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Caduto un Draghi se ne troverà un altro e, in maniera gattopardesca, rimarrà tutto inalterato. Dal nostro punto di vista sta per concludersi la peggiore legislatura della storia repubblicana. Circoscrivendo i campi di osservazione, nel segno dell’iguana, abbiamo registrato l’incalzare della guerra contro il genere maschile: (https://www.lafionda.com/mattarella-chiude-la-legislatura-ora-il-futuro-dipende-da-noi/); il radicarsi dell’istituto dell’amministrazione di sostegno extra-familiare: (https://www.facebook.com/AmmSostegno/?ref=page_internal), (prof. Carlo Gilardi docet) ; il protrarsi di certe “infezioni”: (https://www.lafionda.com/ricordando-bibbiano-uninfezione-di-sistema-a-cui-non-si-vuole-porre-rimedio/) ; una pseudo-riforma della giustizia che lascia quasi tutto (e sicuramene le cose più rilevanti) come prima. Ecco l’ultimo fotogramma che riguarda lo stato della giurisdizione: (https://www.ilriformista.it/rivelazione-della-talpa-di-perugia-contro-palamara-fu-un-complotto-311825/). La storia che stiamo narrando, iniziata oltre due anni fa, avrebbe dovuto tutelare la sorella e la vecchia madre dell’istante/reclamante/imputato, deceduta qualche giorno fa in attesa che si compisse l’usuale iter giudiziale. Il procuratore della Repubblica, sotto il cui “regno” la vicenda è iniziata ed è “avanzata”, è andato in pensione in questi giorni. Gli avvenimenti, oltre al procuratore citato, hanno visto in opera due giudici tutelari, un presidente di sezione, due pubblici ministeri, tre magistrati di corte d’appello, sei avvocati, due notai, un ricercatore. L’anziana donna, dopo aver vissuto praticamente isolata gli ultimi anni della propria vita, in attesa che si definisse il procedimento giudiziario che la riguardava, è morta lasciando sola anche la figlia malata, attualmente anche senza “assistenza” domiciliare. Il 50% del pur piccolo patrimonio lasciato dalla defunta finirà amministrato dal G.T. e dall’A.d.S. della sorella del nostro amico. Per aggiornare il lettore mettiamo di seguito la memoria difensiva depositata in Corte d’Appello il 4 giugno 2022, per l’udienza del 9 giugno, poi rinviata al 20 ottobre 2022.
ECC.MA CORTE D’APPELLO DI XXXX NOTE DI TRATTAZIONE SCRITTA PER L’UDIENZA DEL 9 GIUGNO 2022. Nel procedimento n.r.v.g. XXXX. Per XXXX con l’avvocato XXXX. Il provvedimento di nomina di amministratore di sostegno, tanto più in persona diversa dal procuratore generale (per rogito notarile che si allega) e fratello XXXX, è illegittimo. “Qualora una persona gravemente ammalata ed incapace di provvedere ai propri interessi patrimoniali abbia già dato, all’uopo, rituale e valida procura generale, il giudice tutelare, pur richiesto di nominare all’ammalato un amministratore di sostegno per la cura degli interessi patrimoniali, non può sovrapporre un proprio decreto giudiziale alla volontà già espressa, nelle forme rituali, dall’inabile…il ricorso non può trovare ricetto, dal momento che (omissis n.d.r.) è stato costituito procuratore generale dell’interessata in forza di atto volontario (ex art. 1392 c.c.)” (Tribunale di Modena, sez. II, 23/12/2008, De Jure). Ed anche quando ritiene, la giurisprudenza, che la nomina di amministratore di sostegno sia giuridicamente possibile, individua nel medesimo procuratore generale il nominando amministratore (cfr. Tribunale Trieste, 22/4/2006, Persona e danno). Tale coincidenza, nella medesima persona, della figura del procuratore generale e dell’amministratore di sostegno, garantisce, infatti, l’esigenza di protezione dell’amministrato, attraverso il controllo giudiziale dell’operato del suo procuratore generale, come precedentemente e validamente nominato. Neppure sussiste, nella nostra fattispecie, quanto da alcuna giurisprudenza talora riscontrato – ovvero una accertata invalidità originaria della procura, per certificazione medica della preesistenza di una infermità (Tribunale di Novara, 4/8/2016). Solo in tale caso, peraltro isolato precedente, si è ritenuto di poter procedere a nomina di amministratore di sostegno diverso dal procuratore generale precedentemente nominato. Pertanto la giurisprudenza, specifica sul punto, esclude totalmente la possibilità di nomina di un amministratore di sostegno, in presenza di procura generale precedentemente e validamente conferita, oppure impone la nomina, quale amministratore, del medesimo procuratore. D’altro canto, aldilà dei casi risultanti dalla giurisprudenza cennata, ci pare che, secondo principi di diritto generalissimi e agevolmente condivisibili, una procura generale notarile non possa esser cancellata dal mondo giuridico per effetto del semplice provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno in persona diversa dal procuratore.
Il provvedimento con il quale il giudice – come avvenuto nella nostra fattispecie – nomina l’amministratore, in persona diversa dal procuratore, attribuendogli il potere di compiere i medesimi atti che il procuratore può compiere in forza della (perdurante) procura, è provvedimento contra legem, perché non tiene alcun conto della valida procura esistente, e con essa quindi si pone in irrimediabile contrasto. Conseguentemente, ci pare che l’unica ipotesi in cui legittimamente il giudice può nominare amministratore di sostegno, in persona diversa dal procuratore (laddove si nomini il medesimo procuratore, il contrasto non sussiste) è quella in cui il giudice accerti che il procuratore non ha adempiuto al suo mandato. Tuttavia, il provvedimento qui reclamato, del Tribunale di XXXX, non pone a fondamento della nomina, di un diverso amministratore, l’inadempimento del procuratore al suo mandato, in ordine a questo inadempimento nulla accertando; nulla stabilisce in ordine alla procura generale esistente. Si limita ad affermare, alla pag. 3, che “la offerta di XXXX (di assunzione dell’incarico di amministratore di sostegno, n.d.r.) non può affatto essere presa in considerazione in ragione della pendenza di indagini penali per circonvenzione di incapace nei confronti della medesima sorella, che impongono una scelta lontana da eventuali conflitti di interessi, reali o potenziali e che preservi il soggetto nominato da ogni influenza non in linea con gli interessi della sola beneficiaria”. Prima di entrare nel merito delle (inesistenti) “indagini penali per circonvenzione di incapace”, si osservi come il Tribunale di fatto e di diritto non accerta l’inadempimento del procuratore al suo mandato, né in alcun modo provvede, in ordine a tale mandato: laddove, per poter attribuire, ad una persona diversa dal procuratore generale, i medesimi poteri di quest’ultimo, occorre, all’evidenza, accertare la violazione del mandato e provvedere in ordine ad esso. Il Tribunale, invece, si limita a valutare, come ordinariamente si fa in ogni procedimento di nomina di amministratore di sostegno, quale sia la persona più idonea, ovvero a valutare “la offerta di XXXX”. Così, la semplice esistenza di un’indagine penale legittima la libera scelta di un soggetto diverso. Laddove, nella fattispecie, l’esistenza di una procura generale notarile imponeva, al contrario, la nomina del medesimo procuratore, oppure il concreto ed effettivo accertamento della violazione del mandato, ed il suo giuridico annullamento. Il Tribunale, invece, si limita a fare (erroneo) riferimento a “indagini penali per circonvenzione di incapace”, ma il semplice riferimento ad una (semplice) indagine penale non è sufficiente a porre nel nulla una procura notarile ed i suoi perduranti effetti giuridici.
D’altronde, il provvedimento è frutto di un evidente errore materiale, laddove fonda il suo decisum (di esclusione del procuratore e fratello) sull’esistenza di un’indagine “per circonvenzione di incapace” in realtà inesistente. Invero, il XXXX, dopo essersi occupato per un decennio della sorella, amministrandone fedelmente ogni bene, presentò egli una denuncia penale per circonvenzione di incapace, contro ignoti, poiché all’interno dell’appartamento, beni vari, in particolare gioielli, scomparivano. Il Tribunale penale di XXXX disponeva indagini in ordine alle paventate sottrazioni e raggiri ad opera di terzi. Da tale indagini risultava che:
- i gioielli in questione erano effettivamente spariti dall’appartamento, non perché sottratti da terzi (come ipotizzato dal XXXX), ma perché venduti, dietro incarico della madre del XXXX, dalla sig.ra XXXX (una cugina);
- tale incarico sarebbe stato conferito, dalla madre del XXXX, perché “mio figlio Antonio mi dava 600 + 600 euro al mese, poi dal virus covid non mi ha più dato nulla, pertanto ho dovuto vendere dei miei gioielli per vivere, pagare le bollette di casa” (così la madre dell’XXXX in sede di informazioni ai carabinieri in data 7.9.2020);
- contemporaneamente, l’autorità, controllati i conti correnti, riscontrava un prelievo di XXXX euro eseguito dal medesimo XXXX nel maggio 2019, con trasferimento della somma sul proprio conto.
Seguiva, da parte del Tribunale penale di XXXX, l’apertura di procedimento penale, nei confronti di XXXX, per il “delitto di cui all’art. 367 c.p. (simulazione di reato, n.d.r.) “perché, con denuncia sporta contro ignoti alla Stazione Carabinieri di XXXX per il delitto di cui all’art. 643 c.p. (circonvenzione di incapace, n.d.r.) di cui sarebbero state vittime l’anziana madre di anni 91, XXXX, e la sorella affetta da disturbi psichiatrici, XXXX, attestava falsamente l’avvenuta commissione del delitto, atteso che dalle indagini svolte nell’ambito del procedimento penale n. XXXX-20 r.g.n.r. noti non emergeva nulla di quanto da egli riferito e, anzi, si accertava che lo stesso si era appropriato, in data 6.5.2019, della somma di euro XXXX, prelevandola dal libretto postale XXXX, cointestato alla madre e alla sorella e sul quale aveva la delega a operare, depositando tale somma sul proprio conto corrente, all’insaputa delle aventi diritto.” (cfr. decreto di citazione a giudizio, che si allega sub 2). Sicché il XXXX, che aveva presentato egli denuncia per circonvenzione d’incapace, si è ritrovato imputato di un reato totalmente diverso, ovvero di aver simulato tracce di un inesistente reato, perché il conto corrente era stato da lui stesso – e non, come paventato, da terzi – attinto; allo stesso modo, nessuno aveva illecitamente sottratto i gioielli in questione.
Ciò tuttavia non corrisponde minimamente a quanto affermato dal Tribunale di XXXX per escludere “la offerta di XXXX (di assunzione della carica di amministratore di sostegno, n.d.r.)”, ovvero che egli fosse indagato “per circonvenzione di incapace nei confronti della medesima sorella”, essendo, semmai, vero il contrario, ovvero che egli presentò denuncia volta ad evitare che circonvenzione avvenisse. Mentre il reato successivamente imputatogli – ammesso, per ipotesi totalmente astratta, che esso sussista nella fattispecie – è reato non in danno della sorella (o della madre), trattandosi di norma – la simulazione di reato – volta a tutelare il bene del corretto funzionamento della giustizia, garantendo che indagini non vengano inutilmente avviate. Anzi, proprio per aver voluto tutelare i suoi familiari il XXXX si ritrova oggi a dover affrontare un’accusa che niente ha a che vedere con un illecito commesso nei loro confronti. Ovvero l’accusa di avere, attingendo egli stesso, direttamente, al conto corrente, senza nemmeno informarne i familiari, ingenerato il sospetto (poi smentito dai familiari stessi) che terzi potessero aver sottratto illecitamente beni. Pertanto il decisum del Tribunale è palesemente erroneo, perché il XXXX non è indagato per circonvenzione di incapace nei confronti della sorella, l’imputazione che lo riguarda non ha per oggetto un reato (ipoteticamente) commesso in danno di quest’ultima, ed ha legittimamente prelevato dal conto corrente della sua familiare nell’espletamento del mandato conferitogli con procura generale notarile. Tale mandato (all.) consentiva infatti al XXXX, in ogni momento, qualunque operazione sui conti della sua familiare, compresa la riscossione e custodia di qualunque somma. D’altronde, successivamente a tale prelievo, avvenuto ai primi di maggio del 2019, il XXXX continuava a riversare regolarmente alla sorella (e alla madre), fino al marzo 2020, decine di migliaia di euro in contanti, come incontestato. Questo per quasi un anno successivamente al prelievo – complessivamente, la sorella e la madre, conviventi, ricevevano mensilmente una somma ordinariamente compresa tra i 2.000 e i 2.500 euro (almeno), come da loro stesse confermato. E proprio in coincidenza con l’inizio dell’emergenza covid il XXXX consegnava a mani della sorella, in due tranches, rispettivamente il 9.1.2020 e il 2.3.2020, ben dodicimila euro in contanti (cfr. n. 2 ricevute a firma di XXXX all.). Quanto perciò dichiarato dalla madre del XXXX, sig.ra XXXX, ovvero di aver “dovuto vendere dei miei gioielli per vivere ( ! n.d.r.), pagare le bollette di casa”, appare, all’evidenza, inverosimile: non si vede come due donne sole, che peraltro vivono – l’una per problemi psichiatrici, l’altra per problemi di deambulazione – sostanzialmente recluse in casa (salvo l’acquisto delle sigarette e talora la spesa alimentare, la sorella) possano essere costrette a vendere – tramite un terzo familiare – gioielli di famiglia, non bastando loro, nemmeno per pochi mesi, somme così ingenti.
Come infatti denunciato dal XXXX alle autorità di pubblica sicurezza – che però archiviavano tale denuncia, tramutandola, anzi, in accusa nei suoi confronti per aver indotto inutili indagini – da tempo egli aveva osservato come le due donne chiedessero somme sempre maggiori, non spiegandosi, il loro familiare, come le somme loro consegnate non bastassero più. La sparizione dei gioielli di famiglia – in seguito così inverosimilmente giustificata dalla madre – induceva, dunque, il XXXX, a tutela dei suoi familiari, alla denuncia di cui sopra. Non solo tale denuncia è stata rapidamente archiviata, e la pretesamente necessaria vendita dei gioielli di famiglia, tramite la cugina sig.ra XXXX, anch’essa archiviata come nulla fosse; ma la Procura, recependo del tutto acriticamente le inverosimili giustificazioni della novantunenne madre del XXXX (di cui le condizioni di lucidità e/o suggestionabilità non sono state mai accertate dal punto di vista medico), ha poi premesso, nel suo ricorso introduttivo del presente procedimento: “visti gli atti pervenuti all’ufficio Affari Civili di questa Procura della Repubblica trasmessi al Giudice Tutelare Dott.ssa XXXX relativi al p.p. n. XXXX/2020 R.G.N.R., per fatti commessi ai danni della sig.ra XXXX e XXXX dal congiunto XXXX…è emerso come lo stesso abbia omesso di prelevare in loro vece il denaro necessario per il soddisfacimento delle basilari esigenze di vita costringendole ad una situazione di disagio e bisogno…”. Cosicché il procedimento penale, cui segue il sopra citato decreto di rinvio a giudizio per il “delitto di cui all’art. 367 c.p. (simulazione di reato, n.d.r.) , qui diventa – in modo incomprensibile – procedimento “per fatti commessi ai danni” di madre e sorella; e il XXXX, che da dieci anni a quella parte era stato l’unico a occuparsi di madre e sorella, consegnando loro, a marzo 2020, ben dodicimila euro in contanti ( ! n.d.r.) diventa colui che le avrebbe costrette “ad una situazione di disagio e bisogno”. Situazione di bisogno che – fortunatamente – sarebbe stata risolta dal provvidenziale intervento della cugina XXXX, la quale per questo avrebbe venduto – ovviamente dietro specifico incarico – i gioielli di famiglia. Pare a questa difesa, che non sa cosa sia effettivamente accaduto, ma ritiene di doversi basare sui fatti emersi, e sul diritto, che:
-XXXX, fratello dell’amministranda e munito di procura generale notarile che lo abilitava a qualsiasi operazione, per quasi dieci anni si è pacificamente occupato dell’amministranda, altrettanto pacificamente consegnandole decine di migliaia di euro, fino al marzo 2020;
–nessun “fatto” ha mai “commesso” in danno dei suoi familiari, né per alcun fatto in danno dei suoi familiari ha infatti mai subìto indagini penali, tanto meno per circonvenzione di incapace.Il XXXX ha sempre agito in piena legittimità giuridica, esercitando i poteri conferitigli dalla procura notarile ricevuta: non ha (egli sicuramente) sottratto niente, non si è appropriato di niente, non ha commesso alcun reato, che sia furto, appropriazione indebita, circonvenzione di incapace o cos’altro, non potendo, il legittimo esercizio dei poteri giuridici conferitigli dalla procura generale notarile (compresa la riscossione e custodia di somme), integrare una qualsivoglia fattispecie criminosa. Tanto più ove si consideri che ha riversato alle sue familiari le ingenti somme sopra cennate;
-al contrario, che egli abbia subìto indagini per fatti commessi in danno dei suoi familiari è evidente errore materiale, recepito dal Tribunale di XXXX e persino aggravato attribuendo al XXXX ciò che egli invece ha denunciato esser stato commesso da altri (ovvero la circonvenzione d’incapaci);
-il XXXX ha sempre fornito all’amministranda quanto necessario per il soddisfacimento delle basilari esigenze di vita.
Ed infatti la sorella del XXXX ha espressamente manifestato, sia prima di tutto questo gigantesco equivoco, con il conferimento della procura generale notarile, sia dopo, al Tribunale di XXXX, di volere che sia il fratello XXXX a continuare a fare ciò che egli, per lei, ha sempre fatto. Non vi è, dunque, alcun motivo, di fatto e di diritto, che consenta di obliterare, tamquam non esset, la procura generale notarile in capo ad XXXX, ed il provvedimento di nomina di amministratore di sostegno, di per sé, risulta perciò illegittimo e inutiliter datum, in quanto con tale procura contrastante; non vi è alcun motivo, di fatto e di diritto, per conferire incarico di amministratore di sostegno a persona diversa dal procuratore generale – e tanto più risulta illegittimo, per questo ulteriore motivo, il provvedimento; non vi è alcun motivo, di fatto e di diritto, per conferire incarico a persona diversa dal fratello, secondo l’ordine preferenziale di cui all’ art. 408 c.c.. Né, come da ultimo sostenuto, la scelta dell’amministratore di sostegno costituisce elemento giuridico autonomo rispetto al provvedimento di apertura, sicchè il presente reclamo sarebbe inammissibile. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno infatti chiarito come il provvedimento di apertura dell’amministrazione (in esso compresa la necessaria, e inscindibile, scelta dell’amministratore), soggiace alla competenza della Corte d’Appello; tanto più ciò è vero nella presente fattispecie, in cui l’illegittimità di detto provvedimento discende direttamente dalla preesistenza di procura generale notarile, e da essa non può, per giurisprudenza prescindere. Sicché il presente è caso che plasticamente rappresenta, nella sua peculiarità, l’intrinseca connessione tra il provvedimento di apertura dell’amministrazione e la scelta della persona che tale funzione andrà a rivestire. Si insiste per la riforma del provvedimento, con nomina del sig. XXXX, fratello e procuratore generale dell’amministranda. Il prof. XXXX non ha mai fatto altro che il bene della sorella; è uomo che da solo, da decenni, si occupa di lei, della madre, e di un figlio totalmente disabile; è uomo che ha faticosamente superato e vinto anche una grave malattia. Per questo, insiste nel chiedere che codesta Ecc.ma Corte ristabilisca non solo le sue ragioni giuridiche, ma, prima ancora, le sue ragioni umane e la sua onorabilità, perse in un vortice di errori e ribaltamenti della verità.