Il 17 maggio scorso tutto il mondo woke come ogni anno ha celebrato la “giornata contro l’omo-lesbo-bi-transfobia”, nell’anniversario della rimozione dell’omosessualità dalla classificazione quale malattia. Qui da noi la ricorrenza ha visto la ripresa del dibattito pubblico sul Ddl Zan, con le inevitabili polemiche ad accompagnarlo. Una delle principali ha riguardato una circolare del Ministero dell’Istruzione che ha invitato istituti e docenti a celebrare la giornata con eventi e attività didattiche: disposizione che si trova nel testo del DdL ancora da approvarsi, e quindi di fatto il Ministero ha saltato a pie’ pari quel trascurabile particolare che è la procedura democratica di approvazione delle leggi. Un’altra polemica di questi giorni ha riguardato il tweet della “deputata femminista dalla nascita” Laura Boldrini, in cui strumentalizza un fatto di cronaca – il pestaggio di un sedicenne gay da parte di quattro uomini tra cui lo zio – così commentando: «C’è un termine preciso per definire questo orrore: omofobia. In Italia non è ancora reato». Lo stesso Zan ha twittato in merito: «Ora andate a spiegargli che non serve una legge». Questi nostri parlamentari forse vivono in un paese diverso dall’Italia, un paese remoto nel quale è legale pestare un minorenne: ma allora perché discutono della legislazione italiana e perché sono pagati con soldi pubblici italiani? Di sicuro però il paese in questione non è il Regno Unito, dove pestare il prossimo è sicuramente illegale, a meno che il picchiatore non sia una “persona transgender”: come dimostra il primo degli orrori dal mondo woke che vi proponiamo in questo “speciale gender”, una carrellata di vedute su quello che, grazie a Zan & company, è il futuro che ci attende.
NINJA TRANSGENDER. Lo scorso 15 maggio un gruppo di femministe inglesi, guidate dall’attivista Posie Parker (al secolo Kellie-Jay Keen), stava tenendo una pacifica manifestazione di piazza a Manchester, presso una statua di Emmeline Pankhurst. Ben presto però un gruppo di attivisti trans con tanto di passamontagna, del movimento Manchester Trans Rise Up, è intervenuto a creare scompiglio ricoprendo la statua della Pankhurst di bandiere e nastri dei colori associati al transgenderismo e cercando di impedirvi l’accesso alle manifestanti. Una donna che era riuscita ad avvicinarsi, forse per apporre una bandiera legata al movimento delle suffragette, è stata fisicamente aggredita da alcuni dei trans, come mostra un video divenuto virale (postato qui di seguito). La polizia, allertata, ha raggiunto il luogo dello scontro ma non ha osato minimamente disturbare gli assalitori, preferendo invece, come hanno notato molti commentatori, rimproverare la vittima. Non sono mancate strumentalizzazioni in chiave misandrica (i soliti uomini violenti che opprimono le donne). Ma il commento che forse meglio riassume l’accaduto è di J. K. Rowling, scrittrice nota per le sue posizioni critiche verso la teoria gender. La Rowling scrive, immaginando che a parlare siano i trans in passamontagna: «Non c’è nessun conflitto tra i diritti delle donne e la nostra ideologia. Per dimostrarlo, ci siamo travestiti da ninja per bloccare il libero accesso alla statua di una suffragetta. Siamo fiduciosi che questo nostro gesto farà miracoli per la nostra causa, e che non sia affatto un autogol involontariamente esilarante».
La zelante clinica canadese.
COS’Ѐ UNA DONNA? La risposta a questa domanda resta da tempi immemorabili un mistero, come tutti gli uomini tra i lettori sanno bene. Ma anche le donne stesse fanno qualche difficoltà a rispondere. Lo ha dimostrato il giudice Ketanji Brown Jackson che lo scorso 22 marzo, alle audizioni per confermare il proprio incarico alla Corte Suprema degli Stati Uniti (su proposta di Joe Biden), alla richiesta del Senatore Marsha Blackburn di definire cos’è una donna, ha risposto: «Non lo so… non sono un biologo». Blackburn ha incalzato: «Il significato della parola donna è talmente poco chiaro e controverso, che non può fornirmi una definizione?» – al che Jackson ha chiarito: «Nel mio lavoro, ciò che faccio è risolvere dispute. Se c’è una disputa su una definizione, i contendenti portano argomentazioni e io prendo una decisione basandomi sul codice». Secondo questo giudice della Corte Suprema quindi, cosa sia una donna è essenzialmente una questione di normativa vigente; e le leggi, si sa, possono cambiare a seconda dello zeitgeist. Non sono in grado di far luce sul mistero neanche le persone transgender: l’autore indipendente Matt Walsh ha posto la stessa domanda a un attivista trans in un dibattito televisivo, ricevendo come risposta: «donna è qualcosa che non so definire … è un “termine ombrello”, qualcosa di diverso per ciascuno». Risposta perfettamente ragionevole e comprensibile: non si capisce infatti com’è che Walsh abbia sentito il bisogno di ripetere la domanda alle partecipanti della annuale Women’s March, marcia per i diritti delle donne, che si è tenuta il 14 maggio a Los Angeles, e girarci su un documentario che uscirà il prossimo primo giugno dal titolo “Cos’è una donna?”.
INTERVENTO TEMPESTIVO. Protocolli e umana cautela richiederebbero un percorso di assessment psicologico e fisico del paziente prima di iniziare un percorso di transizione, sappiamo però che questi processi prolungano la sofferenza delle anime transgender, imprigionate in corpi “sbagliati” fin dalla nascita: e così (come in questo caso) molte cliniche si sono mosse a compassione, “sveltendo” i processi di valutazione anche in casi di pazienti molto giovani o in età infantile. Ma una soluzione all’avanguardia, l’uovo di Colombo per offrire una vera tempestività d’intervento, arriva da una clinica pediatrica canadese: il Gender Pathways Service del LIHC di London, in Ontario, offre infatti ad accesso libero tutte le istruzioni per iniziare ad assumere un ormone bloccante della pubertà in autonomia, quindi perfino prima del primo incontro con il personale clinico. Nel testo sono acclusi i moduli del consenso informato, che il paziente e i genitori dovranno firmare per ottenere il farmaco, e alcune preziose informazioni che facilitano la decisione di passare alla chirurgia: come ad esempio il fatto che l’assunzione degli ormoni bloccanti danneggia la densità ossea e, pertanto, va bene pensarci eccetera ma è meglio passare il prima possibile ai ferri. Ci complimentiamo davvero con questa clinica per l’intuizione geniale che eviterà molte sofferenze. A quando le istruzioni per anestetizzarsi direttamente e comodamente in casa propria, in modo che al primo incontro si possa passare direttamente alle mutilazioni “gender-affirming”?
Trenini per bambini non binari.
IL PAESE DEI BALOCCHI GENDERFLUID. I bambini amano le automobiline, i soldatini e i trenini, le bambine preferiscono le bambole, le fatine e le cucine giocattolo: così vuole una credenza popolare naïve, superata e, diciamolo, offensiva verso i bimbi stessi (nonostante questa meta-analisi di studi effettuati in un ampio range di età e di provenienza geografica la confermi). Come tutti sanno, questi sono stereotipi che vengono imposti con la forza dai genitori con etero-cis-normativa crudeltà, mentre sotto sotto non c’è maschietto che non desideri giocare con un set da trucco, così come non c’è femminuccia che non guardi con invidia all’astronave ricombinabile del fratello. Provvederemo ad informare di ciò anche Avishai Deitcher, il cui padre Jay ha raccontato: «Per tutta la mia vita ho lottato per sfumare i confini tra i generi … ma quando mio figlio dopo aver compiuto 2 anni ha cominciato a dire di voler indossare solo magliette con trattori, la mia mente è precipitata nello sconforto. Ho seriamente temuto che da grande avrebbe finito per preferire tutte le cose tipicamente maschili» (il che, come i lettori converranno, trattandosi di un figlio maschio, è innaturale e altamente inopportuno).
Ma combattere gli stereotipi è solo l’inizio della battaglia, dato che i generi sono decine, centinaia, potenzialmente infiniti. Lo Stato della California si è mostrato all’avanguardia in questo senso, approvando lo scorso ottobre nella persona del governatore Gavin Newsom (dopo l’obbligo di usare pronomi neutri nel codice, arrivato pochi mesi prima) una legge per cui tutti i negozi di giocattoli saranno obbligati a presentare un settore gender neutral. Finalmente i bambini di tutti gli altri generi possono sentirsi liberi e sicuri nell’entrare in un negozio di giocattoli, laddove fino a quel momento il dover scegliere se orientarsi verso la sezione maschile o quella femminile li sottoponeva a feroci traumi. Per il momento, vista l’arretratezza etero-cis-normativa dell’industria dei giocattoli, le sezioni gender neutral contengono solo una miscellanea di giochi standard; ma auspichiamo in un prossimo futuro l’uscita di giocattoli dal design specifico: una volta che si sarà architettato come poter fare, ad esempio, dei trenini per bambini “non-binari”, o delle bambole accessoriate con appositi kit di caratteri sessuali primari e secondari, intercambiabili e ricombinabili a piacere, per bambini “genderfluid”.