I media si sono gettati a pesce a eseguire l’ordine impartito dalla lobby femminista di condannare senza appello l’iniziativa estiva della “Gara di mangiatrici di banane“, indetta per la festa degli uomini a Monteprato di Nimis, in provincia di Udine. La competizione, va detto, non è il top né della continenza, né dell’eleganza: consiste nel far gareggiare donne volontarie in una scorpacciata di banane, da mangiare inginocchiate mentre un uomo porge il frutto tenendolo all’altezza del bacino. Il richiamo al sesso orale, insomma, non potrebbe essere più esplicito, ma d’altra parte si tratta di una delle tante feste pazze, allegre e un po’ pecorecce che si organizzano in tutto il mondo nel periodo estivo. Eppure scoppia subito lo scandalo e sfreccia sui media e sul web l’accusa di sessismo e sessualizzazione della donna. Non conta che nessuna fanciulla sia stata forzata a gareggiare e che molte anzi si siano cimentate con ironia e pieno divertimento proprio e altrui, né che una polemica simile non sarebbe certo scaturita per una gara tra “mangiatori di prugne” (né scaturisce ogni 8 marzo quando frotte di signore attempate fanno la fila in discoteche dove si organizzano striptease maschili), la condanna è unanime e alla sua avanguardia si pone l’immancabile Laura Boldrini, con una condanna senza appello. A conferma che le femministe, oltre a essere nemiche delle donne, della bellezza e della normalità, sono anche tristi mietitrici di tutto ciò che è allegria, spontaneità e gioia di vivere.
Inevitabile, di fronte al solito rumore mediatico, sorge la domanda: ma tutta questa pressione oscurantista, questa pulsione irrefrenabile alla censura dell’attrazione reciproca fra uomini e donne, alla fine attecchisce nella società o resta quella che è, cioè un mero rumore, costante e ossessivo, ma pur sempre di fondo? La risposta sta già nell’esistenza di donne che hanno spensieratamente partecipato alla gara: come Boldrini & Co. spiegano la loro presenza? Ancelle del patriarcato, si dirà. Non donne desiderose di divertirsi e attratte dal sesso, quand’anche solo simbolico o ironicamente evocato, ma schiave di un’ideologia che sottomette le donne e le vede solo ed esclusivamente come oggetto di piacere. Può essere. Per cercare una conferma, allora, ci siamo fatti un interessante viaggio su uno dei tanti social network, Twitter, per vedere se e quanto le donne abbiano assorbito la necessaria e improrogabile lotta alla sessualizzazione del loro corpo. È bastato mettere il “segui” a un paio di profili perché il sistema ci subissasse di proposte per altri account simili: donne di ogni età (con una particolare concentrazione sulla mezza età) e di ogni tipo fisico-estetico. Li abbiamo seguiti tutti per un paio di giorni e abbiamo salvato 40 screenshot piuttosto interessanti, che abbiamo raccolto in categorie (i soggetti sono stati resi tutti tassativamente irriconoscibili da noi, per evitare possibili problemi, sebbene si tratti di tweet pubblici).
Ecco allora che abbiamo il livello più semplice di lotta alla sessualizzazione della donna e del suo corpo, quello dei tweet con solo foto, privi di testo:
Ad esse si aggiungono tweet corredati da testo, dove non mancano le foto prese durante le vacanze e dove la presenza di un cagnolino (ai margini dell’inquadratura) è il pretesto giusto per mostrare delle belle gambe,
oppure la semplice informazione di avere la fortuna di essere a Bali dà l’occasione di sfoggiare glutei ammirevoli.
Non mancano i ringraziamenti per i complimenti dei follower, anch’essi declinati su notevoli rotondità posteriori.
Anche la resistenza agli urti dell’età che avanza sembra essere una buona ragione per combattere la sessualizzazione continua del corpo femminile. Il tutto presentato con tette e gambe, sì, ma con ironia
oppure con una vena di blanda malinconia, appoggiata a un davanzale ben visibile al centro della foto.
Il vero profluvio, però, lo si ha nei tweet contenenti messaggi motivational, generici o autoriferiti. A ben guardare sembra che la carica per se stesse o per altri passi necessariamente nell’esibizione di ciò che di più attraente codeste fanciulle hanno a loro disposizione. Ecco allora che la poesia di una ora di pausa è accompagnata da una quarta esplosiva,
così come le esortazioni all’autocoscienza nel momento in cui si è felici.
Il costume nuovo è un altro mezzo per affermare se stesse, non mostrandolo steso su un tavolo o appeso alla gruccia, ma tassativamente mentre viene messa alla prova la sua capacità elastica a livello toracico.
C’è poi tutto l’orgoglio della parità uomo-donna nell’affermazione che le camicie con le maniche arrotolate non sono una prerogativa dei soli “maschi tossici”, ma stanno bene anche alle donne, specie se con una postura che attira l’occhio ovunque tranne che sulle maniche risvoltate.
Ma è l’autoaffermazione, indipendente da ogni giudizio terzo ed esterno, che più dà la stura a immagini costruite apposta per combattere la sessualizzazione del corpo femminile. Qui ad esempio la posa gluteica era accompagnata anche da una languida lingua che spuntava dalle labbra e che purtroppo abbiamo dovuto oscurare.
Il top del motivational però è questo: «oggi spacco», dice la bionda fanciulla. Non ha, nella foto, la cartellina di un suo nuovo progetto ingegneristico da presentare a un CdA, non ha un laptop con la lezione di fisica dove illustrerà una sua nuova sconvolgente scoperta, non ha una valigetta contenente un farmaco miracoloso da lei inventato, tutte cose per cui sì, si può dire di essere in procinto di spaccare. In compenso ha un generoso décolleté da mostrare.
Dall’altro lato della medaglia abbiamo però le donne malinconiche, un pelo depresse, che nei loro messaggi evidentemente stanno chiedendo un soccorso, un supporto, una spalla su cui adagiarsi o orecchie disponibili all’ascolto. C’è chi esprime la propria incredulità nel doversi allenare da sola e la scollatura vertiginosa diventa parte di quella incredulità.
C’è poi la poetica indecisione di quel «vorrei» esistenziale sospeso nell’aere tra una chiappa e una caviglia.
Ma c’è anche una parmigiana di melanzane (tematica che poi tornerà) che non basta a lenire una tristezza di formato XXL e che sembra ancora essere una richiesta di soccorso (e chi sarà ad accorrere a cotanta abbondanza di malinconia?).
L’apoteosi è lo spleen di colei che, mostrandoci la meraviglia della controintuitività, afferma di non aver voglia di scrivere. E lo scrive, con l’accompagnamento necessarissimo di un paio di gambe tornite.
Tutto questo è molto complesso, articolato, profondo, è innegabile. Spesso la lotta contro la sessualizzazione del corpo femminile passa però attraverso messaggi anche più semplici, atti a mostrare quanto molte donne siano semplicemente ben educate, tanto da salutare i propri follower ogni sera od ogni mattina, anche in altre lingue, ma con l’accompagnamento costante di un florilegio di gambe, chiappe e tette.
La fretta e la passione di combattere la sessualizzazione del corpo femminile induce spesso molte ad accompagnare le loro immagini con messaggi non del tutto comprensibili. Ma non è importante, trattandosi di pretesti per uno scopo (nel senso di “obiettivo”) più alto.
Tra gli screenshot che abbiamo preso, non mancano tweet che sfuggono alla categorizzazione e che potrebbero ben essere inseriti in una cartella “Miscellanea”, dove i concetti espressi sono i più variegati, mentre comune rimane l’accompagnamento con immagini per nulla sessualizzanti. Ad esempio per commentare il caldo estivo,
per far notare la particolarità di una marionetta, spinta però a margine della foto da un paio di poppe un po’ troppo prepotenti,
per fare autoironia su un’incipiente (e in realtà inesistente) ipertricosi,
per autodefinirsi simpaticamente “sirenetta”, fotografando però il petto e non la coda da pesce,
o ancora per sottolineare il particolare gusto del bello nell’arredare la stanza da letto.
Sappiamo a cosa state pensando: in realtà questa raccolta, che ormai volge al termine, dimostra come molte donne siano le prime a sessualizzare se stesse e il proprio corpo per attirare attenzioni, complimenti o altro. Viene da pensarlo, effettivamente, specie alla luce dell’ultima batteria di screenshot, che abbiamo inserito nella categoria “espliciti” (quindi mandate a letto i bambini, per favore). Si tratta di messaggi talvolta laconici,
talvolta un po’ criptici,
talvolta di natura culinaria (e qui ritorna magicamente la parmigiana di melanzane, che evidentemente deve avere poteri afrodisiaci),
talvolta in formato fotocopia, con tanto di esplicitazione del fronte e del retro.
Non manca ovviamente il richiamo al gioco, piuttosto tradizionale,
mentre più originale è il richiamo alla geometria euclidea.
Ultimo, ma non per importanza, ricollegandoci alle nostre ingiustamente disprezzate mangiatrici di banane, abbiamo un bel riferimento estivo, sullo sfondo di due belle gambe e di una mano dolcemente avvolta a un gelato, con tanto di onomatopea, proprio al sesso orale
L’esperimento però non finisce qui. Non ci siamo limitati agli screenshot, ma abbiamo tentato di andare a fondo, così abbiamo contattato 24 scelte a caso tra le 40 di cui abbiamo preso i tweet. Con un profilo “civetta” prima abbiamo commentato i loro tweet, poi gli abbiamo scritto in privato, esercitando tutte le possibili nuances del corteggiatore, dall’uomo che non deve chiedere mai all’intellettuale, passando per quello che le fa ridere. I risultati di questo screening reale sono sorprendenti. Cinque di loro non ci hanno risposto. Due ci hanno mandato un link a due siti diversi di dating sessuale: probabilmente dietro quegli account ci sono i tenutari di quei portali, che usano profili femminili falsi per farsi pubblicità. Altre quattro ci hanno rinviato alla loro pagina web personale inserita in siti per l’offerta di escort e accompagnatrici. Ogni pagina era corredata di foto, descrizione, autopresentazione, con tanto di ranking e giudizi scritti dei precedenti clienti. Ben dodici ci hanno risposto con cortesia, rinviandoci tutte al loro profilo OnlyFans. Una sola (ripetiamo: una sola) ha parlato un po’ con noi normalmente, ci ha detto qualcosa di sé, scambiando pareri artistici e letterari. Ha apprezzato il nostro eloquio, tanto da aver usato con noi l’appellativo “poeta”, che ci ha molto lusingati. Siamo rimasti con lei che avremmo potuto incontrarci in una città del nord, per un caffè assieme, dopo di che abbiamo cancellato il profilo civetta. Esperimento concluso.
Ora, cosa vogliamo dire con il nostro esperimento? Una femminista media ci accuserebbe subito di “slut shaming” e sbaglierebbe clamorosamente. Nella nostra ottica, quelle fanciulle fanno ciò che più gli aggrada del loro corpo, e va bene così. In tutti i casi si tratta di donne belle o molto belle, consapevoli di essere portatrici di un potere straordinario, quello della seduzione, che da secoli ha un ottimo posizionamento di mercato. Che sia per far soldi o per ottenere tanti like, approvazioni e nutrimento per il loro ego, fanno benissimo a fare ciò che fanno, se si sentono di farlo. Non c’è nulla di più spontaneo e naturale che la loro scelta di utilizzare il proprio appeal, così com’è spontaneo e naturale che sotto i loro post si affollino eserciti di uomini speranzosi di poter usufruire in qualche misura e in qualche modo di quel ben di Dio. Al di là della piega marketing o prostitutiva di qualcuna di loro, ciò che ci interessa sottolineare è la naturalità profonda del sesso e dei suoi richiami, un aspetto che, visto dall’ottica micragnosa femminista, diventa “sessualizzazione delle donne”. Un’ottica che, come si è visto, è soltanto chiacchiera incapace di attecchire minimamente: che si tratti di partecipanti alla gara di mangiatrici di banane o si tratti di una libera espressione di sé su un social network, alle donne piace piacere agli uomini e agli uomini piacciono mostruosamente le donne belle, sexy, sicure di sé e risolte. Ed è qualcosa che nessuna propaganda, nessuna Boldrini e nessuna femminista single gattomunita con borsa in lana cotta riusciranno mai a cambiare.