Pur essendo esseri umani accomunati da un destino e da pene e tormenti comuni, uomini e donne siamo anche esseri essenzialmente diversi, con percezione, sensibilità e problematiche diverse. Se è vero che la promiscuità femminile è stata storicamente osteggiata, punita socialmente e non di rado anche legalmente, non è meno vero che la codardia maschile è stata storicamente biasimata, punita socialmente e non di rado anche legalmente. Queste problematiche segnavano inevitabilmente la vita degli interessati, la loro realizzazione personale, produzione e creazione, senza distinzione di sesso. Non subire l’ostracismo, la punizione e la gogna sociale per la promiscuità sessuale in quanto uomo o per la codardia in quanto donna non vuol dire che non esistano a danno dell’altro sesso. Ci vuole dunque una certa disposizione, apertura mentale ed empatia, attitudini purtroppo assenti nella narrazione femminista nei confronti degli uomini. Inoltre, ogni problematica specifica ha il suo rovescio. Alle aggressioni sessuali, esempio paradigmatico per eccellenza che colpisce prevalentemente l’universo femminile, corrisponde a danno dell’universo maschile la problematica speculare delle false denunce (che tutti sappiamo, grazie al femminismo, che non esistono).
La falsa accusa di violenza sessuale è una tra le più infamanti accuse, e tra le più efficaci, adoperate dalle donne, per distruggere socialmente un uomo. Anche se finalmente viene riconosciuta l’innocenza, dopo un lungo e travagliato periodo di lotte giuridiche e d’attesa, il dubbio ignominioso rimane sempre. Julian Assange e Tariq Ramadan sono due personaggi pubblici e celebri accusati di stupro. A seguito di queste accuse, Assange ha conosciuto il carcere e ha passato sette anni rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Dopo anni la procura svedese ha archiviato le accuse di stupro nei suoi confronti. Nel novembre del 2018 Tariq Ramadan è stato scarcerato dopo 10 mesi di carcere preventivo a seguito anche lui di accuse di stupro (la prima sarebbe avvenuta nel 2009!). A seguito di queste accuse Tariq Ramadan ha perso il suo lavoro di insegnante a Oxford ed è ancora in attesa di una risoluzione definitiva. La vita di entrambi, quindi la loro produzione e creatività, è stata pesantemente sconvolta da queste accuse. Cosa avrebbero potuto ancora produrre se non fossero stati travolti da queste accuse? Se questo è il trattamento ricevuto per accuse che si sono dimostrate inconsistenti a danno di personaggi pubblici, possiamo ben immaginare che la sorte dei molto più numerosi sconosciuti al pubblico accusati falsamente di aggressione sessuale non ottengano un trattamento molto migliore.
La vicenda di Charlie Chaplin.
Nel racconto di Judith, l’immaginaria sorella di Shakespeare, Virginia Woolf si serve di una di queste problematiche specifiche per denunciare la condizione delle donne: «si ritrovò con un bambino in grembo». Lungo la Storia dell’umanità la condizione di madre single ha sempre rappresentato per la donna una condizione precaria e tragica. D’altra parte, nell’immaginario sociale ogni donna incinta ha sempre un responsabile, un uomo. L’abbandono da parte dell’uomo del proprio figlio in grembo – e dunque della donna – ha sempre meritato tutto il biasimo sociale. C’è sempre stata una forte pressione sociale perché l’uomo si assumesse le proprie responsabilità e sposasse la donna, tanto è vero che in alcuni casi gli uomini erano portati in catene sull’altare. Virginia Woolf sa di questa disapprovazione sociale, come qualsiasi donna, e se ne serve per il suo racconto: una donna con un bambino da sola è una donna abbandonata, vittima del patriarcato. Curiosamente oggigiorno non è sempre così, talvolta sembra che la percezione sia cambiata. Oggi che la tecnologia e l’esistenza del Welfare State hanno cambiato le condizioni economiche delle donne, sono molte le madri single, quelli che non registrano il nome del padre all’atto di nascita, e ne vanno fiere. Esistono addirittura associazioni di madri single. Loro sono moralmente orgogliose di aver cresciuto il figlio da sole. Nel contempo altre donne continuano a denunciare la mancanza del padre, del sostegno economico, ed esigono la realizzazione di test di paternità a uomini che sono moralmente biasimevoli. A questo punto bisogna concludere che per la società l’assenza di un padre è più o meno biasimevole da un punto di vista morale a seconda dell’utilità e del desiderio della madre.
Anche in questo caso, come succede con le politiche abortive (se l’uomo danneggia un feto è moralmente riprovevole, se è la donna a danneggiare lo stesso feto allora è moralmente accettabile), sembra che le norme morali di tutta la società vengano scritte dal sentire femminile. Ma lasciamo questo mistero su cui riflettere ai filosofi, riprendiamo la storia di Judith. Il rovescio della medaglia di una donna incinta abbandonata, forse sotto una falsa promessa di matrimonio, è la denuncia di una falsa paternità. Le madri single, abbandonate, in situazione precarie o per interessi economici, appioppano il figlio a qualcuno altro. Senza test di paternità, nella storia l’attribuzione di paternità false è stata una costante. Il mantenimento di un figlio che non lo è, oppure la falsa accusa di volerlo abbandonare, possono condizionare in maniera determinante la vita di un uomo. In seguito voglio raccontare la storia poco conosciuta della star del cinema Charlie Chaplin a proposito di una falsa paternità in contrapposizione alle difficoltà riscontrate da Judith nel racconto di Virginia Woolf. Si tratta della storia sentimentale tra Charlie Chaplin e l’attrice Joan Barry, che sconfinò per volontà di lei in una causa di paternità contro Chaplin, e che degenerò rapidamente in un enorme contestazione pubblica contro Chaplin, in un’ampia indagine federale sui rapporti sessuali di Chaplin con la Barry e in una serie di accuse e cause legali contro l’attore. L’affaire Barry diventò un incubo per Chaplin.
Lei era anche una stalker.
Secondo l’indagine FBI, tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40 a Hollywood, Chaplin ebbe rapporti con molte donne oltre che con la Barry, e anche la Barry ebbe rapporti con altri uomini oltre a Chaplin. Nel maggio 1943, la Barry tentò di negoziare i pagamenti per il mantenimento del bambino con Chaplin, aiutata nella trattativa dai principali editorialisti di gossip di Hollywood, Hedda Hopper e Florabel Muir. L’attore si rifiutò di pagare, insistette sul fatto di non essere il padre. Il 3 giugno 1943, la Barry intentò una causa di paternità contro Chaplin. Lo stesso giorno, il Chicago Tribune pubblicò una colonna di Hedda Hopper che attaccava Chaplin. La sua rubrica concludeva: “Suo figlio avrà un nome? Che ne sarà di quel bambino e di sua madre, Joan Barry? … Queste sono le domande che Hollywood si pone oggi. Queste sono le domande che Hollywood ha il diritto di porre e non solo di sperare in una risposta, ma anche di richiederne una”. All’epoca Chaplin era assai popolare, era stato invitato a tenere un discorso al concerto pre-inaugurale di Roosevelt nel 1941 e aveva ricevuto un’ovazione entusiasta per il suo discorso. Quando si venne a sapere che la Barry era incinta il sentimento pubblico mutò e si schierò contro Chaplin. I principali giornali presero posizione in prima pagina contro di lui, la notizia di una donna incinta abbandonata aveva acceso i riflettori del pubblico, e l’attore era stato ampiamente condannato.
La Barry era una persona instabile. Faceva stalking a Chaplin, lo pedinava e diverse volte irruppe a casa sua, anche armata di pistola. Nel verbale all’FBI (FBI 2:166) di un incidente avvenuto il 19 dicembre 1942, tra le altre cose, la Barry racconta: «…ho comprato una pistola in Main Street […]. In questo periodo cercavo di vederlo e lo chiamavo tutti i giorni al telefono, ma lui non voleva parlare con me. Ho perso questa prima pistola alla Beverly House […]. Ne ho quindi comprato un’altra all’Hollywood Gun Shop […]. Il motivo per il quale ho comprato queste pistole era perché stavo per uccidermi. Alla fine decisi di vedere Charlie, pensando che una volta salita lassù mi sarei uccisa proprio davanti a lui. […] Sono andata alla porta d’ingresso e ho suonato più volte il campanello, nessuno ha risposto […]. Sono tornata sul retro e ho bussato alla porta e come non è venuto nessuno, ho rotto il vetro ed sono entrata. Sono andata di sopra […]. Quando sono salita al piano di sopra, era al telefono e parlava con qualcuno in tono affettuoso. L’ho ascoltato per cinque minuti circa dallo spogliatoio e sono diventata gelosa, ho tirato fuori la pistola dalla tasca e gliel’ho puntata contro mentre entravo nella stanza. Mi ha visto, ha salutato la persona con cui stava parlando e ha riattaccato. Disse: “Cosa hai intenzione di fare, mi ucciderai?”». Altri testimoni confermarono l’irruzione della Barry nella casa di Chaplin con una pistola. In un’altra occasione: «…fu chiesto quale conoscenza avesse dell’episodio in cui la Barry andò a casa di Chaplin alla vigilia di Capodanno del 1942, quando suo marito, il signor Watts, prestava servizio come guardiano. Suo marito le aveva raccontato che la Barry era venuta in taxi […] aveva preso una pistola dalla dispensa. Suo marito cercò di fermarla e cercò di impedirle di prendere la pistola, ma lei urlando l’aveva preso a calci; in seguito, la Barry chiese di andare in bagno, dove aprì l’acqua ed saltò fuori dalla finestra» (FBI 2:179).
I tempi bui del patriarcato.
I tentativi di Chaplin di proteggersi dallo stalking della Barry fornirono la giustificazione all’FBI (che ce l’aveva con Charlie Chaplin per le sue presunte affiliazioni comuniste) per incriminare Chaplin e altre sei persone, funzionari del sistema giudiziario, per aver cospirato la violazione dei diritti civili della Barry (per traffico di donne bianche a scopo di prostituzione, White-Slave Traffic Act del 1910). Chaplin e gli altri collaboratori-cospiratori avrebbero pagato il biglietto del treno alla Barry per lasciare Beverly Hills e a lei sarebbe stata sospesa la sua pena per vagabondaggio. Alla fine Chaplin fu dichiarato innocente. Nel frattempo, il 9 giugno 1943, Chaplin e la Barry trovarono un accordo per sospendere la causa fintanto che non venissero realizzati gli esami del sangue per determinare la paternità. Ci sarebbero stati due consulenti di parte (uno di Chaplin e uno della Barry) e un terzo scelto dagli altri due. Se almeno due dei medici non avessero confermato la paternità, allora la Barry si doveva impegnare a fermare la causa. Se i dottori invece avessero confermato la paternità, allora la Barry era libera di procedere. Nell’accordo Chaplin si impegnava a pagare immediatamente alla Barry la somma di 2.500 $ insieme alla somma di 100 $ ogni settimana fino al processo, per le cure mediche e per le spese di soggiorno; anche la somma di 4.600 $ per le spese relative al parto. Tutti i suddetti pagamenti furono effettuati da Chaplin. In pratica Chaplin si comprò a caro prezzo un test di paternità (all’epoca di sangue). Il 15 febbraio 1944 furono eseguiti gli esami del sangue. Tutti e tre i medici concordarono sul fatto che Chaplin non era il padre del figlio della Barry (il gruppo sanguigno di Chaplin era O, quello della Barry era A, incompatibile con il gruppo sanguigno B del bambino). La Barry non rispettò gli accordi e portò comunque Chaplin in tribunale. In somma sintesi, la giuria, condizionata dai media e dall’opinione pubblica, rifiutò di tenere in considerazione i test scientifici sul sangue. Chaplin fu legalmente dichiarato padre del figlio della Barry malgrado non fosse il padre biologico del bambino e non avesse alcun rapporto sociale con il bambino. Erano i tempi bui del patriarcato.