Quale sia la “presa” che i temi femministi, LGBT o “woke” in generale hanno sull’elettorato l’ha già raccontato bene Fabio Nestola. Vale la pena sottolineare ancora come con un sistema elettorale che avesse previsto le preferenze, non ci sarebbe stato scampo per le tante “ripescate”, salvate dal paracadute di un collegio proporzionale blindato. In una democrazia dove deputati e senatori non venissero nominati dalle segreterie di partito, ma scelti dai cittadini, è pressoché certo che soggetti come Boldrini, Valente, Bonetti e gli altri simili che siederanno ancora in Parlamento dovrebbero trovarsi un lavoro vero. Ad ogni buon conto è bene accettare lo scenario attuale e cercare di comprendere i suoi possibili sviluppi, nell’ottica di una legislatura che non mancherà di iniziative antimaschili o orientate contro le normali relazioni uomo-donna. Non si dimentichi, ad esempio, che l’unica “femministissima” a essere passata indenne all’uninominale è stata la leghista Giulia Bongiorno, forse una delle più accanite in quel tipo di orientamento politico. Il suo essere autrice del famigerato “Codice Rosso” e il suo essere in predicato per il Ministero della Giustizia trasformano fin da ora i prossimi cinque anni in un possibile incubo rispetto ai temi che trattiamo usualmente.
Il resto della “vecchia guardia” appare innocua, relegata come sarà nel cantuccio dell’opposizione. Laura Boldrini, alla fine la meno dannosa di tutte essendo più un personaggio di costume che altro (come dimostrano le sue reazioni a una recente contestazione), continuerà indisturbata le sue crociate strampalate da transfemminista, tra una desinenza e l’altra. Alessandro Zan promette di ripresentare il proprio famigerato DDL e tutti danno per scontato che il nuovo Parlamento a trazione destra gli riderà dietro. Figure come la Ascari, la Boschi e la Carfagna rappresentano il lato più opportunista del femminismo: è probabile dunque che cercheranno di cavarsi dall’irrilevanza politica in cui sono state cacciate dagli elettori usando temi più ampi che non quelli “di nicchia” del femminismo politico, che così poco le ha ripagate a questa tornata. Di livello assai più alto sono invece la Bonetti e la Valente: il femminismo, con il suo postulato di odio e colpevolizzante verso il genere maschile, è la cifra esatta del loro pensiero politico e gli sarà difficile abbandonarlo, pur restando in una posizione politica di debolezza. Che d’altro canto consentirà loro di agitarsi e strillare ben più di quanto non abbiano potuto fare dai loro ruoli istituzionali del passato. Ora, stando all’opposizione, si possono mollare i freni: tutto farà brodo per avere la ribalta o ostacolare il nuovo governo e la maggioranza.
Più realisti del re.
Ed è proprio qui che sta la preoccupazione maggiore. Ora l’Italia ha una maggioranza netta di centro-destra, con un governo molto probabilmente guidato da una donna, Giorgia Meloni. Quest’ultima non ha fatto mistero di volersi obbedientemente adeguare alle linee dettate dall’Europa o dagli Stati Uniti, quindi difficilmente la narrazione che ben conosciamo verrà sovvertita. Ingenuo chi se l’aspetta. Ma c’è di più: l’ansia del nuovo esecutivo e della sua maggioranza sarà quella di dimostrare di essere all’altezza del compito di dare applicazione alle follie comunitarie o atlantiche relative alle relazioni tra uomini e donne, dunque non ci sarà da stupirsi se finiranno per mostrarsi più realisti del re, applicando uno zelo anche superiore dei loro predecessori nella distruzione del genere maschile e in generale dei rapporti tra i due sessi. Si aggiunga a questo un’intrinseco senso di inferiorità che la destra si porta dietro nel confronto con la sinistra: l’egemonia culturale di quest’ultima è talmente radicata da aver attecchito, in quel senso, anche presso gli avversari. Di nuovo, dunque, non ci sarà da stupirsi se dalla Lega arriverà una risposta agli strilli di Zan che sarà ancora più estrema del DDL originale, se Fratelli d’Italia si schiererà con mascella protesa ad affrontare “l’emergenza della violenza sulle donne” con piglio più manettaro e manganellatore di quanto le varie Valente e Bonetti possano auspicare dai loro insignificanti scranni parlamentari. Insomma, se i nuovi eletti non ci mettono cervello, sempre che ne siano dotati, c’è il rischio concreto di essere caduti dalla padella nella brace.
Anche per questo caldeggiavamo il voto a un partito totalmente nuovo, dichiaratamente antisistema e schierato per la bigenitorialità, come Italia Sovrana e Popolare, che naturalmente non ce l’ha fatta. Troppo poco tempo per organizzarsi, troppe le divisioni e dispersioni nel campo antisistema. Peccato, un’occasione persa, al momento, che speriamo trovi il modo di sopravvivere e consolidarsi su una piattaforma ideale più ampia e convincente sul lungo periodo. Ce ne sarà bisogno perché, oltre alla vecchia guardia, in Parlamento è certo che ci siano le nuove leve del vittimismo di professione, saldi riferimenti dell’industria dell’antiviolenza e dei suoi interessi. Ancora non li conosciamo, ma avranno tutto il tempo per fare coming out e farsi riconoscere. L’unico soggetto nuovo che sicuramente assumerà un ruolo di primo piano sui temi che ci stanno a cuore sarà quello che è già in pectore il nuovo segretario del PD: Elly Schlein. Già in campagna elettorale non ha mancato di strumentalizzare una propria condizione personale (ha una compagna) per attaccare Giorgia Meloni, dunque c’è da attendersi il peggio del peggio in termini di retorica e proposte di legge orientate alla colpevolizzazione dell’uomo.
Per noi nessun punto di riferimento.
C’è di buono che la Schlein è giovane, si muove in un recinto ideologico standardizzato che ben conosciamo, dunque non sarà difficile rilevare contraddizioni e contrapporvisi. A questo proposito: vediamo già sui social diversi meme e prese in giro della Schlein basate sul suo aspetto fisico o sulla sua estetica. Vere idiozie, che sono tali di per sé e perché danno il pretesto perfetto per fare vittimismo: non è interessante quanto sia o meno bella la Schlein, ma cosa le passi per la testa, cosa le esca dalla bocca e cosa sia disposta a dire e fare rispetto all’agenda femminista ed LGBT per consolidare e aumentare il proprio potere personale e quello del suo partito. Ci si metta in testa che le stupidaggini ideologiche antimaschili restano tali, che a dirle sia Rosy Bindi o Mara Carfagna. Diffidiamo chiunque, dunque, a criticare la Schlein per questioni che non siano di merito. Al di là di questo, rimane in più che la sua figura rampante rappresenterà sicuramente un fastidio per la vecchia guardia, convinta di aver feudalizzato in esclusiva e saldamente i temi femministi: non è improbabile, dunque, che vedremo qualche conflitto tra femministe “pure” impegnate più a epurarsi a vicenda che non a far danno all’esterno.
C’è poi un ultimo aspetto conseguente alle recenti elezioni. Un elemento costante, che sembra non trovare alcun tipo di soluzione di continuità: nessuno, tra gli eletti, sembra disponibile a prendersi cura in nessuna misura di tematiche alternative alla narrazione dominante, per quanto concerne le relazioni uomo-donna. Come raccontato in articoli precedenti, avevamo cercato di sensibilizzare alcune forze anti-sistema, trovando poi una specie di sponda in Marco Rizzo, che però non entrerà in Parlamento. Per il resto: silenzio assoluto. Non sembra esserci, nemmeno nel nuovo scenario politico nazionale, alcun interesse per il rafforzamento della bigenitorialità, la lotta alle false accuse, la riforma di una giustizia sempre più grottesca e ideologicamente orientata, una cultura deviata che divide con violenza e mette zizzania tra soggetti progettati per sostenersi a vicenda. Temi difficili e impopolari, ne siamo consapevoli, ma resta sempre la speranza che esista qualcuno impegnato verso il bene comune e non soltanto alla comodità e stabilità della poltrona dove poggia il sedere. Vedremo tra le nuove leve se c’è qualcuno di pulito e coraggioso, che abbia voglia di impegnarsi a cambiare il clima di risentimento inter-genere creato negli ultimi anni (o decenni) e a far tornare un po’ di normalità nella comunità di questo paese. Se ci sarà, ci troverà sempre disponibili.