Femminicidi: la giostra non si ferma mai, anche se il fenomeno langue. Dispiace, in un momento storico e politico che vede il Parlamento votare all’unanimità la creazione dei centri di rieducazione per gli uomini maltrattanti. La vulgata femministicamente corretta insiste da anni sulla necessità di rieducare gli uomini italiani in generale: tutti, non solo chi si macchia di qualche reato specifico. Rieducazione preventiva per contrastare le sovrastrutture culturali cronicamente patriarcali, oppressive, maschiliste, fallocratiche, etc. La bufala del femminicidio è il principale strumento per creare allarme e spacciare come indispensabile la rieducazione degli uomini italiani, ma ‘sti centri di rieducazione totalitaria ancora non ci sono. Allora, appena incassato l’ok per gli uomini che vengono denunciati (non è necessario essere condannati, per finire in un centro di rieducazione basta essere denunciati), si passa alla fase due alzando l’asticella: per arrivare alla rieducazione preventiva e di massa deve avere nuovo impulso l’allarme-femminicidi.
Ma non ci sono, proprio non ci sono le mattanze annunciate dalla propaganda di regime negli anni scorsi, quella che spaziava da un femminicidio ogni due giorni ad uno ogni tre. Allora infiliamoci qualsiasi cosa, dai. Gli ultimi fatti di cronaca nera riguardano autori stranieri, argomento deboluccio per sostenere che devono essere rieducati gli uomini italiani. Ad Aosta viene trovato il cadavere di Jessica Lesto, scomparsa da tempo e sepolta vicino alla Dora Baltea. Il corpo non presenta segni di violenze ma viene ricercato il marito senegalese, Dia Matabara, che secondo gli inquirenti potrebbe essere all’estero, forse in Spagna. Nell’Essex (GB) una donna italiana viene uccisa dal marito turco-siriano, più o meno tutti i media riportano la notizia ma solo uno titola “femminicidi”. È Repubblica, gruppo Gedi, ovviamente. Quella testata che vanta anche il prestigioso – ma bugiardissimo – “Osservatorio Femminicidi”, largamente da noi colto in fallo per le bufale che pubblica (vedasi in sequenza qui, qui, qui, qui e qui).
Di falsificazione in falsificazione.
È un delirio, sulla notizia si tuffa persino il Corriere dello Sport, ancora gruppo Gedi. Tra la campagna acquisti della Juve, le disavventure della Ferrari e Nadal che vince il Roland Garros, trova il modo di infilarci il femminicidio. Pertinente come un comunicato stampa della Valente sulla Champions al Real Madrid. Si, proprio il Corriere dello Sport, che normalmente non si occupa di rapine, mafia, narcotraffico e omicidi, è difficile che gli appassionati di cronaca nera si abbonino al Corriere per avere le ultime news. Eppure questo femminicidio, qualunque cosa voglia dire il termine inesistente nel codice penale, trova spazio persino sul diffusissimo quotidiano sportivo italiano. Sulla Gazzetta dello Sport non c’è, forse perché la Rosa non è del gruppo Gedi?
Ma il caso più eclatante degli ultimi mesi è la tragedia di Samarate, dove il geometra autonominatosi architetto Alessandro Maja progetta di sterminare la famiglia per poi uccidersi. Non riesce a portare a termine il proposito criminale, muoiono moglie e figlia ma rimangono in vita, seppure feriti, il figlio e lui stesso. Il movente è economico, Maja sragiona a causa di investimenti sbagliati e del terrore irrazionale di un futuro in povertà per la famiglia. Non ci sono separazioni, amanti, gelosie, possesso, liti pregresse, maltrattamenti, denunce, referti medici, niente… non uccide la moglie perché lo tradiva, non uccide la figlia perché odia le donne, il proposito criminale comprendeva tutti i componenti della famiglia a prescindere dal genere. Però anche queste vittime verranno inserite tra i femminicidi, uccise per la sola colpa di essere donne. Sono pronto a scommettere che tutte saranno inseriti nel conteggio dei femminicidi, altrimenti i numeri, già esigui, diventano troppo insignificanti per gridare alla mattanza senza fine. Il gigantesco equivoco che consente di mettere tra i femminicidi tutto e il contrario di tutto nasce dalla vistosa inefficienza della Commissione Femminicidio che, da anni, si ostina a non voler dare una definizione ufficiale di un reato che non esiste, a non voler stabilire dei criteri certi che permettano ad un episodio di essere catalogato come femminicidio, a non voler rendere pubblico un elenco ufficiale degli episodi che a tali criteri rispondono. E così: liberi tutti, di falsificazione mediatica in falsificazione mediatica.