La Fionda

Mariana e Giorgio: una donna e un uomo che fanno la storia

Giorgio Bianchi è un fotogiornalista. Da otto anni racconta il conflitto civile tra le autorità ucraine e la popolazione del Donbass, registrando le posizioni di entrambe le parti e producendo materiale (documentari, fotografie, video, libri, articoli) non di rado premiato e riconosciuto come di grande valore documentale. Oggi, mentre è in corso l’operazione militare speciale russa in Ucraina, è là sul posto. Non trasmette da un hotel dove un angolo è stato attrezzato per figurare come una trincea in diretta TV, ma direttamente nel Donbass, tra Mariupol e Donetsk. Lì raccoglie materiale video e fotografico, testimonianze tra la gente comune, prove del dramma rappresentato dalla guerra. È poco conosciuto nel mainstream: qualche volta è stato invitato a farsi massacrare mediaticamente, da solo contro schiere di opponenti, in altri casi si è fatto qualche taglia-e-cuci di qualche suo video per poi discettarci strumentalmente sopra. Mariana Vyscemyrska invece è molto più famosa di Giorgio. La sua foto ha fatto i giro del mondo: è la ragazza con il volto ferito ripresa fuori dall’ospedale pediatrico di Mariupol che sarebbe stato bombardato dai russi il 9 marzo scorso. Prima della fama per quelle immagini, Mariana era una “beauty blogger” piuttosto nota su Instagram. Giorgio e Mariana si sono incontrati e hanno parlato. Una conversazione che farà la storia.

Sì, perché attorno a Mariana e alle sue immagini era stata costruita una narrazione ben precisa dai media mainstream occidentali. Mettiamo qui sotto una slideshow di qualche articolo preso a caso, ma a cercare in rete se ne trovano centinaia dello stesso tenore. I punti chiave dell’informazione erano i seguenti: 1) la ragazza fotografata con il viso ferito e quella sulla barella erano la stessa persona; 2) dopo qualche giorno si è detto che quella ragazza era morta insieme al bambino che portava in grembo; 3) quando poi Mariana è apparsa in una video-intervista, si sono modificati in corsa i vecchi articoli, specificando che quella sulla barella e quella in piedi erano due donne diverse (e che quella morta era quella sulla barella), e di Mariana si è detto che era stata rapita dai russi, portata a forza nel Donbass e costretta a dare una versione “filo-russa” di quanto accaduto all’ospedale pediatrico di Mariupol. A quel punto i media occidentali l’hanno scaricata all’istante, attaccando i “complottisti” che prendevano per buona la sua testimonianza e che, più in generale, avanzavano dubbi sull’attacco russo all’ospedale pediatrico di Mariupol. Mentre in Italia fiori di info-intrattenitori in giacca e cravatta, dai loro comodi studi televisivi o dalle redazioni dei giornali, infiocchettavano tesi e ipotesi, Giorgio Bianchi, in maglione ed elmetto, si è messo alla ricerca di Mariana, per verificare se fosse stata davvero rapita dai russi e, in caso contrario, per registrare la sua testimonianza. Qui in patria i presunti giornalisti, insomma, facevano le mosche cocchiere e gli intrattenitori, mentre Giorgio Bianchi faceva il giornalista.

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Una donna lucidissima, razionale, riflessiva, calma, intelligente.

Bianchi ha pubblicato ieri sera l’intervista a Mariana. Potete vederla qui sotto. Dura più di un’ora, quindi richiede la vostra pazienza e concentrazione, oltre che una preliminare conoscenza chiara di come i media hanno presentato tutta la faccenda. Nel video, Mariana ripete talvolta gli stessi concetti e questo può rendere in certi casi tedioso il video, ma non è un caso che Bianchi non abbia editato nulla, non abbia tagliato le ripetizioni per renderlo più dinamico. L’accusa di aver fatto un taglia-e-cuci di comodo è dietro l’angolo e lui intelligentemente lascia andare la camera e presenta l’intervista nella sua interezza (salvo una pausa allattamento per la neonata di Mariana). Al di là di ciò, la loro conversazione alla fine risulta un caterpillar che spazza via tutta la menzogna mediatica costruita sulla vicenda. Mariana è lucidissima, razionale, riflessiva, calma, estremamente intelligente nelle sue risposte. È, in carne ed ossa, una di quelle antiche madonne rappresentate nella pittura antica mentre schiacciano la testa al serpente. Quel serpente è il sistema mediatico occidentale. No, conferma, lei e la ragazza in barella non erano le stesse persone: che si sia tentato di spacciarle come tali è testimoniato dai tanti follower che, sul momento, le avevano scritto preoccupati o segnalandole la mistificazione. L’evidenza, poi, conferma che no, non è affatto morta: tristemente, a perdere la vita è stata l’altra ragazza. Infine, ancora no, non è stata rapita dai russi, che si sono limitati a portarla (insieme ad altri) in una zona sicura dove poter prendere i pullman per gli sfollati che percorrevano le strade più sicure. Lei, insieme al marito e alla sua piccola, hanno preso quello per casa, Donetsk, dove lei è nata e cresciuta. Nessun rapimento, dunque: «sono semplicemente tornata a casa mia». E che sia libera di dire ciò che vuole lo dimostra il fatto che è lì, a casa di un fotogiornalista italiano, insieme al marito e alla bambina, che durante l’intervista si fa sentire reclamando i suo latte materno.

Ma non c’è solo questo. Mariana probabilmente non se ne rende conto, ma in quell’ora di chiacchierata compie due imprese. La prima è avanzare sugli eventi dell’ospedale di Mariupol alcuni dubbi importanti. Troppe cose non tornano: prima delle esplosioni non si sono sentiti né aerei né fischi di bombe. C’erano tranquillità e silenzio e tutt’a un tratto gli scoppi. Esclude, Mariana, che si sia trattato di un bombardamento da artiglieria o da aereo, già così mandando in pezzi la narrazione ucraina e occidentale. Ma non basta: si chiede, Mariana, come mai i soccorsi e soprattutto operatori dei media (Associated Press) fossero già lì subito dopo lo scoppio. Si chiede come mai, se di bombardamento si è trattato, l’edificio colpito non era in macerie, ma solo bruciato e danneggiato, mentre quelli vicini, a parte i vetri delle finestre in frantumi, erano perfettamente integri. Infine si chiede dove fosse il cratere creato dal “missile”: né lei, né il marito, andato a cercarla all’ospedale il giorno dopo, ne hanno visto uno. In sostanza Mariana solleva gli stessi dubbi segnalati ai tempi da diversi esperti militari (occidentali), tranne due dettagli che le sono sfuggiti: un cratere c’era, ma a una trentina di metri, con le erbacce dentro e di fronte a un edificio perfettamente intatto. Roba vecchia,  forse scavata, incompatibile sotto tutti i profili con i danni al reparto ostetricia dell’ospedale. Ma soprattutto di fronte a quel reparto c’erano le carcasse accartocciate di alcune auto. Auto-bombe messe lì dagli ucraini per inscenare un bombardamento russo che in realtà non c’è stato: questa la tesi degli esperti. Bianchi prova a proporla a Mariana chiedendole se lo ritiene credibile. Lei, saggia e prudente, ammette che in effetti molte cose non collimano in tutto quanto, però non si sbilancia: «non posso credere che possano aver fatto una cosa del genere». Una prudenza comprensibile: è al sicuro, ma non ancora del tutto. I fanatici neonazisti ancora circolano sul territorio, quando non sono impegnati in collegamento video con  qualche parlamento europeo.

Una vittoria clamorosa, che fa la storia.

Ma c’è anche una seconda e non meno importante impresa portata a compimento da Mariana: la demolizione di quello che potrebbe essere definito “specializzazionismo”. Ovvero quell’ideologia radicale per cui di virus può parlare soltanto un medico o un virologo, di donne possono parlare soltanto le donne, di omosessualità possono parlare solo gli omosessuali, di fumetti possono parlare soltanto Topolino o Pippo, della Divina Commedia può parlare solo Dante Alighieri in persona, e così via, in un clima da bavaglio generalizzato nascosto sotto il pretesto della “competenza”. Una delle parti più criticate della testimonianza di Mariana, ragione dell’abbandono del suo endorsement da parte dei media occidentali, è la smentita che l’ospedale di Mariupol fosse stato oggetto di attacco aereo o di artiglieria. «Cosa ne sai di bombe e missili, tu che sei una “beauty blogger” e che non hai competenze in materia?»: così si è sentita dire, Mariana. La risposta è una fucilata, ancor più in quanto espressa con il suo viso dolce ma inflessibile: sono nata e cresciuta in Donbass, dice. Ho vissuto per otto anni sotto attacchi aerei, bombe e missili. Ho imparato non solo a reggere lo stress, ma anche a riconoscere il suono degli aerei d’attacco o dei missili in arrivo e ho visto con i miei occhi i danni che sono in grado di fare. Insomma nessuna laurea in geopolitica o tattica militare: semplice esperienza drammatica e traumatica, più formativa di qualunque corso, ma anche testimonianza ulteriore degli otto anni di calvario vissuti dal Donbass, ricordando il quale Mariana non riesce a trattenere il pianto. Nel complesso, la sua è una testimonianza “di parte”? Mariana rilascia dichiarazioni “filo-russe”? No, Mariana, lo afferma con straordinario orgoglio, dice quello che ha visto con i suoi occhi, punto e stop. Con ciò espone qualcosa di molto vicino alla verità dei fatti, in ogni caso un contributo prezioso sotto molti aspetti, non sporcato da prese di posizione settarie (addirittura a un certo punto Mariana ammette che ci sono brave persone tra i membri del battaglione Azov…). Quella verità è scomoda per alcuni e utile per altri? Capita, è una delle caratteristiche della verità.

Ma c’è chi non l’accetta e decide di manipolarla. E più sono grandi gli interessi che difende o forti gli ordini che riceve, più è disponibile a raggiungere un isterico parossismo nelle falsificazioni che diffonde. Maestri tra costoro sono quelli che indossano le vesti dei fact-checker. Open, ad esempio, che presenta come fatti accertati fake news clamorose. Questa è la realtà in cui siamo immersi: mezzi di comunicazione che dicono la verità soltanto quando mostrano la data del giorno e giornalisti che campano facendo gli intrattenitori. E l’intrattenimento è organizzare interminabili discussioni attorno a una realtà totalmente inventata. Uno scenario che non è psichiatrico soltanto quando ci si scambiano opinioni su un film o su una pièce teatrale, che si sa sono finzione. Il nostro sistema mediatico è un passo oltre: si propongono-impongono bugie, spesso dietro ben pagate commissioni, come fossero realtà, dopo di che si spendono ore a discuterci sopra. Roba da manicomio, che però fa opinione, quando non legge, e mira a obiettivi distruttivi e autodistruttivi per conto di interessi terzi, in una dinamica che nessuno sembra in grado di poter fermare. L’altra grande false flag, dopo quella dell’ospedale di Mariupol, ovvero l’eccidio di Bucha (stavolta costruito meglio, ovvero senza lasciar vivo alcun testimone), e anche quella odierna con il missile ucraino (ma denunciato come russo) sulla stazione di Kramatorsk, ne sono la prova provata, così come le tante future che ci saranno. Le parole di Mariana spazzano via questo sudicio teatro della menzogna sistematica, stracciano il velo dell’ipocrisia e denudano il re, il sistema mediatico occidentale (e italiano in particolare), mettendo in mostra tutto il suo marciume etico e la sua nulla credibilità. A dirigere l’orchestra un uomo straordinario, quel Giorgio Bianchi ignorato e dileggiato dal mainstream, ospitato soltanto dalla web-TV “Visione TV“, e che ora sta là dove fischiano missili e pallottole, come tanti altri giornalisti occidentali veriseri (segnaliamo qui anche il britannico Patrick Lancaster o l’americano Gonzalo Lira). Gente che combatte una guerra nella guerra: quella per la verità. Giorgio e Mariana insieme, in quel tipo di conflitto hanno conseguito insieme una vittoria clamorosa, che merita di fare la storia.



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