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Per alcuni potrà essere tedioso, per altri lettori il racconto dettagliato sarà maggiormente gradito. Abbiamo scelto questo secondo modo di procedere, anche concedendoci divagazioni di vario genere, per non lasciare spazi “interpretativi” (che a nostro avviso pregiudicano l’obiettività) alla lettura della storia. La vecchia madre del reclamante (già sotto amministrazione dei servizi sociali comunali) ha ricevuto, qualche giorno fa, un sollecito di pagamento indebito via raccomandata. La stessa non ha pagato le tasse dovute per l’anno corrente. Il nostro amico non ha la veste giuridica per sanare la situazione, allo sbando dopo il decreto del giudice tutelare firmato il 18/12/2020. Per quanto riguarda l’altra sua congiunta, forniamo l’ultima risposta che uno degli avvocati del reclamante ha dato in tema “investimenti sbagliati” della donna, ora “sotto controllo” di un amministratore di sostegno: “Gent. Collega A.d.S. della Sig.ra XXXX, nel premettere che il Dr. XXXX contesta – come anche già illustrato nella nuova comparsa del nuovo procuratore in Corte d’Appello – la violazione delle norme giuridiche e disposizioni giurisprudenziali, lo stesso – mio tramite – replica quanto segue. La Sig.ra XXXX non doveva rendere conto al fratello di quello che lei faceva, non lo ha mai fatto, né ha mai inteso farlo, in quanto il Dr. XXXX non era il suo curatore o il suo tutore. Quando il Dr. XXXX – su richiesta della sorella – ha cercato notizie sull’investimento in diamanti ed ha saputo del fallimento della società, tramite XXXX, ha fatto richiesta di rimborso.
La banca promise che il rimborso sarebbe stato effettuato sul conto corrente, tuttavia fino a gennaio 2022 non c’è stato alcun accredito. Pertanto nulla sa in merito al suddetto investimento, né può riferire sullo stesso. Nella speranza di aver chiarito la vicenda, invio distinti saluti, Avv. XXXX”. Facciamo adesso alcune considerazioni sul provvedimento, che si riferisce alla sorella del reclamante, giacente in Corte d’Appello: il decreto del Tribunale di XXXX, firmato il 19/7/2021, non pone a fondamento della nomina, di un diverso amministratore, l’inadempimento del procuratore al suo mandato, in ordine a questo inadempimento nulla accertando; nulla stabilisce in ordine alla procura generale esistente. Si limita ad affermare che “la offerta di XXXX (di assunzione dell’incarico di amministratore di sostegno n.d.r.) non può affatto essere presa in considerazione in ragione della pendenza di indagini penali per circonvenzione di incapace nei confronti della medesima sorella, che impongono una scelta lontana da eventuali conflitti di interessi, reali o potenziali e che preservi il soggetto nominato da ogni influenza non in linea con gli interessi della sola beneficiaria”. Prima di entrare nel merito delle (inesistenti) “indagini penali per circonvenzione di incapace”, si osservi come il Tribunale di fatto e di diritto non accerta l’inadempimento del procuratore al suo mandato, né in alcun modo provvede, in ordine a tale mandato: laddove, per poter attribuire, ad una persona diversa dal procuratore generale, i medesimi poteri di quest’ultimo, occorre, all’evidenza, accertare la violazione del mandato e provvedere in ordine ad esso. Il Tribunale, invece, si limita a valutare, come ordinariamente si fa in ogni procedimento di nomina di amministratore di sostegno, quale sia la persona più idonea, ovvero a valutare “la offerta di XXXX”.
Così, la semplice esistenza di un’indagine penale legittima la libera scelta di un soggetto diverso. Laddove, nella fattispecie, l’esistenza di una procura generale notarile imponeva, al contrario, la nomina del medesimo procuratore, oppure il concreto ed effettivo accertamento della violazione del mandato, ed il suo giuridico annullamento. Il Tribunale, invece, si limita a fare (erroneo) riferimento a “indagini penali per circonvenzione di incapace”, ma il semplice riferimento ad una (semplice) indagine penale non è sufficiente a porre nel nulla una procura notarile ed i suoi perduranti effetti giuridici. In ultima analisi, sic et simpliciter, il Tribunale, suscitando dei sospetti di rilevanza penale (come ricorderà il lettore, addirittura per due reati!), ha rimosso l’istituto della procura generale notarile dal mondo giuridico. Quello delle denunce strumentali è il leitmotiv di un’infinità di procedimenti giudiziari che, finanche in ambito istituzionale, non trovano adeguato freno. La prassi giudiziaria lascia frequentemente spazio alla “percezione” del denunciante a discapito dell’oggettività fattuale ed è dunque pressochè impossibile per l’accusato dimostrare il dolo di chi lo ha calunniato.
E’ di questi giorni l’attacco che un senatore ha portato a Fabio Nestola e Davide Stasi per il loro lavoro certosino di ricerca. La mistificazione appare indubbiamente come il mezzo privilegiato per ottenere dei vantaggi. Denunciare un sindaco o un assessore può servire a sgomberare la scena politica da un temibile/scomodo avversario. Gonfiare in maniera abnorme i numeri delle violenze subite dalle donne porta fiumi di denaro ai centri antiviolenza costituiti all’uopo. Accusare falsamente un padre nel corso di una separazione coniugale porta vantaggi “genitoriali” e ritorni patrimoniali. Denunciare chiunque (ancor meglio se un familiare del “beneficiando”) nel corso di un procedimento di nomina di un amministratore di sostegno porta alla nomina dell’avvocato scelto dal giudice tutelare. In alcuni settori della giurisdizione ogni addebito farlocco agevola quasi regolarmente chi se ne avvale. La bugia, oltre che produrre sofferenza in chi ne è vittima, movimenta un considerevole flusso di soldi perché il nostro ordinamento non riconosce la possibilità di stare personalmente davanti al giudice penale neanche a chi sia dotato della qualità per farlo. La legge prevede che la difesa tecnica sia obbligatoria, ergo bisogna sempre mettere mano al portafoglio. I procedimenti per rifilare A.d.S. extra-familiari ad anziani ed a soggetti “fragili” originano un vorticoso giro d’affari al quale nessuna istituzione intende porre fine. Abbiamo appreso con grande piacere che, anche se l’amico “tuttofare” continua ad essere processato per circonvenzione d’incapace, Gianni Vattimo è stato definitivamente liberato dal corto e soffocante guinzaglio di un A.d.S.
La Cassazione ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale contro la sentenza d’appello civile che, nel novembre 2021, aveva revocato la necessità di una figura esterna che amministrasse i beni patrimoniali del padre del pensiero debole. La battaglia giudiziaria del filosofo ottantaseienne si è conclusa felicemente. Sembra un prodigio perché questo epilogo va in senso contrario all’orientamento di una buona parte della magistratura, secondo la quale la famiglia è un’istituzione sociale obsoleta, all’occasione monetizzabile e da tenere sotto stretta osservazione. Ci sono toghe che hanno accettato il ruolo di force de frappe nel quadro del processo di occupazione, acculturazione, omogeneizzazione globalista che ha investito i paesi europei, Italia in primis. Con i criteri e le norme che guidano le nomine al CSM potranno continuare a svolgere con zelo il loro incarico. Il prof. Carlo Gilardi, dopo una brevissima “sortita” sotto controllo, organizzata dai suoi custodi per raggiungere il centro anziani di Airuno, è tornato e resta segregato nella RSA lecchese. I suoi “amici” sono sotto processo e, in data odierna, è iniziato il processo anche per due giornalisti.
Si estende la lista di personaggi su cui si allungano le mani di avvocati e giudici attraverso l’adozione del sistema dell’amministrazione di sostegno. Anche per nonna Margherita si sono spalancate le porte della legge n. 6/2004. Saltando da gemma in gemma giurisdizionale, ci sorge una perplessità aggiuntiva collegata alla lunga proroga delle modalità emergenziali di trattazione delle udienze civili (ancora solo telematiche) che sembra aprire la via a una certa stabilità e ordinarietà del processo nato nell’emergenza. Esistono cause ed udienze che necessitano di essere trattate nella forma del confronto diretto e simultaneo con il magistrato e la controparte. Anche il decreto legge dell’emergenza ha previsto che si debba salvaguardare il contraddittorio e la reale partecipazione delle parti. La digitalizzazione della causa non garantisce neanche che una delle unità possa verificare se e quanto tutti gli altri soggetti abbiano preso visione delle proprie argomentazioni. L’aver visto conferire cittadinanza processuale alla trattazione scritta, senza plurime e differenziate riflessioni, non ci entusiasma.