È appena stato pubblicato sul sito del Viminale il periodico “dossier” ferragostano relativo all’andamento dei reati in Italia (qui la versione integrale). Niente di nuovo, come avevamo previsto. Ai temi di nostro interesse sono dedicate tre pagine, che ora analizzeremo brevemente una ad una. Prima una nota di metodo: va ricordato che i numeri riportati non seguono l’anno solare, bensì assommano le occorrenze dell’ultimo semestre dell’anno precedente con il primo semestre dell’anno in corso. Una temporizzazione accettabile, sebbene un po’ strana. Il problema si crea soltanto dal lato della comunicazione, laddove tutti i media di massa conteggiano i fenomeni in base all’anno solare. Questo “disallineamento” non di rado consente agli imbrattacarte nostrani di confondere le acque e di trovare appigli numerici e statistici per gridare all’esistenza di emergenze che in realtà tali non sono. Quando i numeri sono ballerini, o quando è possibile farli ballare, i megafoni del pensiero unico hanno ampi margini d’invenzione e manipolazione. Accadrà da oggi in poi e per un po’ di tempo a partire dai dati di questo dossier ferragostano, che si sovrapporrà ad altri dati, altre periodizzazioni, e così via senza soluzione di continuità.
Andiamo dunque nel dettaglio. Nella sua prima pagina sulla “Violenza di genere” (intesa unilateralmente come quella maschile sulle donne, è ovvio…), il dossier del Viminale si concentra appunto sugli omicidi di donne, dichiarandone 125 dal 01/08/2021 al 31/07/2022, 17 in più rispetto al periodo precedente. Bontà sua, vicino alla cifra mette la specifica che tale quota rappresenta il 39,2% sul totale degli omicidi volontari nel periodo considerato. Tradotto: gli uomini morti ammazzati sono decisamente di più delle donne, la bellezza del 60,8%, dato in aumento rispetto al dossier dell’anno precedente. Insomma, una strage di uomini, ma chi se ne importa? Per motivi politici occorre focalizzare l’attenzione sul genere meno vittima dei due e dunque via a declinare il dato femminile delle vittime sulla base di categorie indefinite e pasticciate: gli omicidi “in ambito familiare/affettivo” e quelli “da partner/ex partner”. Talmente pasticciate che lo stesso Viminale deve ammettere in nota: «I dati riferiti a “in ambito familiare affettivo” e “da partner/ex partner” possono far parte di entrambe le categorie». Cioè uno stesso caso può essere conteggiato in entrambe le sottocategorie che infatti, se si sommano, danno la cifra di 176 e non il totale dichiarato di 125.
Il solito giochetto sulle “denunce”.
Perché questo pasticcio? Semplice: occorre mostrare nel paragone con il periodo precedente che c’è stato un significativo incremento, condizione necessaria per poter continuare a gridare all’emergenza. Proposti così, i dati delle sottocategorie sono utili soltanto per la propaganda, ma risultano inutili per chi, come noi, vuole provare a demistificarli. Il centro della questione è la violenza maschilista, quella del possesso e del dominio, quella che scatta quando non si accetta una separazione o quando si è accecati dalla gelosia. Quella insomma che presuppone la donna come un oggetto o un essere inferiore, meritevole anche di essere soppressa, in quell’atto che un tempo veniva chiamato “omicidio passionale”, prima che l’espressione venisse proibita dal femminismo. Una prospettiva che, così chiarita, riuscirebbe a delineare lo sfuggente concetto di “femminicidio” e taglierebbe fuori tutta una nutrita serie di casistiche in base all’autore (matricidi, omicidi tra fratelli, parenti di diverso grado) e in base al movente (economico, di criminalità comune, problemi psichiatrici, eccetera), che “femminicidi” non sono. Ripulendo i dati, come si dovrebbe fare, avremmo non i numeri mescolati proposti dal Viminale, bensì una quota pari più o meno alla metà della cifra di 68 dichiarata sotto la voce “da partner/ex partner”. I cosiddetti “femminicidi” in Italia si attestano da anni su una forbice media tra 30 e 40 all’anno, dato che posiziona il nostro paese tra i più sicuri in Europa per le donne. Tutti gli altri omicidi volontari hanno autori o moventi diversificati, che possono valere, e di fatto valgono, anche per le vittime maschili che, come detto, sono molte di più. Rimane vero che la maggior parte degli autori, in ogni caso e con ogni tipo di vittima, è di sesso maschile: sebbene si faccia ogni sforzo per enfatizzare questo aspetto, si tratta di un dato piuttosto ovvio, valido dall’età della pietra a oggi e probabilmente anche nel futuro.
La seconda pagina si occupa di stalking e qui si va ancora di più sul fuorviante. Le denunce sono diminuite da 18 mila a 15 mila. Però, così titoleranno domani i media di massa, sono aumentati i provvedimenti assunti dalle autorità, segno che sì, i casi diminuiscono ma aumenta la loro gravità. Balle sesquipedali: il dato riportato è quello delle denunce. In Italia chiunque ha il diritto di denunciare chiunque e i giudici hanno l’obbligo per legge di esaminare la denuncia e aprire indagini se appena appena intravedono qualche fondatezza nelle accuse. Il dato delle denunce dunque dà solo questa informazione: nel periodo considerato, più di 15 mila persone (furbescamente non si declina il dato per sesso, per nascondere l’incremento dello stalking attuato da donne) hanno avuto di che lamentarsi per presunte persecuzioni altrui. Punto. Altro non si può dedurre dal dato. Più significativo è il dato relativo al numero delle denunce che finiscono poi in un processo e in condanna, e lì sappiamo che il 50% di quelle 15 mila denunce finisce archiviata, il 40% di ciò che resta finisce in assoluzione piena, il 10% scarso in condanna. Il che fa un 90% di denunce basate su accuse prive di fondamento, cioè false. Il grande cancro del sistema manettaro e iperfemminista che vige in Italia, a discapito del funzionamento della Giustizia, da un lato, e soprattutto delle vere vittime, i cui casi finiscono per perdersi nel grande mare delle denunce farlocche. Nota a margine: nella recente proposta di legge 2530 che abbiamo avuto il privilegio di commentare al Senato, il dato del calo delle casistiche criminali di questo tipo era chiaramente riportato, commentato però come un “aumento dei casi”. Una commedia dell’assurdo fortunatamente interrotta con la fine anticipata della legislatura.
Un ributtante Truman Show.
Terza pagina d’interesse per noi è quella contenente i dati dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), che contempla crimini d’odio commessi tra l’altro per motivi di orientamento sessuale e di identità di genere, temi cari alla lobby LGBTQ+ e ai fan del DDL Zan. Nella rilevazione precedente era stata contata la bellezza di 82 casi in 12 mesi, in quella attuale se ne contano 76. Dato in calo, dunque, che se verificato nel dettaglio rischierebbe di essere ancora più ridimensionato: l’OSCAD infatti, come abbiamo osservato in passato, conteggia come discriminazioni anche le segnalazioni più blande, non verificate o non seguite da denuncia. In altre parole, si metta una coppia omosessuale che passeggia mano nella mano, un imbecille tra i tanti li vede e grida: «ah froci!», e tanto basta per far finire il caso tra le segnalazioni registrate dall’OSCAD. A monte c’è il problema che i due omosessuali, invece di mostrare il dito medio all’imbecille o di rispondergli per le rime, decidono di segnalare la vicenda all’OSCAD, ma anche questo fa parte del gioco di una vittimizzazione forzata che trova scarsissimo riscontro nei dati della realtà. Chiaro, si dirà, c’è una montagna di “sommerso”, sia per i casi di discriminazione che per la violenza sulle donne. Può essere, ma trattandosi di mera ipotesi priva di sostegno fattuale, può essere anche di no. Sostenere a spada tratta l’ipotesi positiva come fosse l’unica vera è solo un modo per dare supporto a una narrazione che, almeno per quanto riguarda l’Italia, non ha alcun fondamento. Ultimi in Europa per violenza contro le donne, l’Italia è anche uno dei paesi in cui la normalizzazione dell’omosessualità è ai livelli più avanzati, nonostante il costante lavoro controproducente dei vari gaypride e delle lobby LGBTQ+ con politici compiacenti annessi.
Conclusione? La solita. Esiste indubbiamente la violenza di genere, intesa come quella perpetrata da uomini contro donne e viceversa. I dati reali, cioè ripuliti dai pasticci politicamente indotti nei dati tecnici ufficiali, dicono che però si tratta di un fenomeno minimale, fisiologico se rapportato alla popolazione totale e alla situazione di altri paesi europei o occidentali. Checché ne dicano i politici e ne titolino i media di massa, non c’è alcuna emergenza. Gli uomini italiani non sono in costante caccia di donne da sottomettere, picchiare o uccidere in quanto donne. Se così fosse sarebbero assai inefficienti, visto che riescono nella loro sordida impresa soltanto 30 o 40 volte all’anno. Più di frequente, a ben guardare, se lo fanno è perché hanno ragioni specifiche le quali, ben inteso, non giustificano mai alcuna violenza o alcun delitto, ma in genere li spiegano. E ciò vale anche a sessi invertiti: solo quattro giorni fa una donna ha quasi ucciso il marito a coltellate perché, a suo dire, non si occupava dei figli, mentre all’estero una modella di OnlyFans riusciva nell’impresa ammazzando il compagno, dopo averlo pestato. La violenza e il delitto sono, purtroppo, insiti nella natura umana, trasversalmente ai generi. Tendenza prettamente occidentale degli ultimi decenni è quella di cercare di forzare la natura in generale e, se non ci si riesce, far credere, attraverso una manipolazione capillare dei dati e dell’informazione, che sia possibile forzarla. Il tutto con lo scopo di vittimizzare un genere e colpevolizzarne un altro (o di desessualizzarli entrambi, per privarli di un elemento identitario chiave), in modo da indebolire le loro relazioni e così perseguire un progetto transumano che alimenta grandi business e circuiti di potere e che in sé è pura distruzione. Dà speranza il fatto che tale progetto è smentito da un dato quotidiano tanto incontrovertibile quanto non misurato: sono infinitamente di più gli uomini che si prestano e si sacrificano per la salvaguardia, la salvezza e il benessere delle donne (e viceversa, a sessi invertiti), di quelli che commettono abusi e violenze. Qui sta la verità. Il resto è un ributtante Truman Show a cui, purtroppo, il Viminale periodicamente contribuisce.