Prima di andare in ferie, abbiamo ritenuto opportuno fare uno screening dell’offerta partitica a disposizione in vista delle elezioni del 25 settembre, naturalmente nell’ottica che a noi più interessa, quella della vera parità tra uomini e donne. Abbiamo concluso l’analisi scartando dal novero dei votabili tutti i partiti classificabili come “istituzionali”, ovvero quelli già presenti in Parlamento e quelli nati di recente ma che si richiamano esplicitamente a una cornice sistemica che non può essere ritenuta accettabile. Da destra a sinistra, nessuno escluso, ci si richiama apertamente all’atlantismo e all’europeismo, laddove il primo aspetto, se ci ha garantito qualche decennio di equilibrio e pace dopo la Seconda Guerra Mondiale, per il resto ha rappresentato un mero asservimento politico-culturale agli interessi degli Stati Uniti. Un fatto che in quest’ultimo periodo appare chiaramente in tutta la sua velenosità, con l’Europa e la sua economia sacrificate con disinvoltura sull’altare della sopravvivenza di un sistema, quello a trazione americana, che ormai ha perso la presa della sua egemonia unipolare e fatica ad accettarlo. Il secondo aspetto, l’esperimento dell’Europa unita e della connessa moneta unica, oltre ad aver portato in trent’anni impoverimento diffuso, burocratizzazione e tecnocrazia antidemocratica al posto di un progetto veramente federale, oggi appare come un mero conglomerato di viceré o governatori, come avevano le colonie un tempo. Le istituzioni comunitarie di Bruxelles negli ultimi mesi hanno gettato la maschera e ora operano apertamente come burattini degli USA, tramite la NATO, che si tratti di economia, società, cultura, ivi comprese le “politiche di genere”. Ergo: nessun partito che accetti questo duplice stato di fatto (atlantismo ed europeismo) è interessato al benessere né dell’Italia, né dell’Europa, e come tale non va votato.
Rimanevano, così notavamo in precedenza, i “partiti antisistema”. Se ne contano sei tra i meglio organizzati e tra di essi avevamo individuato “Italia Sovrana e Popolare” come una delle più promettenti, per la chiarezza delle sue linee programmatiche di base (via dell’euro, dall’UE, dalla NATO, dall’OMS, no a identità digitale et similia) e per la rilevanza di alcune persone che hanno aderito al loro progetto politico o ne sono apertamente simpatizzanti: Marco Rizzo, politico di lungo corso capace di portare il massimo contributo sul tema dei diritti sociali e unico segretario di partito ad aver candidato in passato un critico del femminismo; Giorgio Bianchi, straordinario reporter, autore di interviste importantissime relativamente al conflitto russo-ucraino; Andrea Zohk, filosofo e docente universitario, autore di un caposaldo come “Critica della ragione liberale“, libro che contiene un attacco serrato al femminismo; Elisabetta Frezza, eccezionale studiosa dei temi dell’istruzione, nonché critica razionale e micidiale dell’omosessualismo suprematista della lobby LGBTQ. Proprio la presenza di personaggi di questo tipo e il coraggio dei punti programmatici di base ci avevano spinto a sollecitare tutti i lettori a firmare affinché Italia Sovrana e Popolare avesse la possibilità di presentarsi alle elezioni. Insieme ad altri partiti antisistema, che però portano con sé criticità più importanti, secondo noi avrebbe rappresentato un contraltare importante al progetto di prosecuzione dell’avvelenamento atlantista ed europeista, di cui femminismo e omosessualismo suprematisti sono caratteri peculiari, tra gli altri. Come promesso, noi la firma l’abbiamo apposta, e speriamo che l’abbiano fatto anche molti altri lettori. Conclusa la procedura, ora è ufficiale: Italia Sovrana e Popolare si presenterà alle elezioni del 25 settembre.
Vox e il Partito del Potere Popolare: due modelli da seguire.
Ora quindi si pone il problema principale: votarli o no? Lo dicevamo nell’articolo precedente: le premesse per un endorsement da parte nostra ci sono tutte, ma non bastano. Per ufficializzarlo e cominciare a fare un battage convinto in tutta la ampia sfera che si riconosce nel nostro modo di affrontare la tematica delle politiche di genere, serviva avere sotto mano il programma elettorale completo del partito, proprio per andare a controllare cosa si diceva in merito e quali obiettivi specifici il partito avesse in agenda, nel caso entrasse in Parlamento. L’attesa è stata lunga, ed è stata rotta da un messaggio sul gruppo Telegram di “Ancora Italia”, una delle realtà confluite in “Italia Sovrana e Popolare”. «Italia Sovrana e Popolare: ecco il programma», diceva il messaggio, che forniva anche un link di riferimento. L’abbiamo cliccato con entusiasmo, pronti a scaricare paginate in PDF in cui andare a cercare i temi di nostro interesse. Amara scoperta: il link porta a un banale post Facebook, dove in 19 righe semplicemente si replicano i capisaldi già più volte ripetuti: fuori da UE, Euro, NATO e OMS. Una conferma di quanto il partito intenda davvero farsi portavoce di un programma particolarmente audace, ma una grande delusione per chi deve decidere dove apporre la croce il 25 settembre e ha tematiche specifiche che gli stanno a cuore. Italia Sovrana e Popolare pare invece volersi rifugiare dietro i suoi capisaldi generali, senza altro declinare su altri temi altrettanto importanti e altrettanto “sistemici”.
L’aspettativa, per un movimento pronto a portare l’Italia fuori dalla NATO e dall’UE, era quella di vedere portato a compimento pieno l’audacia di un programma davvero nuovo e ancorato alla verità. Sui nostri temi, ritenevamo che nessuno più di Italia Sovrana e Popolare potesse assumere su di sé, relativamente alle politiche di genere, un programma coraggioso simile a quello di Vox in Spagna o del Partito del Potere Popolare in Corea del Sud. Il primo, con le sue esplicite posizioni antifemministe e antigender (non “misogine” e “omofobe”, si badi bene: la confusione lessicale è una strategia difensiva delle relative lobby), è in breve diventato uno dei maggiori partiti di opposizione in una Spagna, paese infernale, dagli anni ’90 ad oggi, per le normali relazioni tra uomini e donne; il secondo è il partito di Yoon Suk-yeol, recentemente eletto Presidente della Corea del Sud grazie alla spinta del consenso antifemminista degli idaenam (giovani movimenti antifemministi sudcoreani), in un paese da decenni oppresso da politiche iperfemministe importate dagli Stati Uniti. L’aggiunta di una proposta politica di quel tipo avrebbe dato a Italia Sovrana e Popolare un più rotondo e deciso posizionamento antisistema, da un lato, e dall’altro gli avrebbe garantito un afflusso di voti inaspettato e insospettato: quello dei tanti stufi e arcistufi di una narrazione unilaterale delle relazioni di genere, non di rado tradotta in iniziative di legge discriminatorie e oppressive. Invece niente: pare che Francesco Toscano, Marco Rizzo e tutto il resto della compagine abbiano tutto il coraggio del mondo per contrapporsi a giganti spaventosi come l’UE e la NATO, ma non se la sentano di prendere una posizione netta contro altri due moloch, nati e alimentati proprio da quelle stesse strutture sovranazionali: il femminismo e il genderismo. Dalle parti di Italia Sovrana e Popolare non si temono le tecnocrazie di Bruxelles, né i modi spicci che la NATO ha da sempre nel trattare chi le si oppone, però forse sorge il timor panico all’idea delle intemerate delle varie Boldrini, Valente, Carfagna, e altre. Deludente, molto deludente. O forse molto astuto: nell’ambiguità ci si illude di attirare qualche voto dalle lobby rosa e arcobaleno, chissà.
Il 25 settembre per noi è un deciso “no” a Italia Sovrana e Popolare.
Tutto ciò però non è soltanto deludente, ma anche pericoloso. Poniamo il caso che ci si limiti da parte nostra a porre fiducia nella presenza di figure poco disponibili verso femminismo e genderismo (pensiamo a Rizzo, ad esempio) e con ciò si concedano il voto e l’endorsement pre-elettorale a Italia Sovrana e Popolare. E se poi, una volta entrati in Parlamento, all’interno del partito viene fuori una Giulia Bongiorno che, oltre ad affossare una riforma delle legge su separazioni e affidi, ti tira fuori una versione ancora più restrittiva del Codice Rosso, soltanto per compiacere le lobby (atlantiste ed europeiste) del femminismo? E se poi viene fuori un’altra Veronica Giannone pronta a tentare di infiltrarsi in procedimenti giudiziari separativi riservati o di operare politicamente per condizionarne gli esiti, trasformando una delle parti (quella femminile, ovviamente) in eroina e l’altra in carnefice? E se tra le fila di Italia Sovrana e Popolare si annida un altro Vincenzo Spadafora, ulteriore nemico della riforma di separazioni e affidi, ma soprattutto amico dell’insegnamento gender nelle scuole? Chi ci garantisce, insomma, che non accada ciò che già è accaduto negli ultimi cinque anni? Potremmo fidarci di più se ci fosse un programma elettorale strutturato ed esplicito dove tali brutture (e tutte le altre collegate) venissero escluse, anzi apertamente combattute, come impegno specifico di uomini e donne del partito, esattamente come avviene per Vox in Spagna o per il Partito del Potere Popolare in Corea del Sud. Invece, al di là dei ben noti capisaldi, al momento Italia Sovrana e Popolare non si sbilancia. E quanto più lei non si sbilancia, tanto più noi guardiamo con sospetto e distacco alla sua proposta politica. Al momento, se ci venisse chiesto, pur condividendo profondamente i capisaldi stessi, inviteremmo a non votarla. Perché per noi i punti qualificanti che possono portarci a votare e far votare un partito sono altri e nel programma di Italia Sovrana e Popolare mancano del tutto. Ci siamo offerti alla dirigenza del partito per aiutarla a declinarli al meglio, ma non c’è stata risposta. Non perché siamo permalosi, ma perché per noi sono elementi politici cruciali, al momento riteniamo che di Italia Sovrana e Popolare non ci si possa fidare e non meriti il voto.
Sì, ma il voto di chi e soprattutto di quanti? Quest’ultimo aspetto non si può definire con certezza, ma è quantificabile facilmente in milioni. E per capirlo basta individuare chi apprezzerebbe una presa di posizione netta e di contrasto a femminismo, cancel culture, woke culture, genderismo, omosessualismo suprematista (tutte facce dello stesso mostro sovranazionale). Tanti, tantissimi. Dai padri separati, le loro famiglie d’origine e quelle di nuova formazione, passando per i molti elettori lucidi e razionali che sono saturi di una narrazione socio-culturale artificialmente spinta “al femminile”, con il contraltare della costante umiliazione e minimizzazione dell’uomo, fino alle tante donne che non si riconoscono nella rappresentazione vittimizzata e ai tanti uomini che non si riconoscono nella rappresentazione colpevolizzante, entrambe imposte dal femminismo suprematista. A costoro si aggiungano tutti i tanti che ritengono l’omosessualità, la transessualità, la bisessualità e gli altri orientamenti “non-eterosessuali”, come fattori intrinseci dell’intimità individuale, come tali non politicizzabili, ferma restando la garanzia assoluta di uguali diritti e doveri a tutti senza alcuna distinzione, come recita la nostra Costituzione. Di conseguenza si aggiungono i molti che non ritengono opportuno parlare di sessualità a bambini che non ne hanno ancora sviluppato né il concetto teorico né i presupposti fisiologici, e che dunque sono per tenere l’indottrinamento LGBTQ fuori dalle scuole, cosa che invece oggi la legge non solo consente, ma addirittura favorisce. Per non parlare dei tanti che non vogliono nemmeno concepire processi di transizione di genere al di sotto dei 18 anni… E ancora ci sono quelli impauriti dalla galoppante incapacità delle nuove generazioni di maschi e femmine a entrare in relazioni positive, costruttive e profonde, entrambi ridotti in forme patologiche di solitudine autoreferenziale, uno dei risultati più devastanti della diffusione delle teorie e delle pratiche politiche femministe. Infine, e sono una maggioranza assoluta, tutti coloro che credono nel valore fondante e positivo della famiglia naturale, quella che ha funzionato molto bene per millenni e che ora si vorrebbe cestinare. Sommando tutti questi chi si può avere una stima dei quanti voterebbero un partito attento a trattare queste tematiche con il radicalismo razionale che la dissoluzione generale attuale richiede. A quanto pare, Italia Sovrana e Popolare, sulla carta uno dei maggiori candidati a questo compito, non pare interessata a prendere su di sé un onere e un onore di questo genere, preferendo restarsene rintanata dietro 17 righe di “programma elettorale” sotto forma di post Facebook. Peccato. Per noi, ma soprattutto per loro. Stanti così le cose, il 25 settembre per noi è un deciso “no” a Italia Sovrana e Popolare.