marx non volle appropriarsi del figlio della sua domestica perché voleva emanciparla? I padri che non vogliono riconoscere i figli lottano per la liberazione delle donne? Le leggi che impongono le paternità non volute (spesso su richiesta delle donne) stanno opprimendo le donne? Gli uomini devono lottare contro le leggi che impongono paternità forzate (richieste dalle madri) per liberare le donne? Al contrario di quello che teorizza Engels, storicamente il riconoscimento della paternità è stato un atto richiesto soprattutto dalle donne (ciò comportava mantenimento e protezione a favore di lei). Il matrimonio riparatore è un’istituzione voluta dalle donne (la traduzione in inglese è shotgun wedding, cioè “matrimonio sotto la minaccia di un fucile”, dopo averla disonorata. Ci sono commedie americane su questa tematica. Risulta sconcertante il fatto che gli storici non abbiano mai studiato la violenza commessa contro questi “disonoratori”, non sono forse anche loro vittime meritevoli di studio?).
La legge stabilisce che la condizione di orfano è molto grave, e fissa lauti indennizzi a favore dei figli per l’assenza di un padre (per abbandono) o per la morte dei genitori (ad. es. la morte della madre per violenza di genere o del padre per terrorismo), sempre che questa condizione non sia causata dalla madre (quando dà in adozione il figlio o lo cresce da single). Dunque, se un figlio è abbandonato dalla madre, dato in adozione dopo tre mesi dalla nascita, non merita alcun indennizzo; se invece il padre uccide la madre dopo tre mesi dalla nascita, allora sì ha diritto a un indennizzo, malgrado gli effetti per il figlio siano gli stessi in entrambi i casi. Se il padre volontariamente decide di non farsi vivo, il bambino merita un indennizzo, se a decidere l’assenza paterna è la madre, nessuno indennizzo al bambino è dovuto. Nerone, Caligola, Tiberio, Attila, Genghis Khan, Hitler, tutti loro persero prematuramente il padre durante l’infanzia. La condizione di orfano da padre è grave quanto quella della madre. Potrei continuare a elencare asimmetrie. Mi fermo qui e concludo con le definizioni che troviamo sul dizionario, che spiegano tutto (Dizionario Garzanti 2010, prima accezione): Maternità: «l’essere, il diventare madre; anche, l’insieme dei vincoli affettivi che legano la madre ai figli: desiderio di maternità». Paternità: «condizione di padre: i doveri della paternità». In sintesi, la maternità è la libera scelta femminile di poter essere/diventare madre e l’insime dei vincoli affettivi che legano la madre ai figli. La paternità è l’obbligo di mantenere economicamente qualcuno, anche senza necessità di vincoli né affettivi né consanguinei. Sinonimo di paternità: schiavitù. Oppure bancomat.